martedì 8 giugno 2021

La vacanza sciistica a Moena nel marzo del 1981. 15

La dis-grazia di Priapo


Quando arrivammo a La Campagnola, verso mezzanotte, salimmo subito in camera mia e facemmo l’amore  solo un paio di volte e la seconda con scarso entusiasmo, anzi non senza noia e fatica.

Quindi Ifigenia disse che aveva sonno e voleva andare a dormire.

“Va bene - bisbigliai - vestiamoci. Ti accompagno”.

La seguii fino alla porta della stanza, senza dire altro. La salutai e tornai nella mia. Mi spogliai di nuovo e mi infilai nel letto, “era il mobile più importante, nobile e santo di casa mia, ai bei tempi”, pensai.

Mi chiedevo quale fosse il significato più vero ma non chiarito di quanto era accaduto.

Mi tornò in mente il nostro giro a Moena dell’anno precedente, il viaggio di ritorno a Bologna, poi il sesso nel mio grande letto. Due orgasmi pure quella sera, due copule misere e faticose.

 Allora avevo notato che non l’amavo più: infatti nella primavera di un anno ancora precedente , nel marzo magico del 1979 dicevamo che la sufficienza era tre, ma lo facevamo anche sei sette volte, ed erano altrettanti tripudi santificati da Priapo, un dio grande e pure un dio amico.

Poi mi ero disamorato per via dell’espresso atteso e mai giunto e avevo sconsacrato quel dio, immemore delle grazie ricevute.

“Adesso è lei che non mi ama - pensai - Devo faglielo notare”.

Saltai fuori dal letto, mi rivestii e tornai in camera sua, di corsa, per domandarle se il mio ragionamento, pur se dettato dall’apprensione, filava.

Sapevo bene che non faceva una grinza.

Il dubbio dilemmatico - M’ama, non m’ama - è ozioso: la risposta è certa, è scritta dappertutto: è No.

Ifigenia, disturbata da questa maniera mia demenziale, rispose che le  situazioni  da me confrontate e indicate come carenti di desiderio non erano uguali: a casa mia non era tardi, il letto era nostro, era grande e non cigolava e io in effetti desideravo poco fare l’amore;  lì a Moena era l’una, e noi, per giunta, dovevamo badare a non rumoreggiare in alcun modo, per via delle zie accigliate con lei e capaci di controllarci perfino lassù: bastava una telefonata di un loro confidente annidato nei paraggi. Dunque non era per scarso desiderio, non il suo per lo meno, che avevamo fatto così poco l’amore.

Sofismi. Calo della passione oramai adulterata. Del resto anche la mia. Nel marzo decaduto e depravato.

Sapevo che era così, ma dissi: "Va bene, in effetti è tardi. Vado a dormire. Ci vediamo domani. Buona notte”.

Nel cuore sconfortato e desolato sentivo che quella ragazza, bella assai, tutta tesa al successo, non si accontentava di me: non bellissimo, né giovanissimo, né ricco, né famoso per niente. Pensai con dolore che mi mancavano i numeri per una donna siffatta.

Invece di domire mi inabissavo nel naufragio della mia sorte

Non avero ancora acquisito sufficiente coscienza e stima di me da  potere non curarmi dell’apprezzamento delle persone che non avevano i mezzi per valutare le mie qualità.

Confesso che per apprezzarle nella loro interezza ho dovuto raggiungere qualche successo nel lavoro e nell’amore con donne di levatura non troppo inferiore alla mia.


giovanni ghiselli

giannetto

Cupido decrepito che rider vi fa. 


 

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