Già docente di latino e greco nei Licei Rambaldi di Imola, Minghetti e Galvani di Bologna, docente a contratto nelle università di Bologna, Bolzano-Bressanone e Urbino. Collaboratore di vari quotidiani tra cui "la Repubblica" e "il Fatto quotidiano", autore di traduzioni e commenti di classici (Edipo re, Antigone di Sofocle; Medea, Baccanti di Euripide; Omero, Storiografi greci, Satyricon) per diversi editori (Loffredo, Cappelli, Canova)
NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica
Ciclo di incontri alla biblioteca «Ginzburg». Protagonisti della storia antica
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martedì 29 giugno 2021
Shakespeare, "Riccardo III". Rilettura. XV. Il lamento di donne private di figli e mariti
Aggiunta
Il contrappasso. “Che cosa ti distrugge?” “La mente: perché so di avere compiuto cose terribili”.
Lo scioglilingua funenbre della regina Margherita alla duchessa di York: male su male si posa, assassnato su assassinato.
“Orbate- spose dal brando, e vergini-indarno fidanzate;- madri che i nati videro-trafitti impallidir ( Manzoni, Adelchi, secondo coro-
Inizia la IV scena del quarto atto
Entra la vecchia regina Margherita vedova del re Enrico VI e madre di Edoardo principe di Galles uccisi da Riccardo.
Dice che la prosperità comincia a invecchiare e a cadere disfacendosi nella bocca marcia della morte into the rotten mouth of death (IV, 4, 2) .
Si può dire lo stesso della vecchiaia di questo capitalismo che arricchisce i pochi già straricchi e riduce alla miseria i moltissimi poveri sempre più poveri.
E intanto avvelena il pianeta dove viviamo.
Se non rimedia a questo sfacelo dovrà fare i conti con la disperazione dei miserabili .
Margherita è rimasta nascosta per assistere al tramonto dei suoi nemici.
Spera di vederli cadere.
Quindi entrano la duchessa di York, la madre di Riccardo, e la regina Elisabetta, la vedova di Edoardo IV, altro figlio della duchessa, morto da poco.
Margherita si apparta.
Elisabetta compiange i figli Edoardo e Riccardo fatti ammazzare dal cognato il duca di York diventato re Riccardo III uccidendo il nipote Edoardo legittimo erede. I medesimi nomi ritornano, come gli stessi delitti.
La duchessa di York chiede ai nipoti morti- my unblow’d flowers-, i miei fiori non sbocciati (IV, 4, 10) di librarsi sopra di lei con le loro ali aeree e di ascoltare i suoi lamenti (IV; 4, 13-14)
Margherita, a parte, corregge questa preghiera suggerendo ai bambini morti di dire alla nonna che giustizia per giustizia-right for right L. rectus-(15) ha gettato il mattino della loro infanzia nell’oscurità di una notte antica.
I bambini erano innocenti ma probabilmente Shakespeare pensava al topos della ereditarietà della colpa. In queste stirpi maledette, i Plantageneti come i Pelopidi di Micene e i Labdacidi di Tebe, nessuno nasce esente da colpe.
A proposito dei Pelopidi sentiamo Seneca
Nel Thyestes Megera aizza l'ombra di Tantalo perché scateni l'ira tra i suoi discendenti e si crei la compiuta peccaminosità:"Nihil sit, ira quod vetitum putet:/fratrem expavescat frater, et gnatum parens/gnatusque patrem; liberi pereant male/peius tamen nascantur; immineat viro/infesta coniux; bella trans pontum vehant;/effusus omnes irriget terras cruor,/supraque magnos gentium exultet duces/libido victrix; impia stuprum in domo/levissimum sit fratris; et fas et fides/iusque omne pereat. Non sit a vestris malis/immune coelum" (vv.39-49), non ci sia niente che l'ira consideri vietato: il fratello tema il fratello, il padre il figlio, il figlio il padre; i figli muoiano e nascano anche peggio; la moglie ostile minacci il marito; portino guerre di là dal mare; il sangue sparso bagni tutte le terre, e la libidine vincitrice salti sopra ai grandi capi dei popoli; nell'empia famiglia l'incesto del fratello sia una lievissima colpa; e le leggi divine, la lealtà, ogni diritto umano perisca. Nemmeno il cielo sia esente dai vostri mali.
Lucrezio identifica l’età peggiore con il tempo delle guerre intestine, della lotta spietata di tutti contro tutti: quando gli uomini, credendo di sfuggire al terrore della morte, gonfiano gli averi col sangue civile, e ammassano avidi le ricchezze, accumulando strage su strage, godono crudeli dei tristi lutti fraterni "et consanguineum mensas odere timentque " (De rerum natura , III, 73) e odiano e temono le mense dei consanguinei.
L’età dei Plantageneti dunque è un’era di totale peccaminosità come l’età del ferro descritta da Esiodo Nelle Opere e giorni il poeta afferma che nell'ultima fase dell' empia età ferrea gli uomini nasceranno con le tempie bianche (poliokrovtafoi, v. 181) oltraggeranno i genitori che invecchiano, useranno il diritto del più forte, la giustizia starà nelle mani (divkh d j ejn cersiv , v. 192) e se ne andranno Cavri" , Gratitudine, Aijdwv" Rispetto e Pudore, Nevmesi" , lo Sdegno; quindi non vi sarà più scampo dal male "kakou' d j oujk e[ssetai ajlkhv" (v. 201).
Nell’ultima scena del Riccardo III, Richmond, il vincitore, dirà:
come abbiamo solennemente giurato
We will unite the white rose and the red., uniremo la rosa bianca e la rossa York e Lancaster furono divisi dall’odio : the brother- fravthr-frater- blindly shed- the brother’s blood;-the father pathvr-pater- rashly slaughter’d his own son-Gk. uiJovς-;/the son compelled-Lat. compello- been butcher to the sire” (V, 5, 524-26) il fratello ha ciecamente versato il sangue del fratello, il padre ha sconsideratamente macellato il proprio figlio; il figlio è stato costretto a farsi macellaio del padre.
All this divided-divĭdo-divīsit York and Lancaster/ - in their dire-deinovς-dirus- division” (27-28) tutto questo divise York e Lancaster contrapposti nella loro crudele rivalità.
Lucrezio identifica l’età peggiore, quella della compiuta peccaminosità, con il tempo delle guerre intestine, della lotta spietata di tutti contro tutti: quando gli uomini, credendo di sfuggire al terrore della morte, gonfiano gli averi col sangue civile, e ammassano avidi le ricchezze, accumulando strage su strage, godono crudeli dei tristi lutti fraterni "et consanguineum mensas odere timentque " (De rerum natura , III, 73) e odiano e temono le mense dei consanguinei.
Ma torniamo alla quarta scena del quarto atto del Riccardo III. La duchessa madre di Riccardo e di Edoardo rimpiange il figlio (o il nipote) Edoardo Plantageneto.
Margherita dice, ancora a parte, che un Plantageneto ucciso salda il conto per l’assassinio di un altro Plantageneto ammazzato: Edward, for Edward pays a debt (21), Edoardo paga un debito per un Edoardo. Il secondo era un figlio di Margherita ammazzato da Riccardo.
E’ il contrappasso
Nell’Oreste di Euripide (vv. 395-396), a Menelao che gli domanda τί χρῆμα πάσχεις; τίς σ’ ἀπόλλυσιν νόσος;, “che cosa soffri? quale malattia ti distrugge?”, il nipote risponde ἡ σύνεσις, ὅτι σύνοιδα δείν’ εἰργασμένος, “l’intelligenza, poiché sono consapevole di avere commesso cose terribili”. Oreste dunque è reso sofferente dalla propria σύνεσις (v. 396). Menelao gli ricorda la legge del contrappasso per cui deve soffrire (v. 413): οὐ δεινὰ πάσχειν δεινὰ τοὺς εἰργασμένους, “non è terribile che patiscano conseguenze tremende quelli che hanno compiuto atrocità”. “Febo mi ha ordinato di ammazzare mia madre” si giustifica Oreste, “ma – replica Menelao – ignorando troppo il bene e la giustizia”. “Noi siamo servi degli dèi – fa il nipote (v. 418) – qualunque cosa siano gli dèi”, δουλεύομεν θεοῖς, ὅτι ποτ’ εἰσὶν οἱ θεοί.
Nell’Eracle di Euripide Anfitrione indirizza queste parole a Lico inconsapevolmente incamminato verso la morte (vv. 727-728): προσδόκα δὲ δρῶν κακῶς / κακόν τι πράξειν, “aspettati facendo del male di averne del male”.
Il contrappasso si trova anche nell’Orestea di Eschilo. Nel doloroso canto (kommós) che precede l’epilogo dell’Agamennone (vv. 1562-1564), il Coro dice queste parole: “paga chi uccide”, ἐκτίνει δ’ ὁ καίνων, “rimane saldo, finché Zeus rimane sul trono, che chi ha fatto subisca: infatti è legge divina”, μίμνει δὲ μίμνοντος ἐν θρόνω/ Διὸς / παθεῖν τὸν ἔρξαντα· θέσμιον γάρ. C’è una ripresa di questo nel kommós delle Coefore (vv. 313-314): δράσαντα παθεῖν, / τριγέρων μῦθος τάδε φωνεῖ, “subisca chi ha agito, un detto tre volte antico suona così”.
Elisabetta, la nonna dei bambini uccisi, rivendica come Ecuba nelle Troiane di Euripide di incarnare la somma del dolore, il sommo dolore e vorrebbe morire.
Subito dopo però Margherita chiede la priorità della pena antica per sé.
Dice alle altre due di contare di nuovo i loro dolori considerando i suoi.
Quindi eleva un lamento che sembra uno scioglilingua
““io avevo un Edoardo[1] finché un Riccardo non lo uccise, io avevo un marito finché un Riccardo non lo uccise; tu avevi un Edoardo finché un Riccardo non lo uccise, tu avevi un Riccardo[2] finché un Riccardo non lo uccise” (IV, 4, , 41-44).
E’ l’eterno lamento delle madri e delle mogli orbate di figli e mariti dalle guerre combattute per l’avere e per il potere.
Nella prima Ode del primo libro[3] Orazio si differenzia dai molti uomini cui piace la vita mililare e le guerre maledette dalle madri:" bellaque matribus/ detestata" (vv. 24-25).
giovanni ghiselli
[1] Principe di Galles, figlio di Margherita e di Enrico VI il re assassinato nella torre di Londra nel 1471. Il principe aveva sposato Anne che poi sposerà Riccardo III.
[2] Edoardo, Riccardo e Elisabetta di York sono i tre figli di Edoardo IV e della regina Elisabetta.
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