Tra Odisseo e Penelope è il segno certo (shvmat' ajrifradeva, Odissea , XXIII, 225) di riconoscimento che convince la dubitosa Penelope.
Per le donne abbandonate come Medea, o trascurate come Deianira nelle Trachinie, il letto è un luogo di offesa e dolore, talora, come nel caso della sposadi Eracle, perfino di suicidio.
Nel Primo episodio della tragedia di Euripide, Medea dice che l'offesa fatta alla femmina umana nel letto, ossia nella sfera sessuale, la rende sanguinaria: la donna, afferma la nipote del Sole, nelle altre cose è piena di paura, e vile nella lotta e a vedere un'arma; ma quando si trova ad essere offesa nel letto ( ej" eujnh;n hjdikhmevnh, v. 265; cfr. v. 26) non c'è altro cuore più sanguinario ( oujk e[stin frh;n miaifonwtevra, v. 266).
Bisogna dire che le donne possono infuriarsi pure per l'offesa sessuale da loro stesse arrecata nel letto o fuori dal letto:" must be careful about women. Catch them once with their pants down. Never forgive you after” Bisogna stare attenti con le donne. Sorprendile una volta con le mutande abbassate. Non te la perdonano più"[1].
Guy de Maupassant in un suo divertente racconto erotico afferma l'importanza capitale del letto: "Tengo più al mio letto che a qualsiasi altra cosa. E' il santuario della vita. Gli affidiamo nuda la carne stanca, perché la rianimi e la riposi nel candore delle lenzuola e nel calduccio delle piume. E' là che troviamo le ore più dolci dell'esistenza, le ore dell'amore e del sonno. Il letto è sacro. Dobbiamo rispettarlo, venerarlo; amarlo come quanto abbiamo di migliore e di più dolce sulla terra"[2].
Oppure: “ Il letto è un luogo selvaggio, una foresta vergine fitta di sorprese e di imprevisti, un ambiente torrido, carico degli effluvi micidiali di fiori stranissimi, un groviglio inestricabile di liane, pieno di belve dagli occhi fiammeggianti che strisciano nell’ombra, le fiere del desiderio e della passione, sempre pronte a balzare sulla preda. Il letto è anche questo, in un certo senso. E’ una giungla. E’ penombra. Strani suoni giungono da lontano e tu non sai se è il grido di un essere umano azzannato alla gola da una bestia feroce presso una sorgente o se a urlare è stata la natura stessa, che è al contempo umana, animale, e disumana”[3].
Donne che maledicono il letto delle loro nozze.
La parola è un’arma a doppio taglio.
L’assassino uccide anche il proprio sonno
La duchessa di York, madre di Riccardo, maledice il proprio ventre, letto di morte-O my accursed womb, the bed of death che ha portato al mondo un basilisco il cui occhio inevitabile è assassino (IV, 1-53-55)
Nel nono libro della Pharsalia di Lucano trovo una descrizione del basiliscus -basivlisko", il reuccio dei serpenti- il quale “sibilaque effundens cunctas terrentia pestes (724) poi emette sibili che atterriscono tutti gli altri portatori di morte, ante venena nocens (725) nuoce ancora prima del veleno, late sibi summovet omne-vulgus et in vacua regnat basiliscus harena (725-726), si fa largo spazio tra ogni folla e regna sulla sabbia desolata.
Un soldato di Catone, Murro, trafigge un basilisco con la lancia ma il veleno risale lungo l’arma invaditque manum (VIII, 830). Il soldato la taglia poi la guarda morire staccata dal braccio
Ricordo vagamente che nei primi anni Sessanta la regista Wertmüller fece un film intitolato I basilischi.
Anne si augura di morire unta con veleno mortale prima che qualcuno possa dire God save the queen (61-62) Dio salvi la regina.
Quando il re è infernale, non c’è salvezza per nessuno.
Quindi Anne rievoca la scena della popria seduzione stupidamente avvenuta quando Riccardo, pur da lei aborrito per l’assassinio dell’ angelico marito, tuttavia riuscì a far cadere il cuore di donna pigioniero delle sue parole mielate-captive to his honey words L. verbum- (79)
La parola è un'arma potentissima, e dal doppio taglio.
Sentiamo Gorgia:"lovgo" dunavsth" mevga" ejstivn, o{" smikrotavtw/ swvmati kai; ajfanestavtw/ qeiovtata e[rga ajpotelei' "[4], la parola è un gran signore che, con un corpo piccolissimo e invisibile, compie opere assolutamente sovrumane.
Queste opere possono essere divine ma anche diaboliche.
L'apostolo Giacomo mette in rilievo la parte direttiva del parlare come aveva fatto l'Odisseo del Filottete:" se uno non inciampa nel parlare, questo è un uomo perfetto (tevleio" ajnhvr), capace di guidare tutto il corpo. La lingua dunque è un piccolo membro e si vanta di grandi cose (mikro;n mevlo" kai; megavvla aujcei'). Eppure essa è un fuoco, è il mondo dell'iniquità (oJ kovsmo" th'" ajdikiva" ) e contamina tutto il corpo e incendia la ruota della nascita e trae la sua fiamma dalla Gehenna (kai; flogizomevnh uJpo; th'" geevnnh") … Ogni specie di fiere e di uccelli e rettili e animali marini si doma ed è stata domata dalla razza umana, ma la lingua nessuno degli uomini può domarla, è un male inquieto, pieno di veleno mortifero (N. T. Epistola di Giacomo, 3, 2-8). La mancanza della lingua è un grave handicap, ma la lingua ingannevole produce il male e la morte.
Lo scita Anacarsi che andò ad Atene nel 591 e fu ospite e amico di Solone, interrogato che cosa fosse insieme bene e male per gli uomini, rispose “la lingua”[5].
Anne prima di cedere imprecò contro la donna che Riccardo avrebbe sposato, quindi tali imprecaziono sono cadute su lei stessa poiché nel letto di Riccardo non ha ancora goduto per un’ora dell’aurea rugiada del sonno-“for never yet one hour in his bed –did I enjoy the golden dew of sleep” (82-83) in quanto svegliata dai suoi sogni atterriti.
Il tiranno criminale uccide il sonno
“Invece del sonno stilla davanti al cuore
un’angoscia memore delle sciagure” (Eschilo, Agamennone, 179-180)
Nel Macbeth l’assassino del re crede di sentire una voce che grida (II, 2): «Sleep no more! Macbeth does murder sleep», “non dormire più, Macbeth uccide il sonno”, «The death of each day’s life, sore labour’s bath, balm of hurt minds», “la morte di ciascun giorno della vita, bagno ristoratore dei travagli della vita, balsamo per le anime afflitte”.
giovanni ghiselli
[1] J. Joyce, Ulisse, Ade il funerale, p. 139.
[2] Le sorelle Rondoli , in Racconti d'amore, p. 256.
[3] S. Màrai, La donna giusta, p. 234.
[4] Gorgia, Encomio di Elena, fr. B11 Diels-Kranz.
[5] Diogene Laerzio, Vite
dei filosofi, I, 8.
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