martedì 15 giugno 2021

Shakespeare, "Riccardo III". XXXV. I preparativi della battaglia

Richard III and the Earl of Richmond at the Battle of Bosworth
L’ansia di Riccardo. La fiducia di Richmond. Tutto come previsto.

 
Entra Ratcliffe e dice a Riccardo che the early village cock , il mattiniero gallo del villaggi ha già salutato l’alba due volte e i loro amici già indossano le armature.
 
Nel Satyricon  il  cantare del gallo viene considerato un cattivo presagio da Trimalchione.
Haec dicente eo gallus gallinaceus cantavit. qua voce confusus Trimalchio vinum sub mensa iussit effundi lucernamque etiam mero spargi. immo anulum traiecit in dexteram manum et:"non sine causa" inquit" hic bucinus signum dedit; nam aut incendium oportet fiat, aut aliquis in vicinia animam abiciat. longe a nobis! itaque quisquis hunc indicem attulerit, corollarium accipiet". dicto citius de vicinia gallus allatus est, quem Trimalchio iussit, ut aeno coctus fieret. laceratus igitur ab illo doctissimo coco, qui paulo ante de porco aves piscesque fecerat, in caccặbum est coniectus" (74, 1-4), mentre quello parlava così un gallo cantò. Trimalchione turbato da questo verso ordinò che si versasse del vino sotto la tavola e che anche la lucerna fosse spruzzata di vino. Per giunta fece passare l'anello[1] nella mano destra[2] e disse:"non senza motivo questo trombettiere ha dato il segnale; infatti ci deve essere un incendio o qualcuno nei dintorni deve lasciare la vita. Lungi da noi! Perciò chiunque porterà questo iettatore, riceverà una mancia". In men che non si dica fu portato un gallo dai paraggi e Trimalchione ordinò che venisse cotto in una casseruola. Tagliato dunque a pezzi da quel cuoco sapientissimo che poco prima aveva ricavato da un porco uccelli e pesci, fu gettato in pentola.
 
Riccardo si apre e confida con Ratcliffe. Gli dice del sogno spaventoso e gli domanda se rimarranno tutti fedeli i loro amici.
 
Torno a ricordare il già citato"non intrat umquam regium limen fides" (Seneca, Agamennone, v. 285), la lealtà non entra mai nella soglia di una reggia.
 
Tuttavia Ratcliffe ridponde: “no doubt, my lord ”(V, 3, 214)
Ma questa assicurazione non toglie la paura a Riccardo: “O Ratcliffe, I fear, I fear”. Il tiranno è spesso soggetto e oggetto di paura. Metus tyranni: il genitivo soggettivo e oggettivo.
Ratcliffe cerca di incoraggiarlo: “be not afraid of shadows” , non abbiate paura delle ombre. Ma l’ombra che spaventa Riccardo è quella della propria morte evocata dagli spettri che ha visto di notte. Il re infatti dice che quelle visioni oniriche lo hanno spaventato più di dieci mila soldati nemici armati di tutto punto. Poi aggiunge che vuole fare un gio a origliare vicino alle tende per vedere se qualcuno si prepara a fuggire.
 
Riccardo nella paura assume un atteggimento che è  tipico dello schiavo: nelle Rane di Aristofane Xantia e un servo di Plutone identificano il doulikovn (v. 743) gli atti degni di uno schiavo che li rendono felici: essi sono mandare gli accidenti ai padroni, brontolare, essere ficcanaso, origliare quanto dicono i padroni (parakouvwn despotw'n a{tt  j a}n lalw'si, v. 750) e andarlo a raccontare fuori.
 Nei drammi di Plauto ci sono diversi personaggi volgari che origliano: il Miles gloriosus , Pirgopolinice, bisbiglia: “Tace; subauscultemus ecquid de me fiat mentio" (v. 993), taci, ascoltiamo di nascosto se viene fatta menzione di me.
 
Riccardo e Ratcliffe escono.
 
Entrano i nobili nella scena e nella tenda di Richmond.
Gli chiedono come abbia dormito, e lui, che sta dalla parte giusta, risponde in modo prevedibile: “ho avuto il sonno più dolce e  sogni di buon augurio”. Aggiunge un’altra battuta non inopinata: gli è parso che le anime dei corpi assassinato da Riccardo cantassero vittoria.
Riccardo ha minor forza militare ma le sue parole hanno maggior significato drammatico.
 
Segue l’orazione di Richmond ai soldati
C’è dentro il solito Dio è con noi. Non solo Dio ma le preghiere dei santi e delle anime offese.
A questa affermazione che Dio sostiene sempre la parte giusta, quindi da lui preferita, contrappongo quanto dice Giove nel  dramma Cimbelino di Shakespeare; “Whom best I love,I cross: make my gift-the more delay’ d, delighted” (V, 4, 101-102), io crocifiggo chi amo di più per rendere più gradito il mio dono più atteso. Si pensi anche al Giobbe biblico. Cito anche alcune parole del De Providentia di Seneca
Omnia adversa exercitationes puta (2, 2)
Marcet sine adversario virtus (2, 4)
Ecce par deo dignum: vir fortis cum mala fortuna compositus, utĭque si et provocavit (2, 8).
 
Richmond procede con la denigrazione e demonizzazione del nemico “a bloody tyrant and a homicide” (247)
Di più: un’ignobile, immonda pietra resa preziosa solo dall’essere appoggiata sul trono d’Inghilterra, insomma one that hath  ever been God’s enemy-(253) uno che è sempre stato nemico di Dio.
Dunque di nuovo: è giusto che Dio vi protegga come suoi soldati.
Soldati che saranno benedetti anche dalle mogli e dai figli.
Perciò combattete nel nome di Dio!
 
L’abbiamo sentito dire tante volte anche dai peggiori delinquenti
Pure Enea  , quandoabbandona Didone nel modo più vile lo fa in nome di Dio
La figlia di Cimbelino Imogene, falsamente creduta infedele dice che molti uomini onesti vennero ritenuti falsi quando vennero interpretati tali quale era il falso Enea ( being heard like false Aeneas, Cimbelino, III, 4, 58-59)  
Richmond infine promette che dopo la  vittoria “l’ultimo di voi(the least of you, 269))  avrà parte degli acquisti dell’impresa”.
 
Sono piuttoto incline a credere nelle parole di Brecht  
La guerra che verrà
Non è la prima. Prima ci sono state altre guerre.
Alla fine dell’ultima
C’erano vincitori e vinti.
Fra i vinti la povera gente
Faceva la fame. Fra i vincitori
Faceva la fame la povera gente egualmente (Poesie di Svendorg, del 1939).
 
Poi trombe e tamburi, Dio, San Giorgio e Richmond.
Sound, drums and trumpets boldly and cheerfully!
God and Saint George! Richmond and Victory! (V, 3, 270-271
Suonate arditi e lieti tamburi e trombe. Dio e San Giorgio, Richmond e vittoria!
giovanni ghiselli
 
 
 


[1] Il secondo dei due descritti a 32, 3.

[2] Sono scongiuri.

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