sabato 19 giugno 2021

Shakespeare, "Riccardo III". XXXIX. Conclusione

 
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Il lieto fine del dramma Riccardo III.
Il ritorno dell’età dell’oro nei poeti protetti
 
Adesso l’odio è finito: “Richmond and Elisabeth the true- succeeders latino -succēdo- of each- royal- latino regālis- House, autentici successori di ciascuna casa reale, by God’s fair ordinance conjoin- latino coniungo- together, si congiungano per fausto decreto di Dio, and their heirs latino heres-ēdis, God, if Thy will- latino velle- be so- e il loro eredi, Dio, se tale è il tuo volere,  enrich the time to come, with smooth-fac’d peace, arricchiscano l’avvenire con la pace dal volto disteso, with smiling- greco  meidiavw- plenty- latino  plenitas, plenus- greco-pivmmplhmi-plh'qoς- and fair prosperous- latino prosperus- days, con ridente abbondanza e radiosi giorni di prosperità (30- 34)
 
Abate the edge- greco ajkivς- latino acies- of traitors graicious  lord, smussa la lama dei traditori, grazioso signore that would- reduce- latino redūco- these bloody days again-and make poor England weep in streams of blood-  che vorrebbero ricondurre quei giorni sanguinosi, e fare piangere torrenti di sangue alla povera Inghilterra (35-37) .
Il pericolo di una regressione c’è sempre nella storia come nella vita individuale.
Now civil- wounds are stopp’d-, peace lives again- that she may
 long live here. God say Amen (V, 5, 40-41) ora le ferite della guerra civile sono chiuse, torna a vivere la pace. Che possa vivere a lungo qui, Dio dica amen. Sono le ultime parole del dramma. Poi la didascalia Exeunt.
 

Brevissima appendice
Gli scrittori protetti cenlebrano sempre i vincitori
Richmond dopo la vittoria diviene re Enrico VII, padre di Enrico VIII e nonno della regina Elisabetta I   
Si torna dall’età del ferro a quella dell’oro come nella IV Bucolica  di Virgilio e nel Carmen saeculare di Orazio. 
 
Nell'Eneide la decadenza delle età è collegata alla guerra e alla volontà di impossessarsi delle ricchezze:"Aurea quae perhibent illo sub rege  fuere/saecula: sic placida populos in pace regebat,/deterior donec paulatim ac decŏlor[1] aetas/et belli rabies et amor successit habendi " (VIII, 324-327 è Evandro che racconta), i secoli d'oro di cui si narra furono sotto quel re[2]: così reggeva i popoli in placida pace, finché un poco alla volta succedette l'età scolorita e la furia di guerra, e l'amore del possesso.
 
 L'età dell'oro ovviamente, secondo la profezia di Anchise,  ritornerà con Augusto: “ Augustus Caesar,  Divi genus, aurea condet/saecula qui rursus Latio regnata per arva/ Saturno quondam" (Eneide VI, vv. 792-794), Cesare Augusto stirpe divina, che stabilirà di nuovo nel Lazio l'età dell'oro su cui regnò nei campi arati un tempo Saturno.
 
 Già nel primo libro Giove profetizza il rinnovamento dei tempi dovuto all’impero e  senza fine e alla pace stabiliti da Augusto: “imperium sine fine dedi. Quin aspera Iuno (279)…. consilia in melius referet mecumque fovebit/Romanos rerum dominos gentemque togatam (281-282)… “(291)Aspera tum positis mitescent saecula bellis,/cana Fides et Vesta, Remo cum fratre Quirinus[3]/iura dabunt; dirae ferro et compagibus artis/claudentur Belli portae; Furor impius intus/saeva sedens super arma et centum vinctus aënis/post tergum nodis fremet horridus ore cruento” (Eneide, I, 279 sgg.), ho assegnato un impero senza fine. Anzi la dura Giunone volgerà in meglio i propositi e  con me favorirà i Romani signori del mondo e la gente vestita di toga[4]…allora, deposte le guerre, diventeranno miti le età feroci, e la Fede veneranda e Vesta, e, con il fratello Remo, Quirino daranno le leggi; le atroci porte della guerra verranno chiuse con stretti serrami di ferro; l'empio Furore dentro, seduto sopra le armi crudeli, e legato dietro la schiena con cento nodi di bronzo, fremerà orribile nel volto insanguinato.
   
 
Sentiamo l’altro poeta protetto da Augusto 
 Orazio nel Carmen saeculare[5] celebra il nuovo secolo di prosperità e virtù morali ritrovate:"Iam Fides et Pax et Honor Pudorque/priscus et neglecta redire Virtus/audet, apparetque beata pleno/Copia cornu"[6], già la Fede e la Pace e l'Onore e il Pudore antico e la Virtù messa da parte osa tornare, e appare felice l'Abbondanza con il corno pieno.
 
  Bologna 19 giugno 2021 ore 17, 37
giovanni ghiselli
p. s.
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[1] Nell’Oedipus di Seneca la Tebe ammorbata dagli scelera del re  è colpita dall’aridità, dalla siccità e pure dallo scolorimento che significano sterilità e morte:"Deseruit amnes humor atque herbas color,/aretque Dirces; tenuis Ismenos fluit,/et tingit inǒpi nuda vix undā vada "(Oedipus, vv.41-43), l'acqua ha lasciato i fiumi e il colore le erbe, è disseccata Dirce; l'Ismeno scorre vuoto, e con la povera onda bagna a stento i guadi nudi. La malattia toglie umore e colore alla vita prima di annientarla: "Il sole della peste stingeva tutti i colori e fugava ogni gioia" A. Camus, La peste, p. 87.
[2] Saturno (cfr. redeunt Saturnia regna di Bucolica IV, v. 6) che diede alla terra dove si era rifugiato il nome di Latium , "his quoniam latuisset tutus in oris " (Eneide, 8, v. 323), poiché era rimasto latitante sicuro in queste contrade. 
[3] Il  fratricidio è rimosso. Poco posteriore alla IV ecloga ( scritta nel 40 a. C. anno della pace di Brindisi tra Ottaviano e Antonio e del consolato di Asinio Pollione)  è l'Epodo 16 di Orazio composto probabilmente  "dopo che Sesto  Pompeo nel 38 ha ricominciato la sua guerra sul mare, minacciando di affamare l'Italia"[3]. Roma che i tanti nemici esterni non riuscirono a distruggere, prevede cupamente il poeta, "impia perdemus devoti sanguinis aetas "(v. 9), la distruggeremo noi, generazione empia nata da un sangue maledetto, con riferimento al fratricidio primigenio di Romolo. Anche la funzione della donna è ribaltata rispetto al messianico testo virgiliano dove la madre è rappresentata ridente:  alle donne, con ricordo archilocheo che avrà un seguito in Tacito, si addice il luctus che il vir,  cui si confà la virtus,  deve evitare:"vos quibus est virtus, muliebrem tollite luctum " (v. 39), voi che avete coraggio virile togliete di mezzo il lamento da femmine. Si dovrà volare al di là dei lidi etruschi, verso le isole felici dell'Oceano. In quei luoghi la terra è generosa, gli animali produttivi, il clima mite, le donne pudiche poiché non hanno avuto il cattivo esempio di quella sporcacciona di Medea:"Non huc Argoo contendit remige pinus/neque impudica Colchis intulit pedem " (vv. 59-60), qua non ha diretto la rotta la nave con i rematori di Argo, né la svergognata donna di Colchide vi ha messo piede. 
[4] La toga è la divisa del romano in pace, è "quell'indumento così fortemente marcato, dal punto di vista dell'identità e dell' "appartenenza" romana, da costituire una vera e propria "uniforme de la citoyennetè" (. F. Dupont, La vie quotidienne du citoyen romain sous la république, Hachette, Paris, 1989, p. 290) .La toga costruisce il corpo del cittadino alla maniera di una veste rituale…". (M. Bettini, Le orecchie di Hermes, p. 345). 
[5] Del 17 a. C.
[6] Vv. 57-60. E' una strofe saffica formata da tre endecasillabi saffici e da un adonio.

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