L’orazione di Riccardo all’esercito.
I nemici vengono denigrati come una masnada di vagabondi (vagabonds) mascalzoni (rascals) e fuggiaschi (runaways) . Sono contadini parassiti, una schiuma di Bretoni vomitati dal loro paese. Vengono qui a portare scompiglio guidati da un figuro spregevole mantenuto a lungo in Bretagna da nostro fratello. Sono straccioni – rags - di Francia, affamati accattoni stanchi di vivere- famish’d beggars, weary of their lives (V, 3, 330). Miseri ratti – poor rats - che se non fosse per questa impresa si sarebbero impiccati. Non potranno violentare le nostre spose e le figliole nostre. Quindi l’esortazione a combattere con tutta la forza.
Vediamo un’altra orazione di incoraggiamento alle truppe che devono combattere
Quando fu sul Monginevro (ottobre 218 a. C.), Annibale fece vedere la pianura sottostante dicendo che stavano superando non le mura dell’Italia ma quelle di Roma: il resto sarebbe stato in discesa : “Italiam ostentat…moeniaque eos tum transcendere non Italiae modo, sed etiam urbis romanae; cetera plana, proclivia fore” (Livio, 21, 35).
La condanna più celebre del nemico, l’imperialista romano è il discorso di Calgaco, il capo dei Caledoni ribelli, ricostruito nell'Agricola[1] di Tacito:" Raptores orbis, postquam cuncta vastantibus defuere terrae, mare scrutantur: si locuples hostis est, avari, si pauper, ambitiosi, quos non Oriens, non Occidens satiaverit: soli omnium opes atque inopiam pari adfectu concupiscunt. Auferre trucidare rapere falsis nominibus imperium, atque ubi solitudinem faciunt, pacem appellant " (30), ladroni del mondo, dopo che alle loro devastazioni totali vennero meno le terre, frugano il mare: se il nemico è ricco, avidi, se povero, tracotanti, essi che né l'Oriente né l'Occidente potrebbe saziare: soli tra tutti bramano i mezzi e la loro mancanza con pari passione. Rubare, massacrare, rapire con nome falso chiamano impero e dove fanno il deserto lo chiamano pace.
Non dice meno sull’avidità dei colonizzatori romani Mitridate che scrive al re dei Parti Arsace una lettera per metterlo in guardia: "Namque Romanis cum nationibus populis regibus cunctis una et ea vetus causa bellandi est, cupido profunda imperi et divitiarum "( Sallustio, Historiae[2], Epistula Mithridatis, 2), infatti i Romani hanno un solo e oramai vecchio e famoso motivo di fare guerra a nazioni, popoli, re tutti: una brama senza fondo di dominio e di ricchezze. Quindi aggiunge:" an ignoras Romanos, postquam ad Occidentem pergentibus, finem Oceanus fecit, arma huc convortisse? neque quicquam a principio nisi raptum habere, domum coniuges, agros imperium?" ( 4), come, non sai che i Romani dopo che l'Oceano ha posto termine alla loro marcia verso Occidente, hanno rivolto le armi da questa parte? E che fin dal principio non hanno nulla, patria, mogli, terra, potenza, se non frutto di rapina?
Mitridate fece ammazzare 80 mila commercianti italici in Asia.
Venne fu sconfitto definitivamente da Pompeo nel 66 a. C.
Budicca l’eroina dei Britanni
Una svalutazione e sottovalutazione dei Romani come gente rammollita è quella fatta da Budicca la regina degli Iceni, una popolazione della Britannia che, guidata da questa ribelle, nel 61 d. C. mise a sacco Londinium e Verulanium e uccise 80 mila persone tra Romani e alleati. Aveva un’intelligenza superiore a quella solita delle donne, racconta Cassio Dione: mei'zon h] kata; gunai'ka frovnhma e[cousa” (62, 2, 2).
Anche l’aspetto non era usuale: era to; sw'ma megivsth, (62, 2, 3) grandissima di corpo, di aspetto terribile, di sguardo penetrante, e di voce aspra, aveva una chioma biondissima e foltissima che le scendeva fino alle natiche (mevcri tw'n gloutw'n, 62, 2, 4) e al collo portava una grossa collana d’oro. Si pensi all’ultima Elisabetta I cinematografica.
Mentre esortava i suoi brandiva una lancia (tovte de; kai; lovgchn labou'sa) con la quale incuteva soggezione a tutti.
Giulio Cesare nel 55 era stato respinto, giustamente, dice Budicca, poi i Romani erano stati fatti sbarcare. Ora veniamo calpestati e disprezzati da uomini che non sanno fare altro che depredare. I Romani appesantiti dalle armature non possono inseguire né fuggire: “ejkei'noi de; ou[te diw'xai uJpo; tou' bavrou~ ou[te fugei'n duvnantai (62, 5), e non sopportano come noi la fame né la sete né il freddo né il caldo ou[te limo;n ou[te divyo~, ouj yu'co~ ouj kau'ma uJpofevrousin w{sper hJmei'~, e muoiono, se non hanno coperte, vino e olio (kai; oi[nou kai; ejlaivou devontai); per noi invece pa'sa me;n pova kai; rivza si'tov~ ejsti, ogni erba e radice ci fa da pane (62, 5).
Ecco perché non era grassa.
Ogni succo è il nostro olio, ogni acqua è iono, ogni albero è dimora pa'n de; u{dwr oi\no~, pa'n de; devndron oijkiva. C’è uno stile di vita della semplicità e dell’anticonsumismo. Conosciamo il territorio e attraversiamo a nuoto i fiumi anche nudi. Quelli sono lepri e volpi (lagwoi; kai; ajlwvpeke~) che cercano di dominare dei cani e dei lupi. Quindi lasciò scappare una lepre dal suo vestito. Questa si mise a correre nel verso giusto per loro. Poi Budicca ringraziò la divinità femminile Andraste, da donna a donna, lei era una donna e una regina non come Nitocri o Semiramide, in quanto i loro sudditi non erano guerrieri.
Budicca esortò i suoi Britanni sminuendo i Romani come effemminati e comandati da femmine: Messalina e Agrippina che dà ordini a Nerone il quale o[noma me;n ajndro;~ e[cei, e[rgw/ de; gunhv ejsti: shmei'on de;, a[/dei kai; kiqarivzei kai; kallwpivzetai (62, 6, 3), ha nome da uomo, ma di fatto è una donna: i segni sono il fatto che canta e suona la cetra e si imbelletta.
Budicca invece regnava su uomini veri che non sanno coltivare la terra né produrre manufatti, ma conoscono l’arte della guerra e che considerano tutto bene comune, anche i bambini le donne le quali proprio per questo hanno lo stesso valore dei maschi: “ th;n aujth;n toi'~ a[rresin ajrethvn”[3].
Budicca conclude l’esortazione chiedendo che questa Domizia Nerona (Nerwni;~ hJ Domitiva, 62, 6, 5) non regni più su di me né su di voi, ma tiranneggi cantando i Romani : “kai; ga;r a[xioi toiauvth/ gunaikiv douleuvein”, i quali infatti meritano di servire una tale donna.
Budicca compì una strage incredibile. Ai catturati in Londinium furono riservate torture orrende. Appesero nude le donne nobili, tagliarono loro i seni (tou;~ te mastou;~ aujtw'n perievtemon) e li cucirono sulle loro bocche (kai; toi'~ stovmasiv sfwn prosevrrapton), in modo che si vedessero mentre li mangiavano (62, 7, 2).
Paolino intanto aveva assoggettato Mona e navigò verso Londinium. Ma non affrontò subito la battaglia. Poi però fece un discorso incitando i soldati contro quella gente maledetta oiJ katavratoi ou|toi, 62, 11).
Loro, i Romani, potevano contare sull’alleanza con gli dèi i quali appoggiano di solito le vittime dell’ingiustizia. Abbiamo esteso il nostro dominio sull’umanità intera. Vinceremo per la nostra dignità, poiché combattiamo contro i nostri schiavi. I Romani vinsero, racconta Cassio Dione e Budicca si ammalò e morì.
I Romani esportavano aspetti di una civiltà che era strumento di servitù
Tacito racconta che i Britanni cadevano nelle lusinghe dei vizi offerti da Agricola che sconfisse Calgago Calgaco presso il monte Graupio nell’84:”frequens toga; paulatimque discessum ad delenimenta vitiorum porticus et balinea et conviviorum elegantiam. Idque apud imperitos humanitas vocabatur, cum pars servitutis esset (Agricola, XXI) , indossavano spesso la toga e a poco a poco si allontanavano dalla loro cultura per l’attrazione dei vizi: i portici, i bagni, l’eleganza dei conviti.
Quello che gli inesperti chiamavano civiltà era invece parte delle loro schiavitù
Torniamo a Shakespeare. Entra un messo che riferisce a Riccardo il rifiuto di Stanley: “he doth deny to come”
Riccardo ordina che il figlio venga decapitato “Off with his son George’s head”
Ma Norfolk fa prendere tempo al boia e al condannato: “George stanley muoia dopo la battaglia (347).
“Non si sa mai” come andrà a finire avrà pensato: può essere utile vantare dei meriti con il nemico se vincerà.
Riccardo lancia altri gridi di guerrra: “ bel San Giorgio!”,
Ci ispiri il furore di draghi infuocati!”, La vittoria è posata sui nostri elmi”.
E’ un grido di sconfitta e di morte perché San Giorgio è raffiguratto come l’uccisore del drago infuriato da diversi artisti
Bologna 16 giugno 2021 ore 17, 45
giovanni ghiselli
[1] Del 98 d. C.
[2] Le quali prendevano in esame il periodo 78-67 a. C. Furono composte fra il 40 e il 35. Ci sono giunti solo dei frammenti.
[3]
Nota l’ allitterazione e la paronomasia o adnominatio.
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