martedì 15 giugno 2021

Shakespeare, "Riccardo III". XXXIV. Riccardo il criminale timorato. Forse ha sbagliato destino

Riccardo si sveglia sconvolto.

Chiede un altro cavallo (V, 3, 178) prefigurando il grido finale (V,5, 7)
Grida anche: “Bind up my wounds!”, fasciatemi le ferite! (V, 3, 178).
Per ora sono quelle dell’anima la cui corazza si sta sgretolando, come sta cadendo la maschera di regale superiorità e invincibilità che Riccardo si era costruita aiutato dai successi.
Ma ormai questi sono finiti.
 
Lucrezio ci insegna che  gli uomini si scoprono adversis in rebus, nell’avversa fortuna: allora finalmente erompono dal profondo del petto le vere voci, la maschera cade e rimane l’essenza
Nam verae voces tum demum pectore ab imo
eliciuntur  et eripitur persona, manet res (De rerum natura, III, 58-59).
 
Riccardo cerca di reagire dicendo “I did but a dream” 179, ho solo fatto un sogno.  Quindi se la prende con la coscienza che aveva sepolto mummificata e si sta risvegliando: “ O  coward conscience, how dost thou afflict  me!”, (180) o coscienza vigliacca, come mi tormenti!
Più avanti dirà ai gentlemen del suo seguito che la coscienza è solo una parola che usano i vigliacchi, inventata per tenere in ansia i forti (V, 3, 310-311)
Ma intanto,  finchè è solo, dice: “ cold fearful drops stand on my trembling flesh” (182),  gocce fredde di spavento coprono la mia carne tremante.
 
Il fatto è che una parte del nostro animus non è controllabile dalla volontà e dalla ragione. Un conto sono le teorie, le idee che facciamo nostre dopo che ce lr hanno inculcate, un altro l’emotività, ed è vero che spesso i nostri ragionamenti servono solo a travestire e mostificare i sentimenti. Si pensi allo qumov" preponderante diella Medea di Euripide (1079) e si ricordi quanto dice  Fedra dnell'Ippolito di Euripide :"bisogna considerare questo:/il bene lo conosciamo e riconosciamo,/ma non lo costruiamo nella fatica (oujk ejkponou'men), alcuni per infingardaggine (ajrgiva" u{po),/ alcuni anteponendogli qualche altro piacere./ E sono molti i piaceri della vita:/lunghe conversazioni, l'ozio, diletto cattivo, (scolhv, terpno;n kakovn) l'irrisolutezza"(vv.379 - 385).

Anche Riccardo, come Macbeth è arrivato alla resa dei conti e comincia a essere stanco del sole, della vita, di se stesso.
Eppure cerca di reagire con quel darsi animo che T. S. Eliot considera come derivato a Shakespeare da Seneca  la cui Medea ripudiata da Giasone dice  "Medea superest " (Seneca, Medea, vv. 166 ), Medea c’è ancora.  Conseguentemente nell’ Antonio e Cleopatra, Antonio fa:” I am Antony yet " ( III, 13, 92.) e nel Giulio Cesare il duce romano dice che personalmente non teme Cassio anche se Cassio è temibile  for always I am Caesar ( I, 2, 211) dato che sono sempre Cesare
Ebbene, Riccardo dice; “Richard loves Richard, that is. I and I (V, 3, 184), Riccardo ama Riccardo, cioè, Io sono io.
E’ un Io comunque in contaddizione con se stesso: Riccardo dice di amarsi, poi di odiarsi: I love myself (188) poi O no, alas, I rather hate myself/for hateful deeds committed by myself (190-191), o no, piuttosto odio me stesso per gli odiosi misfatti che ho commesso.
Quindi “I am a villain, yet I lie, I am not” (191), sono uno scellerato, oppure mento, non lo sono. E’ un’identità caduta in crisi, sottoposta a giudizi duri quanto quelli dei suoi avversari.
Segue una unificazione negativa delle mille lingue diverse della coscienza: ciascuna racconta ua storia diversa and every tale condemns me for a villain (196)  e ogni storia mi condanna come scellerato.
Tutti i suoi peccati si accalcano alla sbarra Throng to the bar , crying all, ‘Guilty. Guilty!’, e tutti gridano: ccolpevole, colpevole!”
Questa espressione è utilizzabile contro lo stiparsi che diffonde i contagi e l’infezione pure mentale del branco.
La conclusione davvero disperata di questo perdente che ora fa pena è che nessuno ha pietà di lui, nemmeno lui di se stesso.
Questo succede quando diamo maggior credito al luogo comune sentito dire e ripetere –despaire and die nella fattispecie- che a tuttto il resto.
La ripetizione ossessiva è il metodo della pubblicità.
Seneca: "nulla res nos maioribus malis implicat quam quod ad rumorem componimur " (Seneca, De vita beata , 1, 3), nessuna cosa ci avviluppa in mali maggiori del fatto di regolarci secondo il "si dice".
Quindi: “si ad naturam vives, numquam eris pauper; si ad opiniones, numquam eris dives” (ep. 16, 7), se vivrai secondo la natura, non sarai mai povero, se secondo i luoghi comuni, non sarai mai ricco.
 
La natura di Riccardo era quella dell’uomo malvagio, ma non era abbastanza salda da non lasciarsi impressionare dalle immagini oniriche che lo maledicevano. Ognuno dovrebbe sapere con chiarezza qual è il suo carattere che si identifica con il destino per non sbagliare destino e vivere quello di un altro.
 
giovanni ghiselli
p. s
il 25 giugno sarò a Manerbio per presentare Eros-Eris al festival dei filosofi lungo l’Oglio.
 
Dal 29 giugno terrò 4 incontri online di due ore ciascuno dalla sede della Primo Levi (051- 249868). Presenterò il percorso che sto teminando. E’ costituito da una introduzione a Seneca e a Plutarco. Quindi commenterò i drammi di Shakespeare, in particolare Giulio Cesare, Coriolano, Antonio e Cleopatra, Riccardo III, indicando la presenza in queste tragedie degli autori greci e latini, Plutarco e Seneca in particolare. 

2 commenti:

La trasfigurazione di Isabella.

  Isabella sorrise, sedette e bevve il bicchiere di vino che le portai. Quindi contribuì alla mia educazione. Mi consigliò   di non ...