Condivido questa preponderanza del logos in generale, mentre non mi garba in questa tragedia la svalutazione del ruolo della donna nel generare, che la nuova giustizia afferma per assolvere il matricida. Oltretutto non è logica.
Maria Cartabia ministra della Giustizia ha scritto un articolo su “Il Sole 24 ore” di domenica 27 giugno (p. II).
Un pezzo che dimostra la conoscenza delle Eumenidi di Eschilo, fatto raro in un politico e meritevole di apprezzamento. Nella Giustizia nuova caldeggiata da Atena prevale la ragione.
“E’ l’affermazione del logos che prevale sull’istinto vendicativo (…) un esodo che alla fine celebra il trionfo di Zeus agoraios , patrono della parola”.
Vero è che prevale la parola ragionata, sintatticamente organizzata sull’uso ossessivo della paratassi che significa la primitività di queste spaventose creature della mitologia inferiore
Le vergini Erinni si svegliano con mugolìi e gemiti. La corifèa quindi grida: "prendilo prendilo prendilo prendilo; stai attenta!"(labe; labe; labe; labe;: fravzou, v. 130). Incalzano Oreste che ha ucciso la madre per vendicare il padre assassinato da lei e dal suo amante.
La caccia al matricida continua: "tu fiatandogli contro un soffio di sangue, emaciandolo con l’alito, con il fuoco del ventre (nhduvo~ puriv), incalzalo, consumalo con un secondo inseguimento"(Eumenidi, vv.137-139).
Le antiche dèe venerande hanno sete del sangue del contrappasso: "liquido sangue materno versato a terra, oh, non si raccatta: il liquido versato al suolo è perduto. Ma bisogna che tu in cambio mi dia che da te vivo possa ingozzare denso liquido rosso dalle membra"vv. 261-265).
Secondo queste divinità arcache che stanno per essere relegate in secondo piano dagli dèi nuovi, l'offesa alla madre è un peccato per il quale non c'è remissione.
Nel Primo Stasimo (vv.307-396) le Erinni danzano e cantano "un canto di orrore"(v.308) mentre Oreste si tiene avvinghiato alla statua di Atena. L'"inno" delle Furie è "un laccio per la mente, senza accompagnamento di lira (u[mno~ …ajfovrmikto~), aridità per i mortali"(vv. 331-333, ripetuti, vv. 343-346, in ejfuvmnion, ritornello).
Alla fine Atena fa assolvere Oreste e convince le Erinni che quindi diventano Eumenidi: “ Dopo l’intervento razionale di Atena, le Erinni-forze scatenate, arcaiche, istintive, della natura-sopravvivono: e sono dee, sono immortali. Non si possono eliminare, non si possono uccidere. Si devono trasformare, lasciando intatta la loro sostanziale irrazionalità: mutarle cioè da “Maledizioni” in “Benedizioni”. I marxisti italiani non si sono posti, ripeto, questo problema”[1].
Tutto questo è davvero un progresso del logos.
Però l’assoluzione di Oreste deriva anche dalla difesa di Apollo che per discolpare il matricida usa espressioni lesive della dignità delle madri.
Estrema è questa:"La cosiddetta madre non è la generatrice del figlio (tevknou tokeuv~ ), ma la nutrice (trofov~) del feto appena seminato: genera (tivktei) il maschio che la monta; colei come un ospite con un ospite salva il germe (e[rno~), per quelli ai quali gli dèi non l’abbia distrutto"(vv. 658-661).
Nell’ Oreste di Euripide, scritta e rappresentata diversi decenni più tardi, il protagonista, per scagionarsi, utilizza il medesimo argomento della generazione patrilinea.
Infatti dice al nonno materno Tindaro che lo ha accusato di spietatezza, poiché non si è fermato nemmeno davanti al seno della madre: “path;r me;n ejfuvteusen me, sh; d j e[tikte pai'~,-to; spevrm j a[roura paralabou's j a[llou pavra:-aneu de; patro;~ tevknon oujk ei[h pot j a[n” (vv. 552-554), il padre mi ha generato, tua figlia mi partoriva,/un campo ha preso il seme da un altro:-senza il padre non ci sarebbe mai un figlio.
Il coro di donne argive però nell’epodo del secondo stasimo ribatte che non c’è sulla terra malattia, lacrime, pena più grande che versare con la propria mano a terra il sangue della madre ammazzata (vv. 832-833)
Sono esempi di logica doppia, aperta al contrasto.
Ebbene la nostra ministra ha messo in rilievo un aspetto dell’ultimo dramma dell’Orestea, certamente importante, ma non ha ricordato, l’altro lato che significa la sottomissione della donna data la sua insignificanza nel generare. C’è anche questo. Quando vidi le Eumenidi nel teatro di Siracusa, alcuni anni fa, e l’attore che rcitava la parte di Apollo negò che la madre fosse la generatrice del figlio, dal pubblico si levò un mormorio di disappovazione.
Personalmente ho sempre opposto a questa svalutazione del ruolo materno quanto scrive Joyce: “Amor matris: subjective and objective genitive (Ulysses, p. 39).
Quindi un’altra volta “Amor matris: subjective and objective genitive, may be the only true thing in life.
Paternity may be a legal fiction” (p. 186)
Bologna 28 giugno 2021 ore 20
giovanni ghiselli
Ora vado in bici e domani alle 18 inizierò il mio corso.
[1] P. P. Pasolini, Le belle bandiere, p. 54.
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