martedì 8 giugno 2021

Didone IV parte. Donne abbandonate: Didone e Arianna. Virgilio e Catullo.

 

La storia di Didone quarta parte.

 


 

La “lussuria” della regina scatena l'ira di Iarba, pretendente respinto, e la complicità di Enea provoca la collera di Giove che considera legittimo e santo l'ardore sacro della gloria ("si nulla accendit tantarum gloria rerum ", v. 232); impuro e deleterio invece quello dell'amore. Il figlio di Venere  dunque "naviget " (v. 237), navighi,  non ami punto!

Quindi il re degli dèi manda Mercurio per rinfocolare i sensi di colpa. Appena vede Enea il messaggero infatti lo assale ("Continuo invadit ", v. 265) rimproverandolo per il suo crimine.

L'eroe troiano davanti a tanto rimprovero nemmeno cerca di difendere l'amore:"obmutuit amens/arrectaeque horrore comae et vox faucibus haesit  "(vv. 280-281), restò muto, fuori di sé, gli si drizzarono i capelli per il terrore e la voce si arrestò nella gola.

Ma Enea deve compiere altre imprese grandi e meravigliose, sicché non rimane agghiacciato a lungo : infatti lo scalda un ardore legittimo e davvero degno di un eroe:"Ardet abire fuga " (v. 281), arde di andarsene in fuga, e dà ordini per prepararla furtivamente, riservandosi di parlarne a Didone nei momenti più dolci.

La regina però lo capisce da sola ("quis fallere possit amantem?  ", v. 296, chi potrebbe ingannare un'amante? ), lei che temeva tutte le situazioni  anche tranquille:"omnia tuta timens" (v. 298). L'ossimoro che accosta parole di significato contrastante evidenzia quanto di contraddittorio c'è nell'anima di questa donna innamorata e ansiosa. L'allitterazione evoca un battere di colpi e contraccolpi.

 Per giunta la Fama,  impia , porta alla donna già fuibonda (furenti , v. 298).  la notizia del fatto il suo virtuoso eroe sta rivelandosi perfido e  prepara la fuga.

   Allora scoppia di nuovo l'incendio della pazzia e dell'amore:"Saevit inops animi totamque incensa per urbem/ bacchatur ", vv. 300-301, ella infuria, priva di senno, e infiammata baccheggia per tutta la città.

Quindi la disgraziata affronta Enea al grido di "perfide " (305), che echeggia il lamento dell'Arianna abbandonata di Catullo[1].

 Prima lo aggredisce rinfacciandogli la malafede, poi lo supplica, prospettandogli la propria morte, invocandone il senso dell'onore, la gratitudine dovuta, e cercando di  impietosirlo:" Dissimulare etiam sperasti, perfide, tantum/posse nefas tacitusque mea decedere terra?/nec te noster amor nec te data dextera quondam/nec moritura tenet crudeli funere Dido? " (vv. 305-308), hai sperato, perfido persino di dissimulare un così grande misfatto, e di poter andartene dalla mia terra senza dir niente? non ti trattiene il nostro amore né la destra data una volta né Didone pronta a morire di morte crudele?

A proposito della  data dextera si ricorderanno della Medea di Euripide i versi 21-22:"ajnakalei' de; dexia'"-pivstin megivsthn, reclama il sommo impegno della mano destra.

Vediamo altri tre versi:" per conubia nostra, per inceptos hymenaeos,/si bene quid de te merui, fuit aut tibi quicquam/dulce meum, miserere domus labentis et istam,/oro, si quis adhuc precibus locus, exue mentem " (vv. 316-319), per la nostra unione, per le nozze iniziate, se ho ben meritato di te, o se per te c'è stato qualcosa di dolce in me, abbi pietà di una casa che vacilla e deponi questo proposito, ti prego, se ancora c'è qualche posto per le preghiere. Questi versi contengono echi catulliani

La figlia di Minosse, piantata in asso da Teseo mentre dormiva nell'isola di Dia, al risveglio si dispera, corre come una puledra e impreca contro il perfido amante:"Sicine me patriis avectam, perfide, ab aris,/ perfide [2], deserto liquisti in litore, Theseu?/Sicine discedens neglecto numine divum/inmemor a! devota domum periuria portas? " (Catullo 64, vv. 132-135)  è così che tu, traditore, condottami via dal focolare paterno, mi hai abbandonata in una spiaggia deserta, Teseo, traditore? E' così che tu, fuggendo dopo avere disprezzato il potere dei numi, dimentico ah! porti a casa i tuoi maledetti spergiuri?

.

l'Arianna dell'opus maximum di Catullo emetteva grida acute dal petto rivolgendosi al mare scrutato dai monti o dalla riva.

La ragazza, rievoca le  sue promesse vane che l'uomo crudelis (136) : "at non haec quondam blandā promissa dedisti- voce mihi, non haec, miserae, sperare iubebas,-sed conubia laeta, sed optatos hymenaeos " (64, 139-141) 

 

Entrambe le donne rinfacciano all'amante in fuga le nozze fatte da loro sperare e terminate appena iniziate.

Il Teseo di Catullo pagherà il fio della sua perfidia.

Arianna abbandonata glielo augura e lo prevede:"sed quali solam Theseus me mente reliquit,/tali mente, deae, funestet seque suosque " (vv. 200-201), con quale animo Teseo mi lasciò sola, con tale, o dee, getti nel lutto se stesso e i suoi.

 In effetti Giove ascolta la preghiera la nemesi si compie:"annuit invicto caelestum numine rector " (v. 204), il re degli dèi annuì con il suo assenso invincibile.

La fides  violata incorre qui nella punizione divina: Arianna, credendosi ormai destinata alla morte, aveva invocato su Teseo la maledizione degli dèi, e la sua preghiera non era rimasta inascoltata. Teseo è immemor  tanto delle promesse ad Arianna (il matrimonio) quanto di quelle al padre (issare le vele bianche) e questo suo carattere costante è quello che lo porta tanto a tradire la donna che lo ama quanto a provocare la morte del proprio padre.

E’ il contrappasso.

 

Che la slealtà verso chi si fidava rende infelici prima di tutti gli stessi sleali lo afferma già Isocrate nel Nicocle (del 368 ca) :" jaqliwtavtou" hJgei'sqe kai; dustucestavtou" o{soi peri; tou;" pisteuvonta" a[pistoi gegovnasin" (58), reputate molto infelici e disgraziati quanti sono stati sleali nei confronti di chi credeva in loro; infatti, continua il re di Salamina di Cipro che pronuncia il discorso, è necessario che tali uomini passino il resto della vita con la paura di tutto e senza più fidarsi di nessuno. 

In Pene d’amore perdute di Shakespeare leggiamo: “Thus pour the stars down plagues for perjury” (V, 2),  così le stelle versano guai sullo spergiuro.

 Catullo non fa di Teseo l’incarnazione della pietas. Virgilio verrà deriso da Ovidio per questa ipostasi.

 

  

Il  dulce rammentato da Didone a Enea (v. 318) ricorda quello che Tecmessa cerca di richiamare alla mente di Aiace quando, nella tragedia di Sofocle, tenta di dissuaderlo dal suicidio:"  ajndriv toi crew;n--mnhvnhn prosei'nai, terpno;n ei[ tiv pou pavqh/: cavri" cavrin gavr ejstin hJ

tivktous j ajei;— o{tou d j ajporrei' mnh'sti" eu\ peponqovto",-oujk  a]n

levgoit j e[q j ou|to" eujgenh;" ajnhvr" (Aiace , vv. 520-524), per l'uomo certo è doveroso che rimanga un ricordo congiunto a qualche gioia se in qualche modo l'ha provata: infatti grazia genera grazia, sempre.

. Chiunque perda il ricordo di avere ricevuto del bene, non può più essere chiamato nobile.

 

Ma tra i nostri amanti non può esserci più nulla di buono poiché compiacenza e condiscendenza devono essere reciproche mentre Enea non vuole saperne di Didone, nemmeno quando questa arriva a dire " Saltem si qua mihi de te suscepta fuisset/ante fugam suboles, si quis mihi parvulus aula/luderet Aeneas, qui te tamen ore referret,/non equidem omnino capta et deserta viderer "(Eneide, IV, vv. 328-330),  se almeno fosse stato da me concepito un figlio tuo prima della tua fuga e nella mia reggia giocasse un piccolo Enea che comunque sia ti riproducesse nel viso, certo non mi sentirei del tutto ingannata e abbandonata.

Ma l'eroe è chiamato altrove dal destino e non vuole sentire altra fiamma che quella del fatum

Salvo l'affetto per la donna che sta abbandonando (ci mancherebbe!), egli ha doveri più forti verso gli dèi, il padre e il figlio. Sono gli argomenti classici degli amanti (uomini e ora anche tante donne) che nemmeno ci pensano a lasciare la famiglia. Apollo attraverso vari oracoli gli ha ordinato di raggiungere l'Italia:"hic amor, haec patria est " (v. 347), questo è l'amore, questa è la patria. Inoltre l'eroe riceve rimproveri  dall'immagine turbata del padre morto, ovviamente in somnis ,  nei sogni, in tutti: quotiens  umentibus umbris-nox operit terras, vv. 351-352, ogni volta che la notte con umide ombre copre le terre, diverse immagini oniriche, il padre,  il figlio e il messo divino mandato da Giove, lo biasimano per quel suo iniquo procrastinare il compimento del destino. Sicché conclude:"Desine meque tuis incendere teque querellis:/ Italiam non sponte sequor " (vv. 360-61), smetti di infiammare me e te stessa con i lamenti: non cerco l'Italia di mia volontà.

 La parola querellis   ci porta di nuovo a ricordare l’opus maximum di Catullo (vedi, c. 64, v. 130 e v. 195, dove querellae sono i "lamenti" di Arianna abbandonata).

Enea trova la scusa della coercizione del fato (Italiam non sponte sequor) che prefigura quanto Enea dirà all’ombra dell’amante morta suicida “invitus regina tuo de litore cessi "  (Eneide, VI, v. 460)

 contro la mia volontà, regina, mi allontanai dalla tua spiaggia, rende bene l'idea, anche se non voluta da Virgilio, della vigliaccheria dell'uomo

 Ma noi sappiamo che quella dell'amore, quando c'è, è la forza massima, ineluttabile; lo sa anche Virgilio (omnia vincit Amor, et nos cedamus amori " Ecloga X, v. 69, tutto vince Amore e noi all'Amore cediamo), e lo sa pure Didone che si dispera siccome capisce che Enea non la ama.

Del resto anche il verso di scusa del VI canto risente di Catullo che dà voce al rimpianto della treccia per la testa della regina Berenice:"invita, o regina, tuo de vertice cessi " (66, v.39), contro voglia o regina, mi sono allontanata dal tuo capo

Auerbach trova addirittura grottesco il fatto che Dante nel Convivio interpreti "la separazione di Enea da Didone come allegoria della temperantia"[1]. Sentiamo Dante:"chiamasi quello freno Temperanza (…) E così infrenato mostra Virgilio, lo maggior nostro poeta, che fosse Enea, ne la parte de lo Eneida ove questa etade si figura; la quale parte comprende lo quarto, lo quinto e lo sesto libro de lo Eneida. E quanto raffrenare fu quello, quando, avendo ricevuto da Dido tanto di piacere (…) e usando con essa tanto di dilettazione, elli si partio, per seguire onesta e laudabile via e fruttuosa, come nel quarto de l'Eneida scritto è!" (Convivio, IV, 26).



[1] Studi su Dante, p. 73.

 

 

Bologna 8 giugno 2021 ore 18

giovanni ghiselli

 

p. s

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[1]64, 133.

[2]"Il primo attributo del traditore nelle parole di Arianna fa riferimento al suo essere venuto meno alle promesse basate sulla fides , un principio cardine del carme" (G. B. Conte, Scriptorium Classicum  2, p. 63).

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