NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

Ciclo di incontri alla biblioteca «Ginzburg». Protagonisti della storia antica

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lunedì 2 gennaio 2023

Nietzsche 24 Il bello con semplicità.

La bellezza deve essere coniugata con  la semplicità, come dice in sintesi il Pericle di Tucidide:"filokalou'mevn te ga;r met j eujteleiva"[1] kai; filosofou'men a[neu malakiva"" (Storie, II, 40, 1) in effetti amiamo il bello con semplicità e amiamo la cultura senza mollezza.

La semplicità è  inattuale: Nietzsche avrebbe desiderato "come educatore un vero filosofo, che…insegnasse di nuovo ad essere, nel pensiero e nella vita, semplice e schietto, quindi inattuale nel senso più profondo della parola; infatti gli uomini oggi sono diventati così molteplici e complicati che debbono diventare insinceri tutte le volte che parlano, sostengono delle opinioni e secondo esse vogliono agire"[2]. 

 

La "Classicità non è chiarezza sin dall'inizio, bensì contesa giunta ad unità, discordia conciliata, angoscia risanata".[3]

La semplicità però non  è rozzezza, anzi è una complessità risolta e non si deve confondere con la facilità la quale "invece è una truffa che rischia di impoverire tragicamente i nostri giorni…La nostra cultura ormai scansa ogni sentore di fatica, ogni peso, ogni difficoltà: abbiamo esaltato il trash e il pulp…abbiamo accettato che le televisioni venissero invase da gente che imbarcava applausi senza essere capace a fare nulla; abbiamo accolto con entusiasmo ogni sbraitante analfabeta, ogni ridicolo chiacchierone, ogni comico da quattro soldi, ogni patetica "bonazza"… la Facilità ormai ha dissolto tante capacità intellettuali e manuali, e si parla a vanvera perché così abbiamo sentito fare ogni sera, si pensa e si vive a casaccio perché così fanno tutti"[4].

 

La semplicità significa intelligenza che è differente dall’astuzia.

“All’astuzia ricorrono soltanto le donne di intelligenza più o meno angusta. In mancanza di vera intelligenza, per mezzo dell’astuzia, esse manovrano le molle della minuta vita quotidiana, intrecciano, come un ricamo, la loro politica familiare, perdendo di vista come si dispongono le principali linee della vita, in quale direzione si orientino e in che punto si incontrino. L’astuzia è una moneta spicciola, con la quale non si può comprare gran che. Come, con moneta spicciola, si può vivere un’ora o due, così con l’astuzia si può nascondere qualche cosa, ingannare qui, alterare il vero là; ma l’astuzia non basta mai ad abbracciare un orizzonte vasto, a comprendere un evento serio e importante. L’astuzia è miope: vede bene soltanto ciò che ha sotto il naso, ma non vede lontano e perciò, spesso, finisce per cadere nella trappola che essa stessa ha teso. Olga era semplicemente intelligente: come aveva risolto con semplicità e chiarezza quello d’oggi, così avrebbe risolto qualunque altro problema. Ella vedeva subito il significato reale di un avvenimento e l’affrontava immediatamente per la via più breve”[5]. 

 

Leopardi avverte che la semplicità viene  fraintesa dagli imbecilli: “E’ curioso vedere, che gli uomini di molto merito hanno sempre le maniere semplici, e che sempre le maniere semplici sono prese per indizio di poco merito. (Firenze, 31 Maggio 1831)”[6].

 

La crescita attraverso il dolore e il pavqo~, come passione in genere.

La scuola del dolore, del grande dolore-ignorate forse che questa scuola soltanto, ha finora permesso all’uomo di ascendere alle più elevate altitudini?”[7].

“Agitando il tirso  egli ha esaltato estaticamente la vita forte e bella, trionfante, ignara di moralità…ma, nello stesso tempo, nessuno più di lui ha reso omaggio al dolore: “La capacità di soffrire più o meno profondamente determina il diverso valore degli individui” egli ha detto…”Voglio” dice aver la vita tanto dura quanto un uomo può averla. E dura se la rese, dura fino alla santità”[8].

“Questo homo sono io, compreso l’ecce». Ha scritto Nietzsche un una lettera a Meta von Salis del 14 novembre 1888.

Il pavqo~ deve essere valorizzato e redento dal mavqo~, secondo quanto afferma il coro di vecchi argivi nella Parodo dell’Agamennone di Eschilo: tw/' pavqei mavqo" [9], attraverso la sofferenza si giunge alla comprensione[10]. Una sentenza topica che ha avuto un lungo seguito nella letteratura europea: da Euripide, a Menandro, a Proust, a Hermann Hesse.

Pavqo~ è ciò che si subisce, ed è anche “passione”(cfr. Platone Fedro 265b to; ejrwtiko;n pavqo~).

 Ebbene, Nietzsche nel terzo libro di La gaia scienza (1882) scrive sul “Colore delle passioni” segnalando la differenza tra le passioni per gli Ebrei e per i Greci: “ Personalità del genere dell’apostolo Paolo hanno per le passioni un “occhio malvagio”; di esse conoscono soltanto quel che è sudicio, deformante e straziante-il loro impulso ideale mira perciò all’annientamento delle passioni: nel divino vedono la completa purificazione da esse. Ben diversamente da Paolo e dagli Ebrei, i Greci hanno rivolto il loro impulso ideale precisamente sulle passioni e le hanno amate, elevate, rese auree e divinizzate; evidentemente non si sentivano soltanto più felici nella passione, ma anche più puri e divini che d’ordinario. E i cristiani? Volevano in questo ebraizzarsi? E ci sono forse riusciti?”.[11]

“Infatti la gaiezza, o per dirla nel mio linguaggio, la gaia scienza è una ricompensa per una serietà lunga, coraggiosa, laboriosa e sotterranea, che, ovviamente, non è cosa da tutti”, scrive Nietzsche in Genealogia della morale, Prefazione, 7. (1887). Ecco l’eroismo della serietà dello studioso

In una lettera a Lou del 28 giugno 1882 leggiamo una testimonianza immediata  di tanta serietà: “per decidere la stesura definitiva sono costretto al più scrupoloso “ascolto” di parole e frasi. Gli scultori chiamano quest’opera di rifinitura ad unguem ”. Non solo gli scultori.

 

Orazio definisce Fonteio Capitone ad unguem factus homo (sat. 1.5. 32), un uomo compitissimo. Nell’Ars poetica Orazio suggerisce: “ carmen reprehendite quod non/ multa dies et multa litura coercuit atque/ praesectum decies non castigavit ad unguem” (vv. 292-294), biasimate la poesia che né un lungo tempo né molte cancellature hanno rifinito, e dopo averlo sfrondato una decina di volte non ha corretto fino alla perfezione.   

 

“quasi tutte le passioni hanno cattiva reputazione a causa di coloro che non sono abbastanza forti per volgerle a loro vantaggio”[12].

Nell’XI capitolo della IV Inattuale Wagner a Bayreuth del 1876,  Nietzsche afferma che “la passione è migliore dello stoicismo e dell’ipocrisia, che la sincerità, anche nel male, è migliore del perdere se stessi con la moralità della tradizione, che l’uomo libero può essere tanto buono che cattivo, ma che l’uomo schiavo  è un disonore della natura e non partecipa a nessuna consolazione né celeste né terrena”.

Bologna 2 gennaio 2022 ore 17, 15

giovanni ghiselli

p. s.

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[1] E’ frugalità, parsimonia, è il basso prezzo facile da pagare (eu\, tevloς) è la bellezza preferita dai veri signori, quelli antichi, e incompresa dagli arricchiti che sfoggiano volgarmente oggetti costosi.

[2]F. Nietzsche, Considerazioni inattuali III, Schopenhauer come educatore , 2. E’ del 1874.

[3]B. Snell, Eschilo e l'azione drammatica , p. 141.

[4] I miei ragazzi insidiati dal demone della Facilità, Marco Lodoli, in La Repubblica 6 novembre 2002, p. 14.

[5] I. Gončarov, Oblomov, p. 336.

[6] Zibaldone, p. 4523.

[7] Di là dal bene e dal male, Le nostre virtù, 25

[8] T.Mann, Nobiltà dello spirito, p. 821.

[9] Eschilo, Agamennone, 177.

[10] Si veda la massima beethoveniana "Durch Leiden Freude", attraverso la sofferenza  la gioia. Ricavo il suggerimento da E. Morin, La testa ben fatta, p. 43 n. 7.

[11] III, 139

[12] Frammenti postumi primavera 1888 , 14 (157)

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