“Il matrimonio è una forma di concubinato a cui la società civile dà la sua autorizzazione, per interesse, come chiaramente s’intende, non per moralità. Il matrimonio è la forma di concubinato da essa preferita, perché qui l’istinto non opera senza riguardo e senza cautela, ma presenta una domanda di autorizzazione. Per questa mancanza di coraggio e di fiducia in sé, la società è riconoscente: essa onora il matrimonio in quanto quest’ultimo rappresenta una forma di sottomissione a essa. Nel matrimonio si promette qualcosa che non si può promettere, cioè l’amore eterno ; la funzione sessuale diventa debito che si può esigere” Frammenti postumi autunno 1887 (208)
Io credo che al matrimonio si adattino le persone che non sono capaci di stare sole. Se trovano chi le sposa lo -o la- pigliano al volo, se no, a questi va bene anche un cane o un pappagallo. Non sopportano la solitudine, o non possono permettersele per mancanza di mezzi materiali, e si adattano a qualsiasi sconcezza di relazione. Chi resta a lungo all’interno di rapporti sconci o violenti, uomini, o donne che siano, chi accetta infedeltà insulti e bott, è complice del male che fa o pefino riceve. Un uomo vero e una donna autentica, al primo sgarbo se ne va.
“La sessualità, la sete di dominio, il piacere delll’illusione e dell’inganno, la grande e lieta riconoscenza per la vita e i suoi stati tipici-ciò è essenziale nel culto pagano e ha buona coscienza dalla sua parte. l’innaturalità /già nell’antichità greca) lotta contro l’elemento pagano , sotto forma di morale dialettica” (Frammenti postumi novembre 1887- marzo 1888 WII 3 (314)
Obietto che l’inganno non può essere piacevole né quello attivo né quello passivo. E’ vile e volgare.
“Il cristianesimo diede a Eros del veleno da bere: egli non ne morì, ma degenerò in vizio”[1].
“Pensare male significa rendere malvagio. Le passioni diventano malvagie e maligne se vengono guardate in modo malvagio e maligno. Così il cristianesimo è riuscito a fare di Eros e Afrodite-grandiose potenze ricche di forze ideali-coboldi infernali e spiriti fraudolenti (…) Non è orribile trasformare sensazioni necessarie e normali in una fonte di intima miseria, e in tal modo voler rendere necessaria e normale l’intima miseia in ogni uomo? (…) Stringere la procreazione degli uomini in fraterna unione con la cattiva coscienza! Infine questa diabolizzazione di Eros ha avuto un epilogo da commedia: il “diavolo” Eros è divenuto a poco a poco più interessante per gli uomini di tutti gli angeli e i Santi, grazie al sommesso parlottare e all’aria di mistero della Chiesa su tutti i fatti erotici; essa ha avuto come risultato che, fin nel bel mezzo della nostra epoca la vicenda amorosa è divenuta l’unico interesse comune a tutti gli ambienti-in una generazione inconcepibile nell’antichità”[2].
Un esempio dell’interesse che la repressione di Eros ha viceversa suscitato nei confronti dell’amore: “La donna attraente ha per dote una potenza che non la abbandona del tutto nemmeno nelle situazioni più miserevoli, almeno finchè le rimane la bellezza:"Anche Katiuša Màslova si era formata questa opinione nella sua vita e sul suo posto nel mondo. Era una prostituta, condannata alla galera, e ciò nonostante si era creata una concezione della vita per cui poteva approvare se stessa e perfino vantarsi della sua condizione davanti alla gente. Ecco in che consisteva questa concezione: l'interesse principale di tutti gli uomini, di tutti senza eccezione, -vecchi, giovani, ginnasiali, generali, colti, ignoranti,-sta nei rapporti sessuali con le donne attraenti, e perciò tutti gli uomini, pur fingendo di occuparsi di altre cose, in fondo desiderano questa sola. Essa, che era una donna attraente, poteva soddisfare o non soddisfare codesto loro desiderio, ed era quindi una persona importante e necessaria. Tutta la sua vita precedente e attuale le confermava la giustezza di tale opinione"[3].
Con la fine della repressione sessuale indubbiamente questo “interesse principale” è meno sentito. Ora pare che la passion predominante sia indirizzata alla tecnologia a partire dai cellulari sui quali si fissano milioni di sguardi ebeti. Personalmente non ne voglio sapere perché conservo altri interessi principalmente quello di conoscere.
A dire il vero già tra i Greci le divinità dell’amore erano molto importanti e non poco inquietanti .
Afrodite è la divinità del pantheon greco più diffusa. “La sua universalità in Grecia è adeguatamente descritta da lei stessa nei versi iniziali del prologo dell’Ippolito di Euripide (vv. 1-8). Zeus può avere santuari più pretenziosi-vengono in mente Olimpia o Dodona, al pari dei templi e dei santuari di Apollo-ma per la totale partecipazione popolare, attraverso rappresentazioni scultoree e pittoriche in templi che offrivano la performance rituale dell’atto sessuale… nessuna divinità era sua pari in Ellade”[4].
Ecco come si presenta Cipride entrando in scena all’inizio dell’Ippolito: “ Pollh; me;n ejn brotoi'" koujk ajnwvnumo"-qea; kevklhmai Kuvpri~, oujranou' t j e[sw ( vv. 1-2), grande e non oscura dea, sono chiamata Cipride, tra i mortali e nel cielo.
Nel primo episodio la nutrice di Fedra attribuisce a questa dea una forza d'urto ineluttabile:" Kuvpri" ga;r ouj forhto;n h]n pollh; rJuh'/" (v. 443), Cipride infatti non è sostenibile quando si avventa con tutta la forza. E' la in me tota ruens Venus dell'Ode I, 19, 9 per Glicera di Orazio.
La potenza di Cipride viene celebrata anche all'inizio della Parodo delle Trachinie di Sofocle:"mevga ti sqevno" aJ Kuvpri" ejkfevretai-nivka" ajeiv" (vv. 497-498), Cipride porta con sé una grande potenza, sempre vittorie.
Vediamo la strofe del terzo stasimo dell’Antigone di Sofocle.
Terzo Stasimo, 781-800.
E' un inno a Eros, invincibile in guerra, capace di abbattersi sulle ricchezze e di riposare sulle morbide guance delle ragazze. Egli è in movimento sul mare e nelle dimore agresti; è inevitabile da parte dei mortali e degli immortali che vengono resi folli da lui. Amore può traviare le menti dei giusti e renderle ingiuste, può spingere i consanguinei alla contesa, quando il desiderio degli occhi di una fanciulla detta legge, poiché in quella luce c'è qualche cosa di divino.
vv. 781-790. Strofe.
Eros invincibile in battaglia,/Eros che sulle
ricchezze ti abbatti,/che nelle morbide guance/della fanciulla trascorri la
notte,/vai e vieni tanto sul mare quanto/nelle agresti dimore:/e degli
immortali nessuno ti sfugge/né degli uomini effimeri;/ma chi ti possiede è
impazzito".-ajnivkate: invincibile. Forma dorica
per ajnivkhte. "In realtà contro Eros non esiste rimedio (" [Erwto" ga;r oujde;n
favrmakon")
né pozione né pasticca né incantesimo se non il bacio, l'abbraccio e stendersi
insieme con i corpi nudi"[5].
Eros si associa a Eris, al fuoco e alla follia.
Amore è un combattente invincibile. Sofocle fa dire a Deianira che chiunque si alzi come un pugile per combattere Eros, non ha la testa a posto ( "ouj kalw'" fronei'", v. 442) Trachinie , 441-442).
Platone scrive scherzando, ma non troppo, che la necessità erotica è probabilmente ancora più imperiosa di quella geometrica. (Repubblica , 458d).
Chi ama non sta bene, ma chi non ama non fa parte della vita:"Miser est qui amat ", sostiene Lemniselenide, l'amante di Tossilo nel Persa di Plauto. E Sofodiclisca, la serva le risponde:"Certo is quidem nihili est,/qui nihil amat: quid ei homini opus vita est? "(vv. 179-180), sicuro, ma chi non ama non vale nulla: che bisogno ha quell'uomo della vita?
Chi se ne intende non poco è Ovidio. Nell'Ars amatoria il poeta è magister di erotismo e insegna che Amore è ferus , selvaggio (I, 9), crudele come Achille, saevus [6] uterque puer (I, 18), e chi gli si accosta deve accettare di armarsi come per una battaglia (miles in arma venis , I, 36) o almeno per una caccia, soprattutto nei teatri (venator , I, 45; sed tu praecipue curvis venare theatris , I, 89) dove il figlio di Venere fa spesso le sue battaglie:"Illa saepe puer Veneris pugnavit arena , I, 165.
"Eros si associa a Eris, Lotta, quella Eris che Esiodo, nelle Opere e Giorni , colloca "alle radici della terra"(v. 19)"[7].
Negli Amores Ovidio scrive:"Militat omnis amans, et habet sua castra Cupido;/Attice, crede mihi, militat omnis amans "(I, 9, 1-2), è un soldato ogni amante; anche Cupido ha il suo campo di guerra; Attico, credimi, ogni amante è un soldato
Nel IV canto dell'Eneide il dio Amore è anche associato tanto a ferite quanto a incendi e fiamme. A partire dall'incipit:"At regina gravi iamdudum saucia cura/volnus alit venis et caeco carpitur igni " (vv. 1-2) ma la regina, già ferita da pesante affanno, ravviva nelle vene la piaga ed è divorata da un fuoco nascosto. Poco dopo Didone, rivelando il suo amore alla sorella Anna, dice:"Adgnosco veteris vestigia flammae " (v. 23), riconosco i segni dell'antica fiamma.
Fuoco ferita e follia tormentano insieme Didone durante la successiva cerimonia religiosa con cui la regina cerca la pace:"quid vota furentem,/ quid delubra iuvant? Est mollis flamma medullas/interea et tacitum vivit sub pectore volnus./ Uritur infelix Dido totaque vagatur/urbe furens, qualis coniecta cerva sagitta" (vv. 65-69) a che giovano i sacrifici, a che i templi a chi è fuori di sé? divora i teneri midolli la fiamma intanto e si ravviva in silenzio la ferita sotto il petto. Brucia l' infelice Didone e vaga fuori di sé per tutta la città, quale cerva dopo che è stata scagliata la freccia.
In Virgilio l'amore brucia anche gli animali:"Carpit enim viris paulatim uritque videndo " (Georgiche , III, 215) logora infatti le forze a poco a poco e li brucia guardandoli. E' la femina di buoi tori e cavalli. Essa non consente loro di ricordarsi dei boschi e dell'erba ma li attira "dulcibus...inlecebris " (v. 217) con dolci seduzioni.
In questi versi anzi l'istinto amoroso si associa sia al fuoco sia a Eris poiché spesso la femmina costringe i pretendenti a combattere con le corna:"et saepe superbos/cornibus inter se subigit decernere amantis "(vv. 217-218). Questo istinto è innato negli uomini e nelle bestie: tutti, "et genus aequoreum, pecudes pictaeque volucres "(v. 243) la razza marina, il bestiame e gli uccelli colorati "in furias ignemque ruunt ", si precipitano in ardori furiosi:"amor omnibus idem " (v. 244), amore è uguale per tutti. Riguarda il giovane Leandro "magnum cui versat in ossibus ignem/durus amor "(vv. 259-260) cui un duro amore scatena un grande fuoco nelle ossa, la razza aspra dei lupi e dei cani e perfino i cervi imbelli che danno battaglia ("dant proelia ", v. 265).
Ma torniamo a Ovidio:"sic deus in flammas abiit, sic pectore toto/uritur ", Metamorfosi , I, 495-496, così il dio si infiammò, così in tutto il petto/brucia. Si tratta di Febo che brucia per Dafne. Più avanti (III, 464) è Narciso che brucia per amore di se stesso:"uror amore mei, flammas moveoque feroque ", brucio per amore di me stesso e porto e agito le fiamme.
Nel Pervigilium Veneris che celebra l'inizio della primavera e la potenza di Afrodite, Amore è in vacanza ("feriatus est amor ", v. 31) perciò gli è stato ordinato di andare inerme, di andare nudo:"neu quid arcu, neu sagitta, neu quid igne laederet " (v. 33), per non ferire qualche creatura con l'arco, con la saetta, con il fuoco. Eppure, avverte l'autore, o l'autrice, "Nymphae, cavete, quod Cupido pulcher est:/ totus est in armis idem quando nudus est amor " (vv. 34-35), guardatevene o Ninfe, poiché Cupido è bello: ed è tutto armato anche quando è nudo Amore.
Infatti, come abbiamo già visto, amore è spesso collegato a piaghe e ferite.
Concludo con Properzio:"Illa potest magnas heroum infringere vires,/illa etiam duris mentibus esse dolor " (I, 14, 17-18), quella dea[8] può spezzare grandi forze di eroi, ella può costituire un dolore anche per i cuori duri.
Di nuovo Nietzsche
“Il Cristianesimo aveva cioè detto che ogni uomo è concepito e generato[9] nel peccato, e nell’insopportabile Cristianesimo superlativo di Calderòn questo pensiero fu accolto e incorporato ancora una volta, sicché egli osò il più strambo paradosso nei noti versi
La più gran colpa dell’uomo /È di essere nato[10] (…) In tutte le religioni pessimistiche l’atto generativo viene sentito come per sé cattivo, ma questo non è in alcun modo un sentimento universalmente umano, e neanche in ciò il sentimento di tutti i pessimisti è identico. Empedocle, per esempio, non sa assolutamente nulla del vergognoso, del diabolico e del peccaminoso in tutte le cose erotiche; egli vede, al contrario, sul gran prato del male una sola apparizione piena di salute e di speranza, Afrodite; essa è per lui la garanzia che la contesa non dominerà in eterno, ma che un giorno consegnerà lo scettro a un più mite demone”[11].
La gente chiama la Concordia Gioia (Ghqosuvn), e jAfrodivthn” (4, 23) la dea che assimila i corpi quando sono adatti alla mescolanza e si piacciono ( Empedocle, Fusikovn, 4, 41). C’è affinità tra i corpi che hanno una summetriva, una comune misura delle emanazioni dell’uno con i pori dell’altro.
L’astio invece sconvolge e disperde le membra, rende tutto deforme e sconcio.
Empedocle ricorda un aspetto canonico dell’età dell’oro: l’assenza di conflitti. Nel Poema lustrale (fr. 119) narra che gli uomini della primitiva età felice non avevano un Ares come dio, né il Tumulto della battaglia (“oujdev ti" h\n keivnoisin [Are" qeo;" oujde; Kudoimov"",), né Zeus, né Crono né Poseidone, ma solo Cipride regina (vv. 1-3). Inoltre non si bagnava l'altare con il sangue dei tori, ma si offriva mirra, incenso e miele, poiché per gli uomini era massima contaminazione (muvso~…mevgiston, v. 9) divorare le membra staccandone l'anima (vv. 9-10).
Bologna 5 gennaio 2022 ore 11, 47
p. s.
All time1308448
[1] Di là dal bene e dal male, Aforismi e interludi, 168.
[2] Aurora, I, 76.
[3] L. Tolstoj, Resurrezione, oarte prima, capitolo 44 (romanzo del 1899. Un romanzo di cui consiglio caldamente la lettura
[4] Havelock, Eric A. Havelock, Alle origini della filosofia greca Una Revisione storica, trad it. Laterza, Roma-Bari, 1996. Titolo originale The Preplatonic Thinkers of Greece. A revisionist history, p. 137
[5]Longo Sofista, Romanzo pastorale di Dafni e Cloe , II, 7.
[6]Se ne ricorderà Valerio Flacco (I sec. d. C.) che negli Argonautica definisce saevus l'amor che incalza (urget ) Medea spingendola verso Giasone (VII, 307-308).
[7]J. P. Vernant, Tra mito e politica , p. 136.
[8] Venere, ovviamente.
[9] Cfr. C. Pavese " Se il chiavare non fosse la cosa più importante della vita, la Genesi non comincerebbe di lì" (C. Pavese, Il mestiere di vivere , 25 dicembre, 1937). Ndr.
[10] La vita è sogno, atto I, scena II. ( 1635)
[11] Umano troppo umano I, 141.
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