Nel pomeriggio feci due volte
la scalata ciclistica da Itea a Delfi: la prima con lo zaino mio sulle spalle,
mentre la ragazza stanca si era fermata al porto e mi aspettava distesa su una
panchina del molo.la valle di Itea
Giunsi anelo sul sacro ombelico del mondo. Mi ero impegnato con grande impiego di forze per arrivarci il più presto possibile: entro il tramonto volevo, quindi dovevo, avere fissato una stanza sulla strada di Apollo, averci depositato lo zaino, essere tornato a Itea, essermi sobbarcato lo zaino di Ifigenia, avere ripetuto la salita con lei ed essere di nuovo lassù.
Tutto questo aveva un significato morale per me.
Arrivai a Delfi da solo verso le cinque, trovai subito la camera nella via di Apollo, vi lasciai lo zaino, mi bagnai la testa sotto un rubinetto e mi precipitai giù nella discesa fendendo l’aria talmente calda che i capelli grondanti, dopo un paio di chilometri, si erano asciugati del tutto.
Ifigenia era ancora stesa su quella panchina. Dormiva, magari sognava, chissà che cosa. La svegliai, le presi lo zaino che aveva usato come guanciale, poi iniziammo a scalare la salita non troppo erta, ma piuttosto lunga: una decina di chilometri circa, tipo quella del passo Pordoi fate conto, solo un poco più lieve come pendenza ma appesantita da un’aria ancora assai calda nonostante il già deciso declinare del sole. Ifigenia che non ha mai amato la calura si lamentava. “quanto manca?”. Domandava ogni tanto. Quando ebbe finito l’acqua della borraccia le passai la mia come Coppi a Bartali o Bartali a Coppi che fosse quella volta famosa.
Ifigenia comunque era brava: sbuffava ma non voleva mettere piede a terra prima di essere giunta alla meta che era importante anche per lei, si vedeva e ne ero contento. Pedalavo al suo fianco sinistro, le davo consigli sui rapporti da usare via via, le facevo coraggio ma non la spingevo materialmente. Voleva farcela da sola. Ce la metteva tutta. Accettava i suggerimenti e li eseguiva con precisione poiché si sentiva spronata e aiutata. Insomma c’era ancora qualche cosa di buono tra noi. In generale la bicicletta rende le persone meno cattive. Ha un significato morale oltre che salutare.
Raggiungemmo la meta al tramonto del sole che si annidava tra i monti un poco prima delle otto di sera, le sette con l’ora reale. Sembrava significarci che la stagione meno dolente stava finendo e che non dovevamo affrontare le brume con la nebbia fredda dell’odio nel cuore. Bene avevo fatto ad aiutare Ifigenia a giungere lassù prima che la santa faccia di luce fosse già sparita del tutto tra i monti.
Bologna 26 marzo 2021 ore 11, 25
giovanni ghiselli
p. s.
Tra poco andrò a scalare in bicicletta la salita di San Luca per ringraziare, come feci a piedi nel gennaio del 1965 dopo il trenta e lode nell’esame di letteratura inglese con i complimenti del professore Carlo Izzo che ricordo con affetto.
Quelle sue lodi mi aiutarono in un momento molto difficile.
Oggi ho avuto un incoraggiamento da uno dei primi e dei pochi studiosi seri rimasti in Italia dopo la scomparsa di Tullio De Mauro e Remo Bodei.
Sono grato anche a loro. E pure a voi che mi spronate leggendomi.
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