lunedì 29 marzo 2021

La presenza degli autori classici nelle tragedie di Shakespeare. XVII. Coriolano Plutarco e Shakespeare

Soma Orlai Petrich,
Coriolano viene dissuaso da Volumnia e Veturia
Coriolano Plutarco e Shakespeare. Conclusione


Coriolano non risponde subito alla madre. Allora Volumnia fa: “tiv siga'/ς w\ pai';” (Plutarco, Vita, 36, 2).

In Shakespeare. Why dost not speak? (V, 3, 153)

Poi continua: “Think’st thou it honourable for a nobleman still to remember wrongs? pensi che sia onorevole per un nobile ricordare le offese per sempre? (154-155).


Di nuovo Plutarco: “è forse bello abbandonarsi del tutto all’ira e al risentimento, mentre non è bello compiacere la madre che ti rivolge così gravi preghiere?  (povteron ojrgh'/ kai; mnhsikakiva/ pavnta sugcwrei'n kalovn, ouj kalo;n de; mhtri; carivsasqai deomevnh/ peri; thlikouvtwn;  36, 2)

Conviene (proshvkei) secondo te a un grand’uomo ricordare il male subìto mentre sarebbe indegno di un uomo grande e nobile rendere onore e omaggio ai benefici che da bambino ha ricevuto dai genitori? (36 , 2)


“There’s no man in world more bound to’s mother, non c’è uomo al mondo più obbligato a sua madre (Coriolano, V, 3, 158-159)

“Thou hast never in thy life-showed thy dear mother any courtesy” (V, 3, 160-163), nella tua vita non hai mai dimostrato gentilezza a tua madre, a lei che, povera chioccia-poor hen-, non volle una seconda covata, e che starnazzava se andavi in guerra , e te ne tornavi salvo, pieno di onori.


Eppure a nessuno si converrebbe osservare la riconoscenza kai; mh;n oujdeni; ma'llon e[prepe threi'n cavrin wJς soiv (36, 2) più che a te che così duramente ti vendichi della ingratitudine.

Ti sei vendicato ampiamente della patria ma th'/ mhtri; oujdemivan cavrin ajpodevdwkaς  (36, 3), alla madre non hai reso nessuna gratitudine.


Quindi Volumnia dice: down ladies! Let us shame him with our knees-  greco govnu -govnato", tov – latino genu-us- a terra donnne!, svergogniamolo con le ginocchia! (Coriolano, V, 3, 169)

E in Plutarco : kai; tau't j eijpou'sa prospivptei toi'ς govnasin aujtou' meta; th'ς gunaiko;ς a{ma tw'n paidivwn (Coiolano, 36, 4-5), si getta alle ginocchia di lui con la moglie e i figli.


Allora Coriolano fa alzare la madre e le dice: “nenivkhkaς-ei\pen- eujtuch' me;n th'/ patrivdi nivkhn, ejmoi; d j ojlevqrion” (36, 5), hai vinto una vittoria fausta per la patria ma rovinosa per me.


E Shakespeare:  O my mother, mother! O! you have won a happy victory to Rome. But for your son-believe it, o believe it-most dangerously you have him prevailed  -praevaleo-if not most mortal to him”. (V, 3,  186-190), ma per tuo figlio –credilo, credilo hai prevalso su di lui con un rischio gravissimo, se non motale.

A Roma vengono festeggiate le donne. Il Senato decretò che venisse loro concesso qualsiasi cosa chiedessero, ed esse chiesero solo che venisse edificato un tempio alla Fortuna muliebre oujde;n hxivwsan a[llo h] Tuvchς gunaikeivaς iJero;n iJdruvsasqai (37, 4)


A Roma suonano trombe oboi, tamburi and the shouting Romans make the sun dance (Coriolano, V, 4, 48-49),  mentre i Romani urlanti fanno ballare il sole

Quanto a Volumnia, Virgilia e Valeria, un senatore grida che bisogna spargere fiori sul loro cammino (Vita di Coriolano, V, 5, 3)


Plutarco racconta che il Senato fece erigere il tempio con la statua della Fortuna muliebre (Tuvch" gunaikeiva" iJerovn (37, 4), mentre le donne a loro spese fecero costruire una seconda statua che avrebbe anche parlato dicendo alle donne che il dono fatto era gradito agli dei (37, 5).

L’autore non se la sente di negarlo in quanto il divino non assomiglia all’umano e, se fa cose per noi impossibili, non è in contrasto con la ragione ou[te paravlogovn ejstin (38, 6).

La maggior parte delle cose divine tw'n qeivwn ta; pollav, come dice Eraclito, ci sfugge ajpistivh/, a causa della nostra incredulità (38, 7). Cfr. mutatis mutandis, l’accoglimento del mito in Livio, Curzio Rufo, Tacito, Arriano. Nessuno se la sente di negarlo del tutto.


In Tito Livio le donne si recano da Veturia, la madre di Coriolano, e da Volumnia, la moglie. Queste vanno nel campo nemico con i due figli di Coriolano il quale rimase multo obstinatior adversus lacrimas muliebres (II, 40) di cui aveva avuto l’annuncio. Ma quando le vide, si lanciò verso la madre per abbracciarla. Veturia, prima di lasciarsi abbracciare gli chiese se fosse un figlio o un nemico e se lei fosse prigioniera o madre. Coriolano si commosse, ritirò l’esercito. Alcuni invidia rei oppressum tradunt, ma apud Fabium longe antiquissimum auctorem  si legge che visse fino alla vecchiaia. Coriolano ripeteva che l’esilio è molto più doloroso nella vecchiaia.


Fabio Pittore

L’auctor longe antiquissimus è Fabio Pittore contemporaneo del Cunctator e appartenente alla stessa gens Fabia. Questo “antichissimo tra gli annalisti…accentuava il diritto (e i successi) dei Romani…non aveva più quella superiore serenità in cui è il fascino della storiografia greca classica, insomma di un Erodoto o di un Tucidide” (Mazzarino, Il pensiero storico classico, II, 104). Si tratta dell’obiettività epica di questi autori.


Fabio pittore scrisse in greco la sua opera storica, che andava dalle origini dei Romani, considerati come discendenti di Enea, sino, pare, alla fine della seconda guerra punica (il frammento più recente si riferisce alla battaglia del Trasimeno).

Della sua storia si ebbe anche una traduzione latina. Ispirandosi alle mire della politica filellenica di T. Quinzio Flaminino, Fabio  volle ribadire il concetto dell'affinità di stirpe tra Greci e Romani, dimostrare la giustizia della condotta tenuta da questi e suscitare imponente impressione della loro potenza. Per i tempi più antichi l’annalista attinse non soltanto a narrazioni storiche greche, ma anche a monumenti pubblici, a documenti famigliari e a carmi latini epici ed epico-lirici. L'esposizione relativa ai primi secoli della repubblica era più sommaria e lacunosa; quella della prima guerra punica diventava più diffusa, mettendo a profitto gli atti degli archivî e i ricordi dei vecchi, e quella della seconda era fatta come da contemporaneo.

Gli uomini romani non portarono invidia alle donne per il loro vanto –adeo sine obtrectatione gloriae alienae vivebatur- (Livio, II, 40) si viveva senza cercare di abbassare la gloria altrui, anzi  consacrarono e dedicarono un tempio alla Fortuna muliebre. 


Torniamo a Shakespeare

 Tra i Volsci, Tullo Aufidio, il loro capo, fa uccidere Coriolano. Dice: “at a few drops of women’s rheum- greco rJeu'ma, flusso-, which are-as cheap as lies, he sold the blood and labour –of our great action. Therefore shall he die,-and I’ll renew-new-nevo" me in his fall” (V, 6, 46-49), per poche gocce di lacrime di donna che sono a buon mercato come le bugie, egli ha venduto il sangue e la fatica della nostra grande impresa. Perciò morirà e io rinascerò nella sua caduta.  

Aufidio conclude dicendo che sebbene il Romano abbia riempito di lutti le donne dei Volsci, avrà un nobile monumento ( yet he shall have a noble memory, V, 6 , 154-155).


Termino la storia di Coriolano con la conclusione di Plutarco: Marzio tornò ad Anzio dai Volsci, Tullo che da tempo lo odiava e non lo sopportava per invidia misw'n pavlai kai; barunovmeno" dia; fqovnon (39, 1) tramò per farlo uccidere, sicché  i suoi seguaci lo ammazzarono. Il popolo non era d’accordo e la tomba di Coriolano venne adornata con armi e spoglie come si fa con un prode. Presto dovettero rimpiangerlo. In seguito i Volsci  combatterono contro gli Equi poi vennero sconfitti e sottomessi dai Romani in una battaglia nella quale morì Tullo.  (Vita di Coriolano,  39, 13).

Murry: “Il Coriolano è per me un dramma assai più alto del Lear , ed è-come preludio dell’Antonio e Cleopatra-sommamente significativo per intendere l’evoluzione di Shakespeare. Segna il ritorno dallo sforzo alla spontaneità, dall’artificio alla creazione, dal disumano all’umano” (p. 344).

Passeremo quindi all’Antonio e Cleopatra.

 

Bologna 29 marzo ore 18, 30

giovanni ghiselli

p. s

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