Il rancore placato dal sentimento buono della gratitudine
L’avevo incuriosita. “Perché monachello?” domandò.
“Già intorno ai dieci anni prevedevo i miei amori: se ne accorsero i miei genitori e monachello mi fecero far”.
Ifigenia non apprezzò la facezia e disse: “stai un po’ zitto, buffone!”
“Non solo un po’ replicai: ora riprendo a scrivere”.
Quell’impiastro cercò ancora di ostacolare il mio compito che le dava fastidio. Aggiunse che con me non si sentiva a suo agio e che non riusciva a capire perché stesse facendo quel viaggio in siffatta compagnia.
“Forse perché ti ho invitata. Comunque una volta sbarcati, puoi tornare indietro. Non mi devi niente. Né io a te”.
Poi la guardai con gli occhi resi meno grandi e meno buoni dalle grosse lenti da miope e aggiunsi: “Io lo faccio per prendere appunti sul mio stato d’animo e sul tuo finché ci frequentiamo, ancora per poco non temere, poi voglio andare a pregare il primo Signore di Delfi e anche il secondo.
Trova pure tu un motivo sensato per te, se ci riesci”.
L’avevo messa in difficoltà e colei per ripicca riprese a rinfacciarmi la carenza di umanità nei suoi confronti.
“Quando sono con te, mi sembra di essere una che nuota con grande fatica e ogni tanto va sotto”.
Che cosa potevo risponderle? Nulla.
Infatti ripresi a scrivere: “senti, senti: ha parlato Odisseo. Ma no, a forza di frequentare una che trasforma tutto in scene caotiche, in un guazzabuglio, confondo le parti. Una volta Ulisse ero io. Lei eri Nausicaa che mi salvò dal naufragio di una trentina di amori falliti. Ma ora chi è? Da ragazza benefica è diventata un’erinni malefica e se penserà che le convenga magari diverrà un’eumenide benevolente. Il fatto è che ha sempre la faccia nascosta dietro una maschera. Altro che occhiali!
I miei sono piccoli e coprono soltanto gli occhi. Io non vedo il suo volto da più di un anno come è veramente. Anzi, a questo punto non voglio più vederlo. Se proseguirà fino a Delfi, parlerò soltanto con gli dei che saltano sulle due cime del Parnaso, e loro per umanità mi risponderanno.
Però, andare a pregare sul sacro ombelico del mondo, poi magari pure a Olimpia, avendo nel cuore cupi rancori nei confronti della creatura amata da me quanta nessuna lo è stata, nemmeno l’Elena adolescente della primavera di Praga, neppure la dolce matura Elena finlandese che mi diede una lezione di umanità dicendo, “io non sono materia”, neanche Kaisa la bella studiosa dagli occhi di viola che mi spinse a studiare, né Päivi che mi indusse a indagare me stesso; ebbene andare in pellegrinaggio nei templi degli dèi della Grecia pieno di risentimento verso la donna che mi ha fatto sentire la gioia di vivere per ben otto mesi di questa mia vita mortale, sarebbe un sacrilegio nefando, un’offesa agli dèi generosi che me l’hanno fatta incontrare.
Senza il loro aiuto non ci sarebbero stati i baci scambiati nei boschi odorosi, le carezze sulla riva del mare, gli agoni leali nei campi sportivi durante i tramonti della primavera luminosa quando già fiammeggia la sera promettendo l’estate, non avrei gioito delle ultime nevi di fine aprile sulle montagne brillanti nel sole che rende le valli fiorite e sonore di fischi di uccelli grandi corteggiatori, di donne che cantano innamorate. Poi le lucciole presso le siepi, le rane lontane e vicine nella campagna, i versi dei grilli in una staffetta canora con le cicale del dì.
Tutto questo non è casaccio, accozzaglia, rumore, è invece bellezza, armonia, musica, arte, è destino buono e sapiente, è pensiero ed è sentimento perché sopra di noi c’è una mente infallibile e un cuore generoso che ha ordinato il mondo e sta sopra di noi. Guai non essere in sintonia con questo cosmo meraviglioso.
Bologna 23 marzo ore 21, 23
giovanni ghiselli
p. s.
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