giovedì 25 marzo 2021

La presenza degli autori classici nelle tragedie di Shakespeare. XI. Il potere è un falso bene

David Garrick come Riccardo III
visto da John Dixon, 1772.

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Shakespeare
Riccardo III e Riccardo II. Plutarco, Seneca, Euripide
un poco di inglese comparato al latino
 
L’ipocrisia e la perfidia del pincipe

Riccardo III, è “il principe che ha letto Il Principe. La politica è per lui pura pratica, un’arte il cui fine è governare. Un’arte amorale come quella di costruire i ponti o come una lezione di scherma. Le passioni umane sono argilla, e anche gli uomini sono un’argilla di cui si può fare quel che si vuole.”[1]
Riccardo viene aizzato dai suoi alleati a vendicarsi dei suoi nemici: “ But then I sigh, and, with a piece of Scripture, - Tell them that God bids us do good for evil:  And thus I clothe my naked villainy - With odd old ends stol’n forth of Holy Writ - And seem a saint, when most I play the devil” (I, 3),  ma allora io sospiro, e, con un brano della Scrittura, dico loro che Dio ci ordina di rendere bene per male: e così rivesto la mia nuda scelleratezza con occasionali vecchi scampoli della Sacra Scrittura, e sembro un santo quando più faccio il diavolo. 
Riferisco un motto di Lisandro il comandante della flotta spartana che concluse la guerra del Peloponneso sconfiggendo gli Ateniesi: egli se la rideva di quanti stimavano che i discendenti di Eracle dovessero sdegnare di vincere con il tradimento e raccomandava sempre:" o{pou ga;r hJ leonth' mh; ejfiknei'tai prosraptevon ejkei' th;n ajlwpekhvn" dove di fatto non giunge la pelle del leone, bisogna cucirle sopra quella della volpe" (Plutarco, Vita di Lisandro, 7, 6).
La perfidia plus quam punica[2] di Annibale e quella italica di Machiavelli hanno avuto dei maestri greci. 
Nel XVIII capitolo di Il Principe, Machiavelli ricorda  "come Achille e molti altri di quelli principi antichi furono dati a nutrire a Chirone centauro, che sotto la sua disciplina li costudissi". E ne deduce:"Il che non vuol dire altro, avere per precettore uno mezzo bestia et uno mezzo uomo, se non che bisogna a uno principe sapere usare l'una e l'altra natura; e l'una sanza l'altra non è durabile. Sendo dunque uno principe necessitato sapere usare la bestia, debbe di quelle pigliare la golpe et il lione; perché il lione non si difende da' lacci, la golpe non si difende da' lupi. Bisogna adunque essere golpe a conoscere e' lacci, e lione a sbigottire e' lupi. Coloro che stanno semplicemente in sul lione, non se ne intendano. Non può, per tanto, uno signore prudente né debbe osservare la fede, quando tale osservanzia li torni contro e che sono spente le cagioni che la feciono promettere".
 
La constatazione del sangue umano che scorre nella corte viene denunciata da Donalbain, un figlio del re vecchio assassinato dal  nuovo re, da Macbeth :"qui dove siamo ci sono pugnali nei sorrisi degli uomini: il vicino per sangue è il più vicino all'essere sanguinario (Macbeth 2, 3).
 
La paura del despota metus tyranni: genitivo soggettivo e oggettivo
Nell' Edipo re  di Sofocle, Creonte mette in rilievo la paura che circonda il potere assoluto il quale pertanto non dovrebbe essere desiderabile da parte di una persona ragionevole:" Considera questo anzitutto, se ti sembra che uno potrebbe/scegliere di comandare con paura (a[rceinxu;n fovboisi)  piuttosto che/riposando tranquillo, se avrà proprio lo stesso potere. /Ed io dunque né per mia natura  desidero/ essere personalmente tiranno piuttosto che fare le cose del tiranno/né chiunque altro sia in grado di ragionare" (vv. 584-589).
 
Un doppio ruolo sintetizzato bene da Creonte nell'Oedipus  di Seneca:" Qui sceptra duro saevus imperio regit,/timet timentes; metus in auctorem redit ". (vv. 703-704), chi tiene crudelmente lo scettro con dura tirannide, teme quelli che lo temono; la paura ricade su chi la incute
Nella Fedra senecana la nutrice  commenta la dira libido della regina associandola alla  sorte socialmente elevata (magnae comes fortunae, Fedra, v. 206), Viceversa una sancta Venus, parvis habitat in tectis (v. 211) ed è il medium vulgus ad avere sanos affectus (v. 212). I ricchi e i potenti regnanti sono insaziabili: plura quam fas est petunt (v. 214). La sentenza finale è: “Quod non potest vult posse qui nimium potest” (v. 215), chi è troppo potente vuole potere l’impossibile.
 
Il quarto coro commenta la morte di Ippolito  con queste parole:" Quanti casus humana rotant! Minor in parvis Fortuna furit,/leviusque ferit leviora Deus;/servat placidos obscura quies,/praebetque senes casa securos" (Fedra, vv. 1123-1127), quante cadute fanno girare le umane vicende! sugli umili la Fortuna infuria di meno, e dio più debolmente colpisce i più deboli; un'oscura tranquillità conserva gli uomini in pace e una casetta presenta vecchi tranquilli. Il fatto è che la fortuna volubile non mantiene le sue promesse a nessuno: “nec ulli praestat velox/Fortuna fidem! ”(vv. 1142.1143).
 
 
In forma meno sintetica Cicerone fa la stessa denuncia nel De officiis[3]: “Qui se metui volent, a quibus metuentur, eosdem metuant ipsi necesse est” ( II, 24), quelli che vorranno essere temuti, è inevitabile che essi stessi temano quelli dai quali saranno temuti.
 
 
Il disincanto del potere
 
Il potere è un bene apparente
Nel Riccardo II  di Shakespeare si legge che la Morte tiene la corte nella corona cava (within the hollow crown) che cinge le tempie mortali di un re e là siede beffarda schernendo il suo stato con un ghigno alla sua pompa and grinning at his pomp.
 
 Riccardo II[4] deposto da Bolingbroke che sarà Enrico IV espone “le tristi storie delle morti dei re”
For God
’sake let us sit upon the ground per amor di Dio, sediamoci sulla terra
And tell sad (–latino  satur) stories of the death of kings: e raccontiamo le tristi storie della mote dei re
How some have been deposed, some slain in war, come alcuni vennero deposti, altri  uccisi in guerra
Some haunted by the ghosts they have deposed, altri ossessionati dai fantasmi di quelli che avevano deposto
Some poisoned by their wives, some sleeping kill’d, alcuni avvelenati dalle mogli, altri assassinati nel sonno
All murdered (latino mors)  tutti morti ammazzati
 For within the hollow  crown- latino corona- greco korwvnh: corvo e coronamento
perchè dentro la vuota corona
That rounds- latino rotundus- the mortal temples (lat. tempora) of a king
Che cinge le tempie mortali di un re
Keeps death his court; and there the antic sits, latino sedēre,greco  e[zomai-
 tiene corte la morte e là si insedia  beffarda,
 Scoffing his state and grinning[5] at his pomp -  latino pompa greco pomphv  processione, corteo,  
schernendo il suo stato e ghignando alla sua pompa
Allowing- him a breath, a little scene- latino scena - greco skhnhv-,
concedendogli un breve respiro, una particina
To monarchize, be fear’d - and kill with looks,
 fare il re, incutere timore fulminare con lo sguardo-
Infusing him with self and vain conceit
riempiendolo di sé e di vuote illusioni,
As if this flesh which walls- latino vallum palizzata- about our  life
Come se questa carne che cinge di mura lo spirito
Were brass impregnable; and humour’d thus,
fosse bronzo indistruttibile; e dopo averlo compiaciuto così
Comes at the last, and with a little (pin latino- pinna penna, ala, freccia)
Viene alla fine e con un piccolo spillo
Bores (-latino. forare) - through his castle wall, and farewell king!
Perfora le mura e addio re!
Cover your heads, and mock not- latino muccare, soffiarsi il naso - flesh and blood
Copritevi le teste e non canzonate un impasto di carne e di sangue
With solemn reverence, throw away respect con solenni riverenze, gettate via rispetto latino respicio respectus
Tradition, form, and ceremonious latino  caerimonia - duty; tradizione formalità e il dovere dell’etichetta
For you have but mistook me all this while, poiché mi avere frainteso per tutto questo tempo.
I live with bread, like you; feel want, vivo di pane come voi, sento desideri
Taste - ( latino tardo  taxitare forma iterativa di taxare intensivo di tangere) - grief - latino gravis -, need friends, assaporo il dolore ho bisogno di amici.  
Subjected - latino subiectus - thus , Così asservito
How can you say to me I am a king?  (Riccardo II, III, 2, 155-177)
 
 
 
Nelle Troiane di Euripide, Ecuba constata che il polu;~ o[gko~ ,  il grande vanto degli antenati era oujdevn, niente, era un gonfiore che si è dissolto.
O grande vanto umiliato
Degli avi, come davvero eri un nulla! (vv. 108-109)
 
Bologna 25 marzo 2021 ore 10 
giovanni ghiselli

p. s.
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[1] Jan Kott, Shakespeare nostro contemporaneo, p.  42.
[2] Tito Livio, Storie,  XXI, 4.
[3] Del 44 a. C.
[4] Riccardo II Plantageneto (Bordeaux, 6 gennaio 1367Pontefract, 14 febbraio 1400) è stato re d'Inghilterra dal 1377 al 1399. La tragedia di Shakespeare è del 1595.
[5] Cfr. il gatto del Cheshire, lo stregatto che Alice vede appollaiato in cima a un albero scomparire a poco a poco cominciando dalla punta della coda, finché rimane solo un grin, una sorta di ghigno in forma di riso (Alice nel paese delle meraviglie, di Lewis Carrol, 1865). all right”, said the Cat, and this time it vanished quite slowly, beginning with the end of the tail, and ending with the grin, which remained some time after the rest of it had goneWell I’ve often seen a cat without a grin” thought Alice; “but a grin without a cat! It’s the most curious thing I evere saw in all my life!”  (capitolo VI Pig and pepper, porco e pepe). Il nonsense e la morte 

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