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mercoledì 31 marzo 2021

La presenza degli autori classici nelle tragedie di Shakespeare. XIX. Il fascino di Cleopatra. Antonio sottomesso. Medea incute paura

William Wetmore Story, Cleopatra
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Il fascino di Cleopatra. Antonio sottomesso. Medea incute paura 

Enobarbo risponde ad Antonio magnificando Cleopatra : “O, sir, you had then left unseen a wonderful piece of work, which not to have been blest withal would have discredited your travel ( Antonio e Cleopatra, I, 1,151-152),  allora avreste perduto lo spettacolo di un’opera meravigliosa e non esserne stato beatificato avrebbe screditato il vostro viaggio.
 
A proposito della tattica usata da Cleopatra per affascinare, all’inizio della terza scena del I atto, la regina dice a Carmiana: vedi dov’è e cosa fa: I did not send you: if you find him sad, say I am dancing, if in mirth (merry), report that I am sudden sick: quick and return” (I, 3, 1-5), io però non ti ho mandata. Se lo trovi triste, digli che sto danzando; se lieto, riferiscigli che mi sono improvvisamente ammalata. Presto e ritorna.
 
Antonio è soggiogato
A proposito di Eracle e Onfale, Antonio nell’andare a Roma  dopo l’annuncio della morte di Fulvia dice a Cleopatra che si lamenta per quella partenza. “I go from hence-thy soldier, servant, making peace or war-as thou affect’ st  (I, 3, 69-71) me ne vado di qui, come vostro soldato, servo, per fare pace o guerra, secondo la tua disposizione.
Allora la regina d’Egitto dice a Carmiana: “ cut my lace, Charmian, taglia i miei nodi, come se stesse male, poi però la ferma (But let it be) dicendo : I  am quickly ill and well; So Antony loves ( I, 3, 71-73) io passo in fretta dallo stare male allo stare bene, così Antonio ama
 
E’ il topos della fede degli amanti non più reale dell’araba fenice
 
Vediamo un breve excursus
I giuramenti d'amore non sono credibili.
 L'inaffidabilità riguarda tanto gli uomini quanto le donne.  
Lo afferma pure Sofocle in un  frammento (811 Pearson):" o{rkon d j ejgw; gunaiko;" eij"  u{dwr gravfw", giuramento di donna io lo scrivo sull'acqua.
 
E se tali solenni promesse penetrano da qualche parte, certo non dentro gli orecchi degli immortali, sostiene Callimaco in un epigramma:" ajlla; levgousin ajlhqeva, tou;" ejn e[rwti-oJvrkou" mh; duvnein ou[at& ej" ajqanavtwn" (A. P.  V 6), ma dicono il vero che i giuramenti in amore non entrano negli orecchi degli immortali. 
 
 Ovidio echeggia questo motivo, sia per quanto riguarda Arianna tradita e la scarsa tenuta della parola dei maschi, sia per la non credibilità della femmina umana che è una creatura varia e sempre mutevole,"varium et mutabile semper/femina ", come  aveva già detto Virgilio [1].
 
L'Arianna dei Fasti[2] toglie fiducia a tutti gli uomini:"dicebam, memini, " periure et perfide Theseu" :/ille abiit; eadem crimina Bacchus habet : /nunc quoque "nullo viro" clamabo " femina credat " (Fasti , III, 475-477, dicevo, ricordo, "Teseo spergiuro e traditore": / quello è andato via; Bacco commette lo stesso delitto:/ anche ora esclamerò:"nessuna donna si fidi più di un uomo".
 
Per quanto riguarda l'instabilità e l'inaffidabilità delle giovani donne, il poeta  di Sulmona negli Amores è più comprensivo: il tradimento infatti non sciupa la bellezza e perfino gli dèi lo concedono:" Esse deos credamne? Fidem iurata fefellit,/et facies illi quae fuit ante manet (...) Longa decensque fuit: longa decensque manet./Argutos habuit: radiant ut sidus ocelli,/per quos mentita est perfida saepe mihi./Scilicet aeterni falsum iurare puellis/di quoque concedunt, formaque numen habet " (Amores , III, 3, 1-2 e 8-12), devo credere che ci sono gli dèi? Ha tradito la parola data,/eppure le rimane l'aspetto che aveva prima...Era alta e ben fatta; alta e ben fatta rimane./Aveva gli occhi espressivi: brillano come stelle gli occhi,/con i quali spesso la perfida mi ha ingannato./Certo anche gli dèi eterni permettono alle ragazze/di giurare il falso, e la bellezza ha una potenza divina.
 
 Ovidio conclude dicendo che dio è un nome senza sostanza, oppure, se esiste, ama le belle fanciulle e certamente ordina che solo loro abbiano tutto il potere:"si quis deus est, teneras amat ille puellas:/nimirum solas omnia posse iubet " (Amores , III, 3, 25-26).
 
 Tutto il potere alle donne dunque.
La donna imperiosa (Fulvia) o tremenda (Medea) e l’uomo sottomesso (Antonio) o spaventato (Creonte re di Corinto)
Plutarco scrive che Antonio in seguito alla limitazione che Cesare imponeva ai suoi modi rozzi e alla sua dissolutezza,  si indirizzò al matrimonio e sposò Fulvia: un tipo di donna che non pensava  a filare la lana né a curare la casa ma a governare i governanti e comandare i comandanti –   ajll j a[rconto" a[rcein kai; strategou`nto" strathgei`n” (Plutarco, Vita, 10, 5)
l’Antonio di Shakespeare riferendosi a Fulvia dice a Ottaviano the third of the world is yours, il terzo del mondo è vostro e potreste guidarlo facilmente with a snaffle con un morso come un cavallo, but not such a wife (II, 2, 67-68), ma non una tale moglie. Quindi per scusarsi della guerra di Perugia (II, 2, 98-99)  aggiunge: “Truth is that Fulvia-to have me out of Egypt, made wars here”, è vero che Fulvia per farmi tronare dall’Egitto suscitò una guerra qui.
Fulvia lo dominò al punto che Cleopatra le fu debitrice delle lezioni di   sottomissione di Antonio al potere femminile (th`"   jAntwnivou gunaikokrasiva"- . Infatti quando finì in pugno a Cleopatra quell'uomo era già stato domato del tutto  e ammaestrato a obbedire alle donne. (Plutarco, Vita di Antonio,  10, 6-7).
Fulvia sposò Clodio ucciso da Milone nel 52, poi Curione morto in Africa nel 49, poi Antonio. Contribuì a scatenare la guerra di Perugia 42-40. Morì nel 40.
Nelle prime battute dell’Antonio e Cleopatra  la regina rinfaccia al triumviro di essere vassallo homager  del collega Ottaviano  e sottomesso ai rimproveri della linguacciuta (shrill-tongued)  petulante Fulvia  che si permette di sgridarlo (scold) facendolo arrossire  (I, 1, 31-32).
 
Fulvia insomma è il tipo della donna deinhv, tremenda come la nutrice di Medea qualifica la donna abbandonata da Giasone e così la descrive:
“Temo di lei che progetti qualcosa di inaudito;
infatti violento è il suo animo, e non tollererà di subire
l'oltraggio: io la conosco, e ho paura di lei
che affilata spinga la spada nel fegato,
salita in silenzio alla casa dove è steso il letto,
o pure che ammazzi il tiranno e quello che ha preso moglie
e quindi si tiri addosso una sventura più grande. 
Siccome è tremenda (deinh; gavr) : nessuno certo che abbia stretto
 odio con lei, intonerà facilmente il canto della vittoria” (Euripide, Medea, 39-45)
 
   Sentiamo ora, nella stessa tragedia,  Creonte il re prossimo suocero di Giasone che ha paura di Medea,  vuole cacciarla e le dice:
“A te che sei torva e infuriata con lo sposo,
Medea, ho detto che devi andare fuori da questa terra
esule, dopo avere preso con te i due figli,
e di non indugiare neanche un poco kai; mhv ti mevllein: poiché io sono l'arbitro di questa
sentenza, e non  tornerò indietro nella reggia
prima di averti cacciata fuori dai confini della regione. (271- 277)
 
Medea prova a impietosirlo mentre ha gà approntato un piano per ucciderlo con la figlia
“Ahimé disgraziata, completamente distrutta vado in rovina;
i nemici infatti allentano ogni gomena,
e non c'è un approdo accessibile fuori dalla sciagura.
Pur oppressa dalla sventura-kai; kakw`" pavscous j-, in ogni modo ti farò una domanda:
perché mi mandi via da questa terra, Creonte?  (278-281)
 
Creonte risponde:
“Ho paura di te-devdoikav s j-, non c'è nessun bisogno di parlare copertamente,
che tu faccia a mia figlia un immedicabile male.
Molte indicazioni contribuiscono a questo timore:
tu sei per natura sapiente ed esperta di molti malefici,
-sofh; pevfuka" kai; kakw`n pollw`n i[dri"-
e per giunta sei in pena perché privata del letto dell'uomo
luph`/ de; levktrwn ajndro;" ejsterhmevnh .
Poi sento dire che tu minacci, a quanto mi riferiscono,
di fare qualcosa di male a chi ha dato , a chi ha preso la sposa
e alla sposata. Pertanto io prima di subire questi danni mi metterò in guardia.
E' meglio per me ora divenire odioso a te, donna,
che piangere dopo avere agito fiaccamente (282-291).
 
Anche il Creonte della Medea di Seneca  vorrebbe liberare se stesso e la sua terra dal terrore di Medea: “cui parcet illa quemve securum sinet?” (v. 182), chi risparmierà colei e chi lascerà senza timore?
Quindi: “ Concessa vita est, liberet fines metu” (185) le ho concesso la vita ma liberi questa terra dalla paura.
Medea si avvicina e l’uomo spaventato odina:
arcete, famuli, tactu et arcessu procul,
iubete sileat” (187-188), tenetela a distanza servi impeditele di toccarmi e di avvicinarsi, ingiungetele di tacere
Ma la donna tremenda si avvicina e Creonte le fa: “vade veloci via-mostrumque saevum horribilem iamdudum avehe” ( 190-191), vattene via di corsa e  porta via senza indugio il mostro feroce e orrendo che sei!
 
 
Bologna 31 marzo 2021 ore 11, 31 
giovanni ghiselli

p. s.
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[1]Eneide , IV, 569-570. 
[2] Un calendario in distici composto fra il tre e l'otto d. C. quando fu interrotto, dall'esilio, al sesto libro di dodici che dovevano essere. Dovevano illustrare  gli antichi miti e costumi latini.

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