Versione definitiva del percorso che presenterò online
sabato 27 marzo a partire dalle 11
Tempo e Bellezza - Tempo educato dai Tempi,
Bellezza che forma il Tempo”.
La conferenza si terrà online in data 27 marzo 2021, ore
11.00–12.30.
La
giovinezza come tempo della bellezza
La
giovinezza corrisponde all’unica felicità possibile nella vita umana secondo
alcuni poeti.
Sentiamo Mimnermo (VII-VI
secolo):
"Quale
vita (bivo~), quale piacere (terpnovn), senza l'aurea Afrodite?
Vorrei
essere morto, una volta che non mi importi più di questi beni,
l'amore
furtivo e i dolci doni e il letto (eujnhv[1]):
che sono i
soli fiori fugaci di giovinezza
per gli
uomini e per le donne; poi quando sia giunta penosa
la vecchiaia
che rende l'uomo turpe (aijscrovn) e insieme cattivo (kakovn),
sempre
cattivi affanni (kakai; mevrimnai) lo consumano nell'animo,
e non prova
piacere neppure alla vista dei raggi del sole,
ma è
odioso (ejcqrov~) ai ragazzi, spregevole (ajtivmasto~) per le donne;
così penosa rese
la vecchiaia un dio". (distici elegiaci)
Euripide
Viceversa,
òa giovinezza (aj neovta") è bellissima tanto nella prosperità quanto nella
povertà: “a{ kallivsta me;n ejn o[lbw/ - kallivsta d j ejn peniva/”, cantano i vecchi coreuti nell’Eracle di
Euripide (secondo stasimo, vv. 647 - 648) .
E poco più
avanti: “Se gli dèi avessero intelligenza e sapienza (xuvnesi" -
kai; sofiva) secondo i criteri umani
donerebbero una doppia giovinezza (divdumon h{ban) come segno evidente di virtù a
quanti la posseggono, ed essi, una volta morti, di nuovo nella luce del sole (eij"
aujga" pavlin aJlivou), percorrerebbero una seconda corsa, mentre la gente ignobile avrebbe una
sola possibilità di vita (Euripide, Eracle, vv.661 - 669).
L’età
giovanile può essere caratterizzata dall’incoscienza pure fino all’animalità ma
la carenza di logica non inficia la bellezza né la letizia del giovane: La
baccante è lieta come puledra che, insieme con la madre al pascolo, muove a
salti l'agile piede "hJdomevna d j a[ra, pw'lo" o{pw" a{ma
matevri - forbavdi, kw'lon a[gei tacuvpoun skirthvmati" (Euripide, Baccanti,
parodo vv.166 - 167);
Secondo Marziale,
una volta passata la giovinezza, la persona buona, priva di rimorsi, può godere
del frutto del suo passato e accrescere lo spazio della propria esistenza: “ampliat
aetatis spatium sibi vir bonus: hoc est/vivere bis, vita posse priore frui”
(X 23, 7 - 8). C’è un nesso tra l’uomo buono e l’ampiezza della parte bella
vita, tra bellezza e bontà.
Leopardi considera
i Greci “intendentissimi del bello”[2], ed
evidenzia il fatto che la bellezza è associata alla bontà nella kalokajgaqiva greca.
Quello dei
Greci era : “un popolo che, eziandio nella lingua, faceva pochissima differenza
dal buono al bello” (Leopardi, Operette morali, Detti
memorabili di Filippo Ottonieri ).
La bellezza
è comunque molto spesso associata al tempo della prima gioventù. I parti
possono sciuparla
Il parto può
causare una perdita di bellezza: nell’Hercules Oetaeus pseudosenecano,
Deianira, vedendo la fulgida bellezza della giovanissima Iole, lamenta
l’oscurarsi della propria con queste parole: “Quidquid in nobis fuit olim
petitum, cecidit et partu labat” (vv. 388 - 389), tutto quello che una
volta in noi era desiderato, è caduto e con il parto vacilla.
Le matrone
romane potevano arrivare a vergognarsi di avere partorito e allattato i figli
poiché dopo non potevano più essere eccitanti con un bel seno. Lo ricavo
da Properzio che esorta l'amante alla rixa amorosa
nella luce:"necdum inclinatae prohibent te ludere mammae:/viderit haec,
si quam iam peperisse pudet " (II, 15, 20 - 21), non ancora le
mammelle cadenti ti impediscono tali giochi: badi a questo una se si vergogna
di avere già partorito.
La vecchiaia
sciupa la bellezza pesando come un macigno sulla vita dell’uomo
Nel secondo
stasimo dell’Eracle di Euripide già citato sopra, c’è un
biasimo vecchiaia che grava sul capo dei vecchi compagni d'armi di Anfitrione
come un carico più pesante delle rupi dell'Etna ("to; de;
gh'ra" a[cqo" - baruvteron Ai[tna" skopevlwn - ejpi; krati;
kei'tai" (Eracle,
vv. 638 - 640).
Callimaco
vorrebbe spogliarsi della vecchiaia che gli pesa addosso quanto l’isola
tricuspide sul maledetto Encelado[3] (Aitia fr.
1, vv. 35 - 36).
Tempo e
Bellezza II
L’orrore
della vecchiaia
Sofocle
Il Terzo
stasimo dell’ Edipo a Colono (1211 - 1248 ) è il canto della
sapienza silenica.
Una vita
troppo lunga che supera il limite non è desiderabile. Il tempo della vecchiaia
cancella ogni bene.
Sofocle nel
suo ultimo dramma fa cantare al coro:
M¾ fànai tÕn ¤panta ni
k´ lÒgon· tÕ d', ™peˆ fanÍ,
bÁnai ke‹qen Óqen per ¼ -
kei, polÝ deÚteron, æj t£cista.
`Wj eât' ¨n tÕ nšon parÍ
koÚfaj ¢frosÚnaj fšron,
t…j pl£gcqh polÝ mÒcqoj œ -
xw; t…j oÙ kam£twn œni;
fÒnoi, st£seij, œrij, m£cai
kaˆ fqÒnoj· tÒ te kat£mempton ™pilšlogce
pÚmaton ¢kratj ¢prosÒmilon
gÁraj ¥filon, †na prÒpanta
kak¦ kakîn xunoike‹”
Non essere
nati supera/ tutte le condizioni, poi, una volta apparsi,/ tornare al più
presto là/ donde si venne,/ è certo il secondo bene./ Poiché quando uno ha
oltrepassato la gioventù/ che porta follie leggere, /quale travagliosa disfatta
resta fuori?/ Quale degli affanni non c'è?/uccisioni, discordie, contesa,
battaglie,/ e invidia; e sopraggiunge estrema/ la spregiata vecchiaia
impotente,/ asociale, priva di amici /dove convivono tutti i mali dei
mali"(vv.1224 - 1238).
Per quanto
riguarda l’estremo male costituito dalla vecchiaia, Leopardi nel
canto Il tramonto della luna (1836) scrive:
“D’intelletti
immortali
Degno
trovato, estremo
Di tutti i
mali, ritrovar gli eterni
La
vecchiezza, ove fosse
Incolume il
desio, la speme estinta,
secche le
fonti del piacer, le pene
maggiori
sempre, e non più dato il bene” (vv. 44 - 50)
Viceversa:
la bellezza della vecchiaia
Creare
bellezza nella vecchiaia
Nell'Eracle , Euripide attraverso
"il cantuccio" del coro fa questa sua dichiarazione d'amore alla
bellezza e alla poesia:"non cesserò mai di unire le Grazie alle Muse,
dolcissimo connubio - ouj pauvsomai ta;" Cavrita" - tai'"
Mouvsai" sugkatameignuv", hjdivstan suzugivan - . Che io non viva senza la Poesia ma
sia sempre tra le corone - mh; zw/hn met j ajmousiva", aijei; d j ejn
stefavnoisin ei[hn - . Ancora
vecchio l'aedo fa risuonare la Memoria"(vv. 673 - 679).
Svevo: la
libertà che ci dona la vecchiaia quando non si deve dimostrare più niente a
nessuno e si è liberi
Nel
racconto Corto viaggio sentimentale, Svevo rappresenta un
uomo anziano, il signor Aghios, che pensa alla libertà negata dal matrimonio: "Venticinque
anni prima il signor Aghios s'era scelta la consorte. Quale gioia quando,
vincendo ogni difficoltà, egli era arrivato a dirla sua, trovando naturale che,
in compenso, egli appartenesse a lei. Egli era stato felicissimo. Oh! tanto!
Nella grande libertà del viaggio egli tuttavia pensò che se venticinque anni
prima, invece che sentire il bisogno di sposarsi, egli avesse sentito l'istinto
del malfattore e l'avesse soddisfatto con un omicidio, certo a quest'ora, a
forza di amnistie, egli sarebbe stato del tutto libero, magari di
viaggiare"[4].
Il
protagonista di Senilità, Emilio Brentani, è un trentacinquenne
dall'anima stanca, mentre la vecchiaia anagrafica di altri personaggi è, come
nota Magris in L'anello di Clarisse (p.198):" libertà
dall'obbligo di attestare a se stessi e agli altri il proprio valore, la
propria capacità e vitalità".
Tempo e Bellezza. Terza parte
Bellezza nel
tempo della morte
Morire nella
bellezza è cosa migliore che vivere nella bruttezza
Soltanto
nella bellezza si può tollerare il dolore di vivere,
afferma
Polissena quando antepone una morte dignitosa a
una vita
senza onore: to; ga;r zh'n mh; kalw'~ mevga~ povno~, ( Euripide, Ecuba ,
v. 378),
vivere senza bellezza è un grande tormento".
Il coro
commenta queste parole dicendo che nascere da
persone
nobili lascia un forte e chiaro segno - carakthvr - , ma il
nome della
nobiltà diventa più grande per chi se ne fa degno
(380 - 381)
Nelle Troiane di
Euripide Cassandra sostiene che deve evitare la guerra chi ha senno, ma se si
giunge a farla, una corona non vergognosa è morire nella bellezza (kalw`~
ojlevsqai, v. 402)
per la città.
Il kalovn giustifica esteticamente tanto la
vita quanto la morte
Il culto
della bellezza nella vita e nella morte non manca in Sofocle: Antigone
dice a Ismene: ma lascia che io e la pazzia che spira da me/soffriamo
questa prova tremenda: io non soffrirò/nulla di così grave da non morire
nobilmente"peivsomai ga;r ouj - tosou`ton oujden w{ste mh; ouj
kalw`~ qanei`n ( Antigone, vv.
95 - 97).
L’
Aiace di Sofocle manifesta al corifeo il proprio proposito suicida ( Aiace,
vv.479 - 480):"ajll j h] kalw'" zh'n h] kalw'" teqnhkevnai/
to;n eujgenh' crhv" ma il nobile deve o vivere con
stile, o con stile morire.
Nell’Alcesti di
Euripide un’ancella racconta la cura che si prese dell’ordine e della bellezza
del proprio corpo la regina morente
"Quando
si accorse che il giorno fatale
era giunto,
ha lavato il corpo candido con acque
correnti, e
dopo avere tirato fuori dalle casse di cedro
un vestito e
gli ornamenti - ejsqh`ta kovsmon t j, si preparò convenientemente eujprepw`"
hjskhvsato,
poi stando
in piedi davanti alla dèa del focolare pregò"(158 - 162).
Alcesti non
ha perduto fiducia negli dèi, né il rispetto di se stessa, della popria
bellezza, nemmeno in punto di morte.
"Poi si
è accostata a tutti gli altari che sono nella casa
di Admeto,
li ha incoronati e ha pregato
staccando il
fogliame dai ramoscelli di mirto,
senza
lacrime (a[klauto~), senza
gemiti (ajstevnakto~), né
l'imminente
disgrazia
cambiava la bella natura del suo incarnato"(170 - 174).
La bellezza
e la dignità della morte vengono anteposte alla degradazione della vita da
Cleopatra, l'ultima dei Tolomei: lo capisce Carmione la quale risponde con il
suo ultimo fiato al soldato che, vedendo il cadavere della regina, le ha
domandato : "kala; tau'ta Cavrmion ;" è bello questo?. Ebbene l'ancella e
amica di Cleopatra replica "kavllista me;n ou\n kai; prevponta
th'/ tosouvtwn ajpogovnw/ basilevwn" (Plutarco, Vita di Antonio, 85, 8),
è bellissimo e si confà a una donna che discende da re tanto grandi.
Lo stesso
personaggio (Charmian) dell'Antonio e Cleopatra di Shakespeare,
all'ottuso guardiano (First Guard) che le ha posto la medesima domanda
retorica (Charmian, is this well done?) , ribatte: "It is
well done, and fitting for a princess - Descended of so many royal kings. Ah,
soldier! (V, 2, 324 - 327)", è ben fatto e adatto a una sovrana
discesa da tanti nobili re. Ah soldato!
Tempo e Bellezza. Quarta parte
Euripide, Ovidio, Seneca, O. Wilde
Bellezza e
virtù. Il tempo della bellezza è fugace. La virtù dura più a lungo
"Non
certo per i miei farmaci[5] ti odia lo sposo/ ma per il fatto che
non sei adatta a vivere con lui./E' un filtro amoroso anche questo: non la
bellezza, o donna,/ ma le virtù danno gioia ai nostri compagni di letto."
(ouj to; kavllo", w\ guvnai - ajll j ajretai; tevrpousi tou;"
xuneunevta" Euripide, Andromaca,
vv. 205 - 208 ).
Lo stesso
consiglio dà Ovidio nei Medicamina faciei (1 d. C.)
: l'aspetto piace se anche il carattere è attraente (ingenio facies
conciliante placet, v. 44), sicché il poeta raccomanda la tutela
morum (v. 43), la cura del comportamento:"Certus amor morum
est, formam populabitur aetas,/ et placitus rugis vultus aratus erit "
(45 - 46), sicuro è l'amore del costume, la bellezza verrà devastata dall'età,
e il volto piacente sarà solcato da rughe.
Nella Fedra di Seneca il
secondo coro ricorda a Ippolito la precarietà della bellezza, un bene grande ma
effimero: "Anceps forma bonum mortalibus,/exigui donum breve
temporis,/ut velox celeri pede labĕris!/Non sic prata novo vere
decentia/aestatis calidae despoliat vapor(…) ut fulgor, teneris qui radiat
genis,/momento rapitur, nullaque non dies/formosi spolium corporis
abstulit./Res est forma fugax: qui sapiens bono/confīdat fragili? Dum licet,
utĕre./Tempus te tacitum subrǔet, horaque/semper praeteritā deterior subit"
(vv. 761 - 765 e 770 - 776), la bellezza è un bene bifronte per i mortali,
breve dono di un tempo corto, come scivoli via con piede veloce! Non così l'afa
della torrida estate spoglia i prati dai bei colori all'inizio della primavera
(…) come il fulgore che splende nelle tenere guance viene rapito in un attimo,
e non c'è giorno che non abbia tolto qualche spoglia a un bel corpo. La
bellezza è roba fugace: quale saggio potrebbe fidarsi di un bene fragile?
Finché è possibile fanne uso. Il tempo ti demolirà in silenzio, e subentra
sempre un'ora più brutta di quella passata.
Lord
Henry elogia la bellezza del giovane Dorian Gray: "Avete un viso
meraviglioso, Gray. Non abbiatevene a male. E’ così. E la bellezza è una specie
di genio - in verità più grande del genio, perché non ha bisogno di
spiegazione. E' una delle cose grandi del mondo, come la luce solare, o la
primavera, o il riflesso nell'acqua cupa di quella conchiglia d'argento che
chiamiamo luna. Non è una cosa che si possa discutere. Ha un divino diritto
alla regalità. Quelli che la possiedono sono prìncipi"[6].
Segue però la
deplorazione della caducità di ogni bellezza" Sì, gli dèi furono benigni
con voi, Gray. Ma gli dèi, dopo breve tempo rivogliono i loro doni. Avete
soltanto pochi anni per vivere veramente. Quando la vostra gioventù se ne sarà
andata, avrete perduto anche la vostra bellezza, e vi renderete conto d'un
tratto che non ci sono più vittorie per voi (...) Perché la vostra gioventù
durerà un tempo così breve - così breve! Gli umili fiori di prato avvizziscono,
ma rifioriranno ancora. Quest'altro giugno l'acacia sarà d'oro, come è ora
(...) Ma noi non torniamo mai alla nostra giovinezza. L'onda di gioia che pulsa
in noi a vent'anni, si fa tarda. Le membra non ci ubbidiscono più, i sensi si
consumano. Diventiamo ripugnanti fantocci, perseguitati dal ricordo delle passioni
di cui abbiamo avuto timore e delle squisite tentazioni alle quali non avemmo
il coraggio di cedere. Gioventù! Gioventù! Non c'è nulla al mondo che valga la
giovinezza!" ( p. 32).
In Narciso
e Boccadoro di H. Hesse, il navigato e scaltrito vagabondo Vittore
dice a Boccadoro ancora molto giovane e bello: “ vedi, piccolo Boccadoro, a te
può darsi che vada bene, sei giovane, bello e hai un aspetto così innocente,
che è un ottimo biglietto d’alloggio. Piaci alle donne, e gli uomini pensano:
“o Dio, costui è innocuo, costui non fa male a nessuno!”
Ma guarda,
fratellino, che si diventa vecchi, che sulla faccia da bambino cresce la barba
e si formano le rughe, che i pantaloni si lacerano, e all’improvviso ci si
accorge di essere ospiti brutti e sgraditi, e invece della giovinezza e
dell’innocenza non parla più dagli occhi che la fame: allora uno deve essersi
indurito ed avere imparato qualcosa dal mondo, altrimenti ben presto giace sul
letamaio e i cani gli orinano addosso”. (Capitolo IX)
Tempo e Bellezza. Quinta parte
Difese del
tempo della vecchiaia. Il beneficio del tempo. Solone, Euripide, Aristofane,
Cicerone, Leopardi
I versi
forse più famosi di Solone sono quelli con i quali il legislatore ateniese
replica a Mimnermo, il quale aveva auspicato che a sessant'anni lo cogliesse il
destino di morte, senza malattie e affanni dolorosi (fr. 6 D.).
Ebbene il
Solone insorge "contro la raffinata stanchezza pessimistica che vuol già
fare punto a sessant'anni"[7], e risponde:
"Ma se
ora finalmente vuoi darmi retta, togli questo verso,/
e non
essere invidioso, per il fatto che ho pensato meglio di te,/
e cambialo,
arguto cantore, e canta così:
ottantenne
mi colga il destino di morte.
Né
incompianta mi giunga la morte, ma ai cari
io
lasci morendo dolori e gemiti.
Invecchio
imparando sempre molte cose" (ghravskw d j aijei; polla;
didaskovmeno") fr.22 D.
La vecchiaia
può essere anche piacevole e sana
Nell’Alcesti di
Euripide, Ferete, il padre di Admeto, rimprovera il figlio che gli ha
rinfacciato di non avere voluto morire per lui, lasciando che lo facesse la
giovane moglie. Sentiamolo:
“caivrei" oJrw`n
fw`" patevra d j ouj caivrein dokei`";
h\ me;n polu;n ge to;n kavtw lovgizomai
crovnon, to; de; zh`n smikrovn ajll j o{mw" glukuv (691 - 693),
tu godi nel vedere la luce; credi che il padre non ne
goda?
Certo considero lungo il tempo di laggiù,
e quello di vivere breve, ma dolce tuttavia.
Nelle Rane
di Aristofane: "govnu pavlletai gerovntwn" (v.345), il ginocchio dei
vecchi balza. Infatti questi sono gli iniziati, oiJ
memuhmevnoi(vvv.158 e
v.318), distinti dai peccatori la cui vita è schifosa sempre e dovunque. La
vecchiaia non è pesante per quelli dalla vita ben vissuta.
Cicerone nel De
senectute (del 44 a. C.) compone l'elogio più articolato della
vecchiaia, facendo dire a Catone ottantatreenne: "in moribus est culpa,
non in aetate "(3), il difetto sta nei costumi, non nell'età; e
la pena deriva dai sensi di colpa dovuti a una vita mal vissuta:"quia
coscientia bene actae vitae multorumque benefactorum recordatio iucundissima
est "(3), poiché la coscienza di una vita impiegata bene e il
ricordo di molte buone azioni fatte sono fonti di dolcissima gioia.
Vengono
portati esempi di vecchiaie vigorose e produttive: Platone che morì a
ottant'anni "scribens ", scrivendo ancora, Isocrate che a
novantatré anni compose il Panatenaico, poi visse altri cinque
anni, quindi viene ricordato il suo maestro Gorgia che compì centosette anni,
studiando e lavorando, tanto che disse:"Nihil habeo quod accusem
senectutem "(5) non ho niente da rimproverare alla vecchiaia.
Insomma,
secondo Cicerone, c'è una montatura negativa nei confronti della senectus.
Gli indebolimenti, almeno quelli mentali, sono dovuti alla mancanza di
esercizio. "At memoria minuitur", ma la memoria diminuisce;
ebbene a questa obiezione - luogo comune degli imbecilli, l'autore risponde: "credo,
nisi eam exerceas, aut etiam si sis natura tardior ", lo credo,
se non la si esercita, o anche se sei piuttosto stupido di natura.
L’Arpinate
fa anche l'esempio di Sofocle che"ad summam senectutem tragoedias
fecit ", compose tragedie fino alla vecchiaia estrema, e anzi si
difese dall'accusa di demenza senile contestatagli da un figlio che voleva
venisse interdetto, leggendo l'Edipo a Colono scritta da poco, ai
giudici che naturalmente lo assolsero a pieni voti (7).
Poco più
avanti (8) il De senectute ricorda anche Solone "qui se
cotidie aliquid addiscentem dicit senem fieri", che dice di diventare
vecchio imparando ogni giorno qualche cosa di più; non solo, ma a Pisistrato
che gli domandò in che cosa confidasse per opporsi a lui con tanta audacia, il
vecchio legislatore rispose "senectute ", nella vecchiaia
(20).
I piaceri
che scemano poi sono quelli volgari del corpo: “epularum aut ludorum aut
scortorum voluptates” , dei banchetti o dei giochi o delle prostitute
(14) certo non paragonabili a quelli dello spirito che invece crescono. Quanto
alle solite accuse rivolte ai vecchi che sarebbero bisbetici (morosi ),
ansiosi (anxii), iracundi , difficiles, avari,
questi sono difetti dei caratteri, non della vecchiaia:"sed haec morum
vitia sunt, non senectutis "(18).
Una calunnia
conto i vecchi si trova nella Retorica (1389b)
Aristotele il quale sparlando, a proposito e a sproposito dei vecchi, dice
che sono fivlautoi ma'llon h] dei', egoisti più del dovuto e che
questa è una forma di mikroyuciva, meschinità: kai; pro;~ to; sumfevron zw'sin,
ajll j ouj pro;~ to; kalovn, vivono per l’utile e non per il bello, proprio
per il fatto che sono egoisti: l’utile infatti è un bene individuale, mentre il
bello è un bene assoluto (to; de; kalo;n aJplw'~).
Nel campo
della commedia, continua Cicerone, basta guardare i due fratelli degli Adelphoe
di Terenzio:"quanta in altero diritas, in altero comitas! ",
quanta durezza nell'uno (Demea), dolcezza nell'altro (Micione)! Anche la
vicinanza della morte non è terrificante, infatti"omnia quae secundum
naturam fiunt sunt habenda in bonis", tutto quello che avviene secondo
natura deve essere considerato tra i beni (19).
E noi
uomini:"in hoc sumus sapientes, quod naturam optimam ducem tamquam deum
sequimur eique paremus ", in questo siamo saggi che seguiamo la
natura ottima guida come un dio, e le obbediamo, aveva già detto il personaggio
Catone nel prologo del De senectute (2).
J. Hilman è
d’accordo con Cicerone: “I fatti dimostrano che, invecchiando, io rivelo più
carattere, non più morte”[8].
Leopardi
associa alla corruzione il disprezzo subito dai vecchi.
Cfr.
anche Leopardi, Zibaldone (3520 - 3521):"Quando il
genere umano era appresso a poco incorrotto, o certo proclive ed abituato
generalmente alla virtù (...) allora i vecchi, come più ricchi d'esperienza e
più saggi, erano più venerabili e venerati, più stimabili e stimati, ed anche
in molte parti più utili ai loro simili e compagni ed al corpo della società,
che non i giovani e quelli dell'altre età".
Il tempo che
porta invecchiamento è pure il migliore dei maestri.
Prometeo
giunge a dire: “con parola schietta (lovgw/ aJplw`/) odio tutti gli dèi/quanti,
dopo avere ricevuto del bene, mi maltrattano ingiustamente”(vv. 975 - 976). E
confida nel tempo che invecchiando insegna proprio tutto (“ajll j
ejkdidavskei pavnq j oJ
ghravskwn crovno" "
(Prometeo incatenato, v. 981).
Questo verso
traspone il notissimo pentametro di Solone ("invecchio imparando sempre
molte cose”) in termini cosmici.
L’attesa del
beneficio del tempo è topica.
Nel De
ira Seneca consiglia di prendere tempo per combattere la tendenza
a questa forma di brevis insania :"Dandum semper est
tempus: veritatem dies aperit " (II, 22), bisogna sempre
concedersi del tempo: i giorni svelano la verità. E ancora: "Maximum
remedium irae mora est" (II, 29), massimo rimedio dell'ira è il
differire.
Quindi: “Si
vis vincere iram, non potest te illa. Incipis vincere, si absconditur, si illi
exitus non datur. Signa illius obruamus et illam quantum fieri potest occultam
secretamque teneamus” (III, 13)
Prendere
tempo è funzionale allo sbollimento dell’ira.
Il tempo dell’intervallo
scolastico è funzionale all’apprendimento, ci ricorda Quintiliano.
E' comunque
necessario concedere qualche intervallo a tutti:"Danda est tamen
omnibus aliqua remissio"[9].
Il tempo
rivela l’uomo giusto
Nell’ Edipo
re di Sofocle, Creonte afferma che il tempo rivela l’uomo giusto ( crovno"
divkaion a[ndra deivknusin, v. 614). Quindi il Coro dei vecchi tebani lo approva:" Ha detto
bene per chi si guarda dal cadere signore/: infatti i veloci a capire non sono
sicuri" (fronei`n ga;r oij tacei`" oujk ajsfalei`" vv. 616 - 617).
Il tempo
come rivelatore viene invocato pure da Cordelia, la figlia buona di Re
Lear: "Time shall unfold what plaited[10] cunning
hides", il tempo spiegherà ciò che l' attorcigliata astuzia nasconde
(I, 1).
Altrettanto in La
tragedia spagnola [11] dove
Isabella, la moglie di Hieronimo (quello che "è pazzo di nuovo"[12] ),
dice al marito:"l'assassinio non può essere nascosto: il tempo è autore
insieme della verità e della giustizia, e il tempo porterà alla luce questo
tradimento" (II, 6).
Bologna 19
marzo 2021.
giovanni
ghiselli
[1] Cfr. Euripide Medea e Alcesti dove
è il mobile più importante della casa.
[2] Zibaldone 2546
[3] Pindaro (Pitica I, 15 - 28)
ed Eschilo (Prometeo incatenato 351 - 372) indicano Tifone quale
gigante ribelle sepolto sotto l’Etna
[4]In Italo Svevo, I Racconti, Rizzoli,
Milano, 1988, p.438.
[5] Con i favrmaka (v.205) e il fivltron (v.
207) Andromaca allude ai filtri e alle droghe delle maghe del mito e della
letteratura: Circe, Calipso, Medea.
[6] Il ritratto di Dorian Gray (del
1891) , in O. Wilde, Opere , p. 31.
[7] JaegerPaideia , I vol.,
p.279
[8] La forza del carattere, p. 27.
[9] Quintiliano, Inst., I,
3, 8.
[10] L'astuzia è , come l'incesto,
contorta.
[11] di Thomas Kyd (del 1585)
[12] Hieronymo's mad again (
T. S. Eliot, The waste land, v. 437)
lieliaYgram_fuNorth Las Vegas Nina Taglienti https://marketplace.visualstudio.com/items?itemName=5sulliacahe.Descargar-Guns-Undarkness-gratuita-2021
RispondiEliminadiepesuju
YterpfasXstelgi Cindy Lucas https://colab.research.google.com/drive/1z_9Mr7NsQ3beM_ebJ6hZPZUPfACCx9_b
RispondiEliminalink
click here
click
caltighnaten
Wprelalsyng-ru Teresa Acosta CyberLink PowerDVD
RispondiEliminaCisco Packet Tracer
Google Chrome browser
persnecfuncteam