La mattina seguente,
abbandonata la figlia al suo destino che comunque non avrei potuto stornare, mi
diressi verso il mare.sul traghetto del ritono, 2019
A mezzo il giorno pedalavo con lena
costeggiando già il sinus Corinthiacus. Il vento soffiava sulle mie spalle accelerava il moto delle gambe e della bicicletta.
Mentre pensavo a scafi che spinti dal vento di poppa solcano il mare purpureo, con la coda dell’occhio sulla mia destra vidi un nave che stava guadagnando terreno sulle mie pedalate. Decisi di accettare la sfida. Dovevo vincerla però se non volevo perdere un briciolo dell’autostima conquistata girando la Grecia in bicicletta da solo. Avevo perfino cambiato il tubolare, impresa per me ben più difficile che salire sull’Ossa sovrapposto al Pelio, al Parnaso e all’Olimpo, montagne che avrei scalato senza difficoltà, mentre a tubolari e masticione non mi sarei accostato mai più. Il veicolo marino mi aveva raggiunto: se mi avesse superato la sconfitta avrebbe tolto qualcosa alla mia identità di ciclista tornato a essere egregio dopo la discesa all’inferno di quindici anni prima.
Mi diedi a pedalare freneticamente pensando:
“facilis descensus Averno (...) sed revocare gradum superasque evadere ad auras,/..hoc opus, hic labor est”[1]. Mentre superavo la nave, questa mandava muggiti terribili come una vacca o un toro, la maxima victima colpita dalla scure del sacrificio. Allora raddoppiai la lena. Il gemito della bestia mugghiante si allontanava e affievoliva. Arrivai a Patrasso con un vantaggio di cinque minuti e 48 secondi. Il giro dell’Ellade era finito e l’avevo vinto.
Una vittoria davvero olimpica.
Salito sul traghetto del ritorno sedetti a poppa e mentre Patrasso si allontanava gridai: “allentate la gomena del ritorno in Italia, sbrigatevi voi della ciurma!”
Un marinaio mi passò accanto sghignazzando e ruotando pupille feroci, di Gorgone. Forse voleva darmi del pazzo, ma si astenne dal ferirmi con gli aculei avvelenati della sua lingua.
Fine del viaggio in Grecia del 1978
giovanni ghiselli
[1] facile è la discesa all'inferno..ma risalire la china e rïuscire all'aria celeste questa è l'impresa, questa è la fatica, Eneide , VI, 126, 127-128).
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