con Massimo Cacciari e letture di Elisabetta Pozzi
Introduzione
Nel quotidiano “la Repubblica” di
oggi, 31marzo 2021, leggo: “Il latinista Ivano Dionigi presenta un ciclo di
lezioni che, saltato lo scorso anno in Santa Lucia causa covid, viene proposto
online da domani al 6 aprile. Apre il filosofo Massimo Cacciari con una
meditazione sulle rappresentazioni della giustizia (…) La lezione di Cacciari,
che parla nella cornice del Palazzo Pubblico di Siena di fronte all’Allegoria
del buon Governo di Ambrogio Lorenzetti, parte da testi di Pindaro, Platone.,
Aulo Gellio, Dante e Leibniz letti da Elisabetta Pozzi”.
Voglio mettere nel mio blog, per i
miei lettori, un modesto contributo a questo dibattito.
Considerazioni sulla Giustizia in
alcuni autori classici. Esiodo, Solone, Eschilo, Platone
Solone, il legislatore ateniese del
VI secolo a. C. è tra i massimi profeti della Giustizia politica, nella polis.
La giustizia in Omero era ancora il
diritto (qevmi~) di una
società aristocratica nella quale le norme sono concepite come espressione
di una volontà soprannaturale e sono fatte osservare, sono imposte da una
classe superiore il cui predominio deriva da un'investitura divina. Ma già
nel VII secolo, cominciano gli elogi di una giustizia nuova (la divkh appunto), mostrata a tutti
(cfr. deivknumi, lat. dico), tale che comprende l'idea dell'uguaglianza.
Esiodo per primo dà voce a
questa esigenza.
Egli nel poema più recente (Opere
e giorni , vv. 202 e sgg.) ne fa l'apologia raccontando la
favola dello sparviero e dell'usignolo. La legge del più forte che annienta il
più debole vale per gli animali, non per gli uomini. Viene raccomandata la
giustizia che trionfa sulla prepotenza. Dove manca dike imperversano
peste, fame e sterilità. C'è un invito a evitare i giudizi contorti poiché
procura il male a se stesso chi lo prepara per un altro, e il progetto malvagio
è pessimo per chi l'ha progettato (Opere , vv.265 - 266).
La giustizia esiodea è una forza
solo in parte umana, per molti aspetti sovrannaturale, ma essa già contiene
una premessa di isonomìa (uguaglianza davanti alla legge) e
moralità, anche se la piena scoperta e valorizzazione del cosmo morale avviene
con Socrate, condannato a morte da un tribunale ateniese nel 399.
Con Solone l' idea di
giustizia progredisce e si politicizza, ossia entra nella costituzione
della polis. Così, pur rimanendo alcunché di trascendente nella
Giustizia del legislatore ateniese, questa Divkh si storicizza e perde qualche cosa
del suo carattere mitico.
Partiamo dai primi versi dall'Elegia
così detta alle Muse (fr. 1D, vv. 1 - 16)
Ne do la mia traduzione:
Splendide figlie della Memoria e di
Zeus Olimpio,
Muse Pieridi, ascoltate la mia
preghiera:
concedetemi il benessere (o[lbon) da parte degli dei beati, e di
avere una buona/
reputazione (dovxan e[cein
ajgaqhvn) da parte
di tutti gli uomini sempre;
in modo che così possa essere dolce
per gli amici e amaro per i nemici, 5
rispettato dagli uni, temibile a
vedersi per gli altri.
Ricchezze desidero averne, ma
possederle ingiustamente non voglio:
in ogni caso più tardi è solita
arrivare Giustizia (pavntw~ u{steron h\lqe divkh).
La ricchezza che danno gli dèi, è
solida
per l'uomo dall'ultimo fondo alla
cima;10
quella cui vanno dietro gli uomini
spinti dalla prepotenza (uJy j u{brio~), non arriva/
con ordine (kata; kovsmon), ma siccome obbedisce alle azioni
ingiuste,
segue di malavoglia, e presto vi si
mescola l'acciecamento (ajnamivsgetai a[th).
L'inizio nasce da piccola cosa, come
il principio di un incendio,
e dapprima è insignificante, ma
l'esito è penoso15;
infatti non durano a lungo le opere
della prepotenza - u{brio~ e[rga - per i mortali.
L’elegia di Solone forse più nota, e
di contenuto in gran parte politico è quella così detta del Buon
Governo (fr. 3 D). In questi versi cresce la responsabilità dell'uomo
relativamente al proprio destino.
Traduco tutto il frammento pervenuto
:
La nostra città non andrà mai in
rovina per destino
di Zeus e volontà dei beati dèi
immortali:
infatti tale custode
magnanima, figlia di padre potente
Pallade Atena le tiene sopra le
mani.
Ma i cittadini stessi con la
loro follia vogliono distruggere la grande città sedotti dalle ricchezze,
e ingiusta è la mente dei capi
del popolo, cui è destinato
soffrire molti dolori in seguito
alla gran prepotenza:
infatti non sanno trattenere
l'avidità né godere
con ordine le gioie presenti nella
serenità del convito.10
Ma si arricchiscono fidando in opere
ingiuste
e non risparmiando le
proprietà sacre nè in alcun modo le ricchezze/
pubbliche: rubano per arraffare chi
da una parte chi dall'altra
né osservano i venerandi fondamenti
di Giustizia,
che, pur mentre tace, conosce il
passato e il presente15,
e con il tempo in ogni caso giunge a
fare pagare.
Questa piaga ineludibile oramai
arriva su tutta la città,
ed essa subito cade nella squallida
servitù,
che risveglia la lotta dentro la
stirpe e la guerra dormiente,
la quale distrugge l'amabile
giovinezza di molti:20
infatti per opera dei malevoli
tosto la città molto amata
si rovina nei partiti cari agli
ingiusti.
Questi mali nel popolo si aggirano:
e dei poveri
molti giungono in terra
straniera
venduti e legati con ceppi indegni 25
Così il danno comune entra in casa a
ciascuno:
né valgono più le porte del cortile
a trattenerlo,
e salta oltre il recinto pur
alto, e trova in ogni caso,
anche se uno sia rifugiato nel fondo
del talamo.
Questi precetti l'animo mi spinge ad
insegnare agli Ateniesi,30
che il Malgoverno procura moltissimi
mali alla città, kaka; plei'sta povlei Dusnomivh parevcei
mentre il Buongoverno mostra ogni
cosa ordinata e armonizzata
Eujnomivh d j
eu[kosma kai; a[rtia pavnt j ajpofaivnei
e spesso mette i ceppi addosso agli
ingiusti:
leviga le asperità, fa cessare
l'insolenza, oscura la prepotenza,
dissecca i fiori nascenti
dell'acciecamento, 35
raddrizza i giudizi tortuosi, mitiga
le azioni
superbe, e fa cessare le opere
della discordia,
e fa cessare la rabbia della contesa
terribile, e sono sotto di lui
tutte le cose tra gli uomini
armonizzate e assennate.
Questi versi dovrebbero indurre a
riflettere quanti, passati i Saturnali e il breve allentamento delle catene
degli schiavi tornati al rango di cose, cose ordinarie, continuano a fare festa
e a sputare sentenze intese a penalizzare la povera gente.
Ricavo questa immagine
dall’ elegantiae arbiter di Nerone: "itaque populus
minutus laborat; nam istae maiores maxillae semper Saturnalia agunt" (Satyricon,
44, 3), e così il popolino sta male; infatti questi ganascioni festeggiano
sempre.
Solone, si ricorderà, non era stato
preso dalla vertigine davanti alle smisurate ricchezze del pacchiano re di
Lidia Creso che gliele indicava con immensa volgarità.
Eschilo
Nell'Agamennone troviamo
l'idea che dalla ricchezza rifugge la Giustizia la quale"brilla nelle case
dal povero fumo e onora la vita onesta"( Divka de, lavmpei me;n
ejn - duskavpnoiς dwvmasin,
- tovn t j ejnavsimon tivei - bivon ( secondo stasimo, vv.773 - 775).
Il terzo stasimo poi suggerisce di
gettare dallo scafo, con misurato lancio (sfendovna~ ajp j eujmevtrou , v. 1010), addirittura parte
della proprietà acquistata, per salvare la nave, e la casa, dall’affondamento.
La dismisura dunque, e non solo quella dei mali, provoca l’inabissamento.
Presto sarà necessaria una
patrimoniale.
Pochi versi più avanti il coro
indica uno degli effetti della dismisura: una volta caduto a terra, nero/sangue
mortale di quello che prima era un uomo chi/potrebbe farlo tornare indietro
cantando?" (vv. 1019 - 1021).
Nelle Eumenidi ,
la terza tragedia della trilogia del 458 (la seconda è le Coefore ),
le stesse Erinni, nemiche dell'ordine statale e patriarcale, divinizzano la
Giustizia ammonendo: "Rispetta l'altare di Dike e non prenderlo a calci
con piede ateo, poiché dopo incombe la pena"(vv. 539 - 541).
Concludo con Platone
Nella parte conclusiva del primo
libro della Repubblica di Platone il sofista Trasimaco prova a
sostenere davanti a Socrate che la giustizia è dabbenaggine vera (gennaiva
eujhvqeia, 348c),
l’ingiustizia è eujbouliva, avvedutezza.
Socrate invece associa l’ingiustizia
all’ignoranza Socrate dunque fa ammettere a Trasimaco che il competente in
una materia non vuole soverchiare un altro competente; è l’incompetente
fanfarone che vuole soverchiare. L‘ingiusto che vuole soverchiare dunque
assomiglia all’incompetente. Trasimaco ammette che il medico bravo non vuole
soverchiare gli altri medici. L’ejpisthvmwn è sapiente e buono. L’ajnepisthvmwn è il soverchiatore.
Soverchiatore è il kako;ς te kai; ajmaqhvς, cattivo e ignorante, come lo è
l’ingiusto. Trasimaco fa queste concessioni a stento, sudando e arrossendo.
L’ingiustizia dunque è kakiva ajmaqiva (350d). Resta da demolirne la
potenza (to; ijscurovn). Trasimaco
risponde ad altre domande tranello. Socrate gli fa ammettere che i ladri
non hanno successo se commettono ingiustizie reciproche. L’ ingiustizia
non è solo ignoranza e malvagità ma anche debolezza poiché genera odio e
discordia. Anche se si verifica in una persona sola, l’ingiustizia rende
l’ingiusto agitato e discorde con se stesso: “poihvsei stasiavzonta
kai; oujc oJmonoou`nta aujto;n eJautw/` (352) e anche nemico di se stesso e dei giusti,
e pure nemico degli dèi che sono giusti.
I giusti sono dunatwvteroi
pravttein, i più
capaci di agire.
Quelli del tutto ingiusti e malvagi
sono anche incapaci di agire - “oi[ ge pampovnhroi kai; televw~
a[dikoi eijsi; kai; pravttein ajduvnatoi” (352d).
La funzione di ciascuno e di
ciascuna cosa (e[rgon ejkavstou pravgmatoς) è ciò che egli/essa sa fare
meglio. La funzione degli occhi è vedere ed è anche la loro ajrethv. Se gli occhi non vedono c’è
la kakiva anti; th'ς ajreth'ς. E la kakiva fa funzionare kakw'ς.
Funzioni dell’anima sono: ejpimelei'sqai, prendersi cura, a[rcein, comandare, bouleuvesqai, deliberare kai; ta;
toiau'ta pavnta.
Ma la funzione massima è to; zh'n, vivere. Trasimaco lo riconosce. Se
la giustizia è virtù dell’anima, l’ingiustizia è il suo difetto. L’anima
ingiusta vive male e fa vivere male. A questo punto Trasimaco ammette tutto.
Allora, w\ makavrie Trasuvmace, l’ingiustizia non è mai cosa più vantaggiosa della giustizia oujdevpot j
lusitelevsteron ajdikiva dikaiosuvnhς.
Socrate ringrazia Trasimaco per la
sua generosità, ma si paragona ai livcnoi i ghiottoni (leivcw, lecco, lat. lingo) che
divorano tutti i cibi appena serviti senza avere gustato la portata precedente.
Dice di essere andato avanti senza avere ancora stabilito che cosa sia mai la
giustizia divkaion pot’ ejstivn (354b).
Bologna 31 marzo 2021 ore 19, 42
giovanni ghiselli
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