domenica 28 marzo 2021

Viaggio in Grecia, 1981. Capitolo XVI

La pedalata contro vento. Il bagno nell’acqua del golfo


Nel pomeriggio partimmo da Delfi scendendo a Itea, poi seguitammo a pedalare ripercorrendo all’incontario la via dell’andata. Ma il metodo era necessario cambiarlo siccome la direzione del vento non era mutata, quindi soffiava con forza contro la nostra fatica. Per pedalare contro i soffi furenti che spingono indietro non bastano gambe robuste e polmoni  capaci: testa ci vuole, cuore e tenacia.

E’ come fare centro con una donne che lì per lì non ti gradisce del tutto. Devi farle imparare a trovarti gradevole prima, poi bello, poi geniale e meraviglioso. Non è facile ma nemmeno impossibile. Con Kaisa funzionai bene assai presto, con Päivi subito, appena mi presentai; Elena invece quando la avvicinai la sera della conoscenza mi concesse solo un ballo degnandomi di pochi sguardi e non volle replicare neanche una volta il breve giro di pista.

Ma due giorni più tardi riuscii a farmi ascoltare dicendo quanto sapevo che poteva piacere a una donna educata e dopo un altro paio di uscite disse che stava imparando ad amarmi. Ma questo l’ho già raccontato.

Pedalando contro vento dunque bisogna trovare la posizione raccolta da opporre alle folate incostanti, e il ritmo regolare, continuo da mantenere cambiando il rapporto con il variare dei soffi e delle pendenze stradali.

La bicicletta è una scuola di vita. Cercavo di chiarirlo a Ifigenia la quale però era refrattaria a imparare siccome obbediva a tutti gli impulsi fuorvianti: si lasciava deviare dalla linea diritta dietro di me che cercavo di tutelarla dal vento, e talora, se le spinte regressive aumentavano, le assecondava fermandosi. Poi riprendeva a pedalare scomposta dispenderdo energie come Iò la ragazza trasformata in  mucca pazza e assillata da un tafano assetato di sangue.

Ifigenia imprecava anche contro di me che l’avevo portata in tanta malora, quindi oscillava, sbandava, sbuffava. Oppure annunciava visioni quasi fosse una santa in estatica: ogni strada sterrata che portava sulla riva sassosa del mare, l’allucinata  vedeva un inesistente traghetto diretto verso un inesistente villaggio sull’altra costa del golfo. Voleva imboccare la via in discesa sul mare per porre termine alla sua folle fatica. Dovevo contraddirla aspramente o dissuaderla con dolci parole sprecando fiato che mi serviva anche per darle qualche spinta in avanti quando si rizzava la strada.

Pensavo: "pedala come affronta la vita. Con il vento a favore procede benino, abbastanza spedita; con il vento contrario perde forza e coraggio, si ferma o scivola indietro.

Adesso ha bisogno di buoni successi, altrimenti regredisce e si guasta del tutto”.

Provavo del risentimento per quella debolezza che non si lasciava aiutare.

Ma quando ottenne una sosta per un bagno che fece in mutande, e uscì dall’abbraccio marino con le forme perfette stillanti acqua salata, “Me beato - gridai - per il regalo che mi hai fatto del tuo tempo migliore, un dono venuto da te creatura celeste, a rischiararmi la vita, un munus che presto diventerà il compito di illuminare la strada del bene a quanti potrò educare parlando e scrivendo!"

Ti domando lettore: era matta lei sola?


Bologna 28 marzo 2021 ore 19, 26

giovanni ghiselli


p. s

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Nel mio studio entra ancora il sole. L’occasione per andare a meritarmi la cena con la gioia del movimento moltiplicata da questa santa faccia di luce

 

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