Nel primo verso del dramma, Edipo, il re di Tebe, parla ai Tebani paternalisticamente, cioè come un padre, chiamandoli, appunto, figli
w\ tevkna, Kadmou tou` pavlai neva trofhv
ossia “o figli, nuova progenie dell’antico Cadmo
Quasimodo traduce: “O figli dell’antico Cadmo, o nuova discendenza” .
Costui dunque ha vinto il Nobel e credo che oggi pochi lo studino e pochissimi lo leggano.
Viceversa Giacomo Leopardi che è vissuto di collette e quasi di carità è stato emrginato dalla mafia letteraria del suo tempo perché “troppo all’età propria increbbe” (cfr. La ginestra, 69).
Nel saggio Contro la televisione Pasolini condanna senza alcuna remora “tale macchina della volgarità e della meschinità”. Essa “vuol coprire la vergogna di essere l’espressione concreta attraverso cui si manifesta lo Stato piccolo-borghese italiano. Ossia di essere la depositaria di ogni volgarità, e dell’odio per la realtà (mascherando magari qualche suo prodotto con la formula del realismo). Il sacro è perciò completamente bandito. Perché il sacro, esso sì, e soltanto esso, scandalizzerebbe veramente, le varie decine di milioni di piccoli borghesi che tutte le sere si confermano nella propria stupida “idea di sé” davanti al video (…) E insomma non è nemmeno pensabile che i dirigenti dela televisione prendano in considerazione la possibilità di accettare un simile “sacro” coi suoi ritmi inconcepibili al piccolo borghese (…) C’è nel profondo della cosiddetta TV qualcosa di simile appunto allo spirito dell’Inquisizione (…) può passare solo chi è imbecille, ipocrita, capace di dire frasi e parole che sono puro suono; oppure chi sa tacere”. Pasolini fa i nomi e gli esempi di Moravia, Giorgio Bassani, Attilio Bertolucci. “Il fatto è che essi parlando, non rischiano la Siberia, ma l’ostracismo della televisione, ossia una diminuzione di prestigio e popolarità. Dunque tacciono perché la televisione è potente. E’ potente fino a rappresentare ormai in Italia (paese di analfabeti, e quindi paese dove non si leggono né libri né giornali) l’opinione pubblica”.
Tutte le sere le televisioni ci impongono la pubblivìcità di autori e di libri raccomandati da presentatori che nemmeno li hanno letti.
Ci sono pochissimi scrittori degni di tale nome. Questi, quando vanno nelle televisioni, non si fanno presentare quale autori di libri. Uno su tutti è Cacciari che pure scrive libri degni di essere letti, nel senso che leggendoli si impara.
Quelli che hanno bisogno di sbandierare i loro scritti per venderli sono, bene che vada, dei mediocri. Un grande scrittore non può dire o far dire: “comprate i miei libri” che è una richiesta da accattoni. Dante, Machiavelli, Foscolo e Leopardi li leggiamo perché ci accrescono.
giovanni ghiselli
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