mercoledì 10 novembre 2021

Il comunismo delle Ecclesiazuse di Aristofane e quello della Repubblica di Platone.


 

Prassagora espone il suo programma: tutti devono avere tutto in comune

I mezzi di vita devono essere di tutti, e uguali per tutti (Ecclesiazuse 590 e 594)

 

Oltre i beni, anche le donne metto in comune per gli uomini, continua Prassagora- kai; tauvta" ga;r koina;" poiw' toi'"  ajndravsi  e   potranno andare a letto e fare figli con chi ha voglia di farlo- tw'/ boulomevnw/ (614-615)

Chi vorrà fare l’amore con una bella però, prima dovrà sbattersi la brutta (618). Le più insignificanti e camuse si pongono accanto alle belle – aiJ faulovteroi kai; simovterai para; ta;" semna;" kaqeuvdontai (617).

 

Nessuna dovrebbe rimanere a buco vuoto, ma ai vecchi con le brutte il bischero farà cilecca, e  pure le donne vorranno i belli, obietta Blepiro (619-620).

 

Le donne ugualmente, se vorranno i belli, prima dovranno compiacere quelli piccoli e brutti chiarisce Prassagora (628-629) .

Poi aggiunge  che questa è una pensata democratica e sarà uno spasso vedere quello superbioso pieno di anelli cedere il posto a quello in ciabatte (631-632) .

I figli dovranno riconoscere come propri padri quelli più avanti negli anni di qualche decennio (636-637) .

Blepiro obietta che se ora strozzano il padre conosciuto, dopo strozzeranno tutti i vecchi (638-639)

Succederà il contrario fa Prassagora: ogni giovane vorrà difendere ogni vecchio pensando che potrebbe essere il proprio padre (642-643)

 

Cfr. la Repubblica di Platone

La nudità una volta veniva considerata ridicola ma poi ci si avvide che lo spogliarsi facilita l’esercizio fisico ed è ora capire che l’unica cosa ridicola (geloi'on) è il male (to; kakovn).

Solo lo stolto non lo capisce (452c)

I guardiani uomini e donne sono per natura superiori a quelli che vengono educati th'/ skutikh'/  all’arte del cuoio per  poi fare i calzolai skutotovmoi.

Le donne Guardiane avranno incombenze più leggere.

 Potranno spogliarsi delle loro vesti in quanto saranno rivestite dalla virtù. Ciò che è utile è bello to; wjfevlimon kalovn,  mentre è turpe ciò che danneggia to; de; blatero;n aijscrovn (457b)

Tra i Guardiani, donne e figli devono essere in comune e i figli non devono riconoscere i genitori.

Nessuno deve abitare con nessuno in particolare (457d).

Sarebbe un sommo bene ma il dubbio è se sia possibile obietta Glaucone. Questo lo vedremo dopo, fa Socrate e seguita.

I guardiani non devono avere proprietà privata ma case e pasti in comune. Donne e uomini si congiungeranno per necessità non geometrica ma erotica che è ancora più imperiosa nel persuadere e trascinare.

 

Nella città dei felici non è lecito agire ajtavktwς, disordinatamente.

Allora gavmouς poihvsomen iJerouvς, faremo nozze sante, e iJeroi; oi; oiJ wjfelimwvtatoi (458e) sante sono le nozze più giovevoli.

I reggitori devono essere ottimi, perciò bisogna che i maschi migliori si congiungano con le femmine migliori e gli scadenti con le scadenti.

I reggitori devono presiedere agli accoppiamenti e dovranno anche stabilire la quantità delle nozze to; plh'qoς tw'n gavmwn perché la città non diventi troppo grande né troppo piccola.

Affinché i reggitori che decidono non vengano criticati bisognerà fare sorteggi accorti-klh'roi komyoiv.

In altre parole truccati.

Ai giovani valenti in guerra o in altro bisognerà dare una maggiore facoltà ajfqonestevra hJ ejxousiva di giacere con le donne in modo che nascano bei guerrieri (460b). Anche le magistrature saranno comuni alle donne, mentre i figli dei peggiori, o se dai migliori nasce uno storpio ajnavphroς, verranno nascosti in luogo occulto (phrovς, mutilato, folle, stupido)

Infatti to; gevnoς tw'n fulavkwn mevllei e[sesqai kaqarovn (460c)

 

Le madri verranno condotte nell’asilo dove sono stati messi i neonati quando avranno le poppe turgide o{tan spargw'si (spargavw, sono gonfio) ma si deve fare in modo che non riconoscano i figli.

La donna deve figliare dai 20 ai 40 anni, gli uomini dai 30 ai 55.

Questo è l’ajkmh; swvmatoς. Platone vuole eliminare il particolarismo. Il magistrato deciderà chi deve accoppiarsi con chi. Altrimenti il figlio sarà un bastardo novqoς. 

Lasceremo uomini e donne liberi  di congiungersi a chi vogliono quando saranno usciti dall’età di generare.  

 

Nemmeno Hitler né Stalin erano arrivati a tanto.

Dice bene Musil: “Egli non era un filosofo. I filosofi sono dei violenti che non dispongono di un esercito e perciò si impadroniscono del mondo rinchiudendolo in un sistema”[1].

Leopardi afferma addirittura che la filosofia causò la fine della grandezza di Roma: “Or bene che giovò a Roma la diffusione, l’introduzione della virtù filosofica , e per principii? La distruzione della virtù operativa ed efficace, e quindi della grandezza di Roma (11 Dicembre 1821)”[2].

 

Rimane vietato l’incesto. Ma come individuarlo se le madri non sanno di chi sono madri?

Ebbene padri e figlie, madri e figli si escluderanno dalla copula calcolando il tempo dell’accoppiamento, ossia non si accoppieranno con  nessuno di quelli nati tra il settimo e il decimo mese dopo  che la donna è rimasta incinta.

Questi  nati tra il settimo e il decimo mese dopo l’accoppiamento saranno considerati tutti figli, e i figli di questi tutti nipoti della coppia (461d) e tutti quelli nati nello stesso tempo fratelli e sorelle.

Tale è , o Glaucone, dice Socrate, la koinwniva gunaikw'n te kai; paivdwn comunione delle donne e dei figli per i custodi fuvlaxin della città.

Il male peggiore della città è  quello che la dilacera diaspa'/ , il bene quello che la lega insieme (sundh'/) e ne fa una sola. La comunione del piacere e del dolore lega insieme  hJdonh'ς te kai; luvphς koinwniva sundei', mentre ijdivwsiς  la particolarizzazione di tali sentimenti  dissolve dialuvei (462 b).

Il mio e il non mio deve essere proferito a una sola voce- tov te ejmovn kai; to; oujk ejmovn. Il piacere e il dolore di ogni singolo devono essere condivisi da tutti come un corpo risente del dolore di un dito.

Bologna 10 novembre 2021 ore 19, 58

giovanni ghiselli

p. s.

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Ora però vado a correre.



[1] Musil, L’uomo senza qualità, p.243.

[2] Zibaldone, 2246.

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