mercoledì 24 novembre 2021

Il realismo.

 


Euripide, Petronio, Marziale, Machiavelli, Caravaggio, Nietzsche, Pavese.

 

 

Il personaggio Euripide delle Rane di Aristofane dice:

“portavo sulla scena  faccende familiari, le cose di cui facciamo uso, con le quali conviviamo e per le quali potevo essere confutato: difatti questi- indica gli spettatori- conoscendo pure loro tali argomenti avevano la possibilità di contestare la mia arte (959-961).

Io non scrivevo parole roboanti tirando gli spettatori fuori di senno né li facevo trasecolare inventando Cicni  e Mèmnoni su cavalli bardati di piastre e sonagli ( Rane, 962-963).

Questi due semicarneadi  sono alleati dei Troiani uccisi da Achille. Comparivano in drammi perduti di Eschilo.

 

Aristotele nella Poetica scrive: “ Sofocle diceva che rappresentava gli uomini come devono essere, Euripide come sono"(1460b, 34).

 

 Petronio1, attraverso  lo scholasticus Encolpio, denuncia la separazione della scuola dalla vita:"et ideo ego adulescentulos existimo in scholis stultissimos fieri, quia nihil ex his, quae in usu habemus aut audiunt aut vident, " (Satyricon, 1, 3), e perciò io penso che i ragazzi nelle scuole diventino stupidissimi, poiché niente ascoltano o vedono di quello che è utile nella vita.

Petronio[1], epicureo, atticista e classicista, dichiara che la vita  contiene situazioni più interessanti di tutte le scuole di retorica.

 

E' la critica della scissione tra letteratura e vita che si ritrova in Marziale:"Non hic Centauros, non Gorgonas Harpyasque/invenies: hominem pagina nostra sapit "(X, 4, 9-10), non qui troverai Centauri, Gorgoni e Arpie: la nostra pagina sa di uomo.

Insomma ogni conoscenza, compresa quella delle lingue classiche, deve servire al progresso dell'uomo. 

 

Campione del realismo può essere considerato Tucidide che, proprio per questo motivo, Nietzsche contrappone a Platone

nel Crepuscolo degli idoli - [2] lo storiografo greco è indicato addirittura come terapia contro “ogni platonismo”:" Il mio ristoro, la mia predilezione, la mia terapia  contro ogni platonismo è sempre stato Tucidide . Tucidide e, forse, Il Principe  di Machiavelli mi sono particolarmente affini  per l'assoluta volontà di non crearsi delle mistificazioni e di vedere la ragione nella realtà -non nella "ragione", e tanto meno nella "morale" (...) In lui la cultura dei sofisti , voglio dire la cultura dei realisti  giunge alla sua compiuta espressione : questo movimento inestimabile, in mezzo alla truffa morale e ideale delle scuole socratiche prorompenti allora da ogni parte. La filosofia greca come décadence  dell'istinto greco: Tucidide come il grande compendio, l'ultima rivelazione di quella forte, severa, dura oggettività che era nell'istinto dei Greci più antichi. Il coraggio di fronte alla realtà distingue infine nature come Tucidide e Platone: Platone è un codardo di fronte alla realtà-conseguentemente si rifugia nell'ideale; Tucidide ha il dominio di -tiene quindi sotto il suo dominio anche cose".

 

Per giunta in Aurora [3]  leggiamo:" Un modello . Che cosa amo in Tucidide, che cosa fa sì che io lo onori più di Platone? Egli gioisce nella maniera più onnicomprensiva e spregiudicata di tutto quanto è tipico negli uomini e negli eventi, e trova che ad ogni tipo compete un quantum di buona ragione : è questa che  egli cerca di scoprire. Egli possiede più di Platone una giustizia pratica: non è un denigratore e un detrattore degli uomini che non gli piacciono, o che nella vita gli hanno fatto del male...rivolge lo sguardo soltanto ai tipi; che cosa se ne farebbe, poi, l'intera posterità, cui egli consacra la sua opera, di ciò che non è tipico? Così in lui, pensatore di uomini, giunge alla sua estrema, splendida fioritura quella cultura della più spregiudicata conoscenza del mondo  che aveva avuto in Sofocle il suo poeta, in Pericle il suo uomo di stato, in Ippocrate il suo medico, in Democrito il suo scienziato della natura: quella cultura che merita di essere battezzata col nome dei suoi maestri, i Sofisti”

 

Mi permetto di confutare l’inserimento di Sofocle tra i sofisti.

 

"il realismo, in arte, è greco; l'allegorismo è ebraico", ebbe a scrivere

Pavese-[4].    

 

Sentiamo che cosa è il realismo dei Greci secondo Murray:“Io intendo per realismo un interesse permanente per la vita in se stessa, e un’avversione per l’irrealtà e le false apparenze” -[5].

 

Pasolini  individua nella luce di Caravaggio, “quotidiana e drammatica”, una contrapposizione al lume universale del Rinascimento platonico” E prosegue: “Sia i nuovi tipi di persone e di cose che il nuovo tipo di luce, il Caravaggio li ha inventati perché li ha visti nella realtà. Si è accorto che intorno a lui-esclusi dall’ideologia culturale vigente da circa due secoli-c’erano uomini che non erano mai apparsi nelle grandi pale o negli affreschi, e c’erano ore del giorno, forme di illuminazione labili ma assolute che non erano mai state riprodotte e respinte sempre più lontano dall’uso e dalla norma, avevano finito col diventare scandalose, e quindi rimosse. Tanto che probabilmente i pittori, e in genere gli uomini fino al Caravaggio probabilmente non le vedevano nemmeno” - [6]. 

 

 Ricordo infine Machiavelli il quale dedica Il Principe a Lorenzo de’ Medici (1452-1519, nipote di papa Leone X figlio di Lorenzo il Magnifico): “La mia parola io non ho ornata né ripiena di clausule belle o di parole ampollose e magnifiche o di qualunque altro lenocinio o ornamento estrinseco”.

Poi nel capitolo XVI del suo libro di politica militante scrive: “Mi è parso più conveniente andare drieto alla verità effettuale della cosa che alla immaginazione di essa”

 

Note

1Penso che l'autore del Satyricon sia l' elegantiae arbiter della corte di Nerone (cfr. Tacito, Annales, XVI, 18)..

2Quel che debbo agli antichi , 2,  pp. 125-126.

3p.124

4Il mestiere di vivere , 29 settembre 1946.

5Le origini dell’epica greca, p. 38.

6 Pasolini, La luce di Caravaggio in Pasolini Tutte le opere, p. 2673.

 

 

 



[1] Penso che l'autore del Satyricon sia l' elegantiae arbiter della corte di Nerone (cfr. Tacito, Annales, XVI, 18)..

[2]Quel che debbo agli antichi , 2,  pp. 125-126.

[3] p.124

[4]Il mestiere di vivere , 29 settembre 1946.

[5] Le origini dell’epica greca, p. 38.

[6] Pasolini, La luce di Caravaggio in Pasolini Tutte le opere, p. 2673.

 

 

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