domenica 28 novembre 2021

La nausea della chiacchiera.


 

La nausea della chiacchiera vuota di significato continuamente prodotta da uomini e donne insignificanti

 

Diversi testi antichi denunciano la chiacchiera delle donne.

Li riporto allagando il  biasimo a ogni chiacchiera e ciancia che dobbiamo subire troppo spesso da personaggi di entrambi i sessi.

Rare sono le persone che non chiacchierano ma parlano o stanno zitte. Poche e davvero pregevoli.

 

Nell’Aulularia di Plauto, il vecchio ricco Megadoro viene spinto dalla sorella Eunomia a sposare la figlia dell’avaro Euclione.

Il fratello oppone resistenza.

Eunomia insiste e ammette di essere una chiacchierona come tutte le donne

"nam multum loquaces merito omnes habemur

nec mutam profecto repertam ullam esse "(124-125), giustamente siamo ritenute tutta loquaci e di certo non si è mai trovato una donna muta.

Nell’ Aiace di Sofocle, quando Tecmessa cerca di distogliere l’amante dal suicidio il Telamonio le risponde

"donna, alle donne conferisce bellezza il silenzio"(v.293).

 

Si diceva che Giulio Andreotti avesse citato questo verso alla collega Adele Faccio nei primi anni Settanta quando donne e uomini politici erano colti.

 

Negli Eraclidi di Euripide il coro dei vecchi ateniesi afferma che gli araldi ingrandiscono quanto è accaduto raddoppiandolo e innalzandolo come una torre (pa`si khvruxi novmo~ di;~ tovsa purgou`n, v. 293)..

Si tratta dell’araldo di Euristeo che ha minacciato Demofonte il quale lo ha cacciato.

Cfr. le chiacchiere dei conduttori televisivi.

La figlia di Eracle Macaria dice a Demofonte re di Atene

" per la donna gunaikiv  il silenzio sighv- e la temperanza kai; to; swfronei'n- sono  le cose più bella kavlliston-, e rimanere tranquillamente dentro casa ei[sw q  j h{sucon mevnein dovmwn-"(Eraclidi, 476-477).

 

Nelle tragedie di Euripide la vedova di Ettore si presenta come la buona sposa, casalinga e silenziosa. Tale autoelogio si trova già nella tragedia Andromaca del 427, poi nelle Troiane del 415.

Andromaca dice che non lasciava entrare in casa scaltre chiacchiere di femmine: e[sw te melavqrwn komya; qhleiw`n e[ph-oujk eijsefrouvmhn (Troiane, vv. 651-652) e allo sposo offriva silenzio di lingua e volto calmo (glwvssh" te sigh;n o[mma  q  j  h{sucon, Troiane, 654).

 

Veniamo alla Storia che, come ebbe a scrivere Vico, nasce dalla poesia.

Polibio conclude il XXXI capitolo delle sue Storie mettendo in rilievo che la fama della nobiltà morale di Scipione Emiliano andò crescendo grazie alle donne che chiacchierano fino alla nausea su qualsiasi argomento nel quale si  siano gettate (" a{te tou' tw'n gunaikw'n gevnou" kai; lavlou kai; katakorou'" o[nto", ef j  o{ ti a]n oJrmhvsh/", XXXI, 26, 10).

Queste chiacchiere femminili elogiative per la pietas del distruttore di Cartagine verso la propria madre, furono uno degli strumenti della buona Fortuna che assecondò la sua indole ottima secondo Polibio.

 

Ho visto un film-La persona peggiore del mondo- con un personaggio femminile di grande levatura.

Una donna che è curiosa della vita e sa cogliere le occasioni –soprattutto quelle amorose- che la vita offre. Un film norvegese. Mi è piaciuto anche perché quella donna mi ha fatto tornare in mente le mie tre amiche finlandesi che sapevano tanto ascoltare quanto parlare e non si tiravano indietro di fronte all’offerta di esperienza accrescitive del sapere della gioia e della propria persona.

Cicerone nel De finibus bonorum et malorum [1] premette che è innato in noi l’amore della conoscenza e del sapere, e tanto grande che la natura umana vi è trascinata senza l’attrattiva di alcun profitto. Questo si vede dall’episodio odissiaco delle sirene le quali attiravano i naviganti non per la dolcezza della voce o la novità dei canti “sed quia multa se scire profitebantur” (V, 18), ma poiché dichiaravano di sapere molte cose. Quindi l’Arpinate conclude: “Vidit Homerus probari fabulam non posse, si cantiunculis tantus irretitus vir teneretur, scientiam pollicentur, quam non erat mirum sapientiae cupǐdo patriā esse cariorem. Atque omnia quidem scire, cuiuscumque modi sint, cupere curiosorum”, Omero si accorse che il mito non poteva essere approvato se un uomo di quella levatura fosse stato trattenuto irretito da canzoncine, il sapere promettono, e non era strano che a uno bramoso di sapienza fosse più caro della patria. E certamente la brama di sapere tutto, di qualunque genere sia, è proprio delle persone curiose.

 

Qualche sapere ho dato alle tre amiche finniche curiose; molto sapere, con tanta gioia e conoscenza di me stesso, hanno dato loro a me.

 

 

 Bologna 28 novembre 2021 ore 20, 07 E’ ora di andare a correre. Me lo sono meritato studiando e scrivendo. Ora devo meritarmi la cena

giovanni ghiselli

 

p. s.

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[1] Del 45 a. C. E’ un dialogo in cinque libri, dedicato a Bruto, sul problema del sommo bene e del sommo male.

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