mercoledì 17 novembre 2021

Esodo delle Ecclesiazuse di Aristofane. L’abbuffata non immeritata

 


 

Entra in scena Blepiro e l’ancella si congratula con lui per la moglie che ha, quindi lo guida verso il pranzo organizzato da Prassagora per festeggiare.

 

Segue l’Esodo (1154-1183)

La corifea suggerisce ai saggi di preferire questa commedia alle altre in concorso ricordando le parole sagge delle Ecclesiazuse, invece invita  quelli che ridono volentieri a giudicare il poeta per le facezie- dia; ton; gevlwn krivnein ejmev (1156).

I giudici dovranno dare i lro giudizi ojrqw'" rettamente (1160) e non assimilarsi nel costume alle cattive signorine mhde; tai'" kakai'" eJtaivrai" to;n trovpon proseikevnai (1161) che si  ricordano sempre solo degli ultimi clienti.

L’ancella suggerisce a Blepiro di muoversi al ritmo cretese dell’iporchema, un canto corale accompagnato da danza e pantomima.

Anche le coreute devono seguire il ritmo con agili piedi

Quindi fa un lungo elenco di prelibatezze: tranci di pesce, formaggio, miele, tordi, merli, colombi, piccioni, cefali arrosto, cutrettole, palombi, lepre, mostarda e intingoli vari. Poi la polenta.

 Insomma una grande varietà per una solenne abbuffata.

Blepiro arriva e nota la ghiottoneria generale.

Il Coro canta gli ultimi versi annettendo il grande pranzo alla grande vittoria.

Un breve commento: festeggiare una vittoria con una bella mangiata si può, purché il successo sia costato tanta fatica da avere reso magro il vincente per settimane o mesi di fatiche, di lavoro o sìdi studio matto e disperatissimo.

Un paio di citazioni

Dante mette in rilievo la grande fatica che gli è costata l’opera grandiosa della sua Commedia: il “poema sacro/al quale ha posto mano e cielo e terra/sì che m’ha fatto per più anni macro” (Paradiso, XXV, 1-3).

Leopardi nell’Operetta morale Il Parini ovvero della gloria[1] immagina che il poeta di Bosisio parli a un giovane “d’indole e di ardore incredibile ai buoni studi, e di aspettazione meravigliosa”, e gli dica che pochi sono capaci di intendere “che e quale sia propriamente il perfetto scrivere”. Chi non intende questo “non può né anche avere la debita ammirazione agli scrittori sommi”. La conclusione del ragionamento dunque è: “ Or vedi a che si riduca il numero di coloro che dovranno potere ammirarli e saper lodarli degnamente, quando tu con sudori e con disagi incredibili, sarai pure alla fine riuscito a produrre un’opera egregia e perfetta”. 

 

 

Fine delle Ecclesiazuse.

 

Bologna 17 novembre 2021 ore 10, 36

giovanni ghiselli

 

p. s

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[1] Scritta nel 1824, pubblicata nel 1827.

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