NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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giovedì 11 novembre 2021

Come vorrei che fosse il prossimo Presidente della Repubblica.


 

L’articolo 87 della nostra Costituzione dice: “Il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale”.

Allora vediamo da chi e da che cosa è costituita l’unità nazionale.

Intanto dalla lingua che parliamo. Quindi il Presidente deve conoscere bene e saper parlare la lingua italiana. Sapere parlarla  molto bene, poiché parlare male fa male all’anima e per il fatto che il Presidente della Repubblica è una figura emblematica e, appunto rappresentativa: se lui parlerà male, molti lo imiteranno e crescerà il numero già grande di quanti si esprimono più con versi animaleschi quasi incomprensibili che con un linguaggio chiaro e  doppiamente articolato . Aggiungo che per parlare bene la lingua italiana senza imbastardirla con recovery fund e altrettali vie di uscita bisogna conoscere anche il latino e il greco. Del resto  per sapere davvero quello che si dice, pur se si parla inglese, è necessario conoscere almeno il latino.

Inoltre il  Presidente dello Stato deve essere una persona onesta, ossia tale che non abbia macchie nel suo presente o nel suo passato, che non abbia rubato, intrallazzato, approfittato.

Un uomo anzi, o una donna, una persona dunque generosa e disposta a sacrificarsi per il bene comune.

Quindi deve essere capace di compiere i non facili doveri che l’alto ufficio gli assegna.

Infine deve essere una persona colta.

 

Concludo lasciando la parola ai miei autori-accrescitori

Platone nella Repubblica  fa dire a  Socrate che un capo vero e genuino ("tw'/ o[nti ajlhqino;" a[rcwn", 347d)  deve cercare non il proprio utile, bensì quello dei governati.

 

  Così in effetti avrebbe insegnato un discepolo di Zenone primo scolarca della Stoà ad Antigono Gonata, il re di Macedonia (276-239) cui "il regnare apparve un "onorevole servire", e[ndoxo" douleiva (Eliano, Var. hist.  II 20)"[1].

 

Seneca nel De Clementia  sostiene che la tanto celebrata felicità del principe consiste nel dare salvezza a molti, nel richiamare la vita dalla morte stessa e nel meritare la corona civica con la clemenza:"Felicitas illa multis salutem dare et vitam ab ipsa morte revocare et mereri clementia civicam "(III, 24, 5). 

 

Il potere è razionale e morale solo se esercitato al servizio dei sudditi: nelle Epistole a Lucilio  il maestro di Nerone già ripudiato dal discepolo imperiale ricorda che nell'età dell'oro governare era compiere un dovere non esercitare un potere assoluto:" Officium erat imperare, non regnum" (90, 5).

 

Luogo simile  in I Promessi sposi  :"Ma egli, persuaso in cuore di ciò che nessuno il quale professi cristianesimo può negar con la bocca, non ci esser giusta superiorità d'uomo sopra gli uomini, se non in loro servizio, temeva le dignità, e cercava di scansarle" (cap. XXII).

 

Bologna 11 novembre 2021 ore 19, 44

giovanni ghiselli

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[1]Pohlenz, La Stoa , p. 33.

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