sabato 13 novembre 2021

Le Rane di Aristofane con aggiunte del 13 novembre 2021.


 

Il rimpianto di Agatone e della sua delicatezza.

 

Eracle domanda: “dov’è Agatone?”

Dioniso risponde che jAgaqwvn è ajgaqo;ς poihthv" (Aristofane, Rane, 84)-nomen omen.

 

Magari Aristofane ci mette anche un po’ della sua ironia siccome questo tragediografo era stato deriso come omosessuale nelle Tesmoforiazuse del 411.

Euripide porta il suo parente khdesthv"  e alleato da Agatone perché gli presti abiti femminili con i quali possa andare a difenderlo alla festa delle donne.

 Il parente dice di non ricordarsi se lo ha mai visto. Euripide gli fa “kai; mh;n bebivnhka" suv g j ”, eppure lo hai per lo meno inculato, ma non te me ricordi ( tesmoforiazuse, 35).

Più avanti il parente annusa la tunica gialla datagli da Agatone e fa-  nh; th;n  jAfrodivthn , hjduv g j o[zei posqivou- (Tesmoforiazuse, 254) per Afrodite, che buon odore di cazzo!

Poi chiede di passargli strovfion un reggipetto.

 

Agatone è il festeggiato del Simposio di Platone.

 

Questo  dialogo venne composto presumibilmente fra il 387 e il 377 a. C.  ma è ambientato nel 416 in casa del poeta Agatone il giorno dopo che  ha vinto il premio al miglior dramma con la sua prima tragedia  rappresentata alle Lenee  in febbraio- secondo Ateneo ( Deipnosofisti,  217A).

 

E’ un dialogo sull’amore. Sentiamo quello che dice Agatone.

 

Quanti insultano e criminalizzano l’amore-omo ed etero sessuale- dovrebbero leggere queste parole

 Eros è il più bello e nobile tra gli dèi. E' anche il più giovane: infatti fugge di corsa la vecchiaia. Egli genera concordia: e se ci fosse stato lui nei tempi primordiali non ci sarebbero state amputazioni né avvenuti incatenamenti:" ejktomai; oujde; desmoiv"(195c). Amore è delicato (aJpalov"), ma gli manca un poeta come Omero che rappresenti la sua delicatezza. Egli si insedia nelle anime fini e delicate, mentre si allontana dai cuori duri. Inoltre è bello e cerca bellezza: infatti tra amore e bruttezza c'è una guerra continua.  Passa la sua esistenza in mezzo ai fiori. La sua virtù sta nel fatto che il dio non fa e non riceve torti (ou[t j ajdikei' ou[t j ajdikei'tai). Oltre che di giustizia è dotato di somma temperanza (196c): infatti, essendo più  forte di tutti gli altri piaceri e istinti, li domina. Quanto a coraggio, neppure Ares resiste ad amore.

 

Inoltre amore rende poeta chi lo prova aggiunge Agatone. Eros insegna tutte le arti. Ciò che questo dio non tocca rimane nella tenebra ( ou|  d  j a]n    [Erw" mh; ejfavyhtai  skoteinov" (Platone, Simposio,  197a)  rimane nella tenebre quello che Eros non tocca.

 

Excursus

Tale negatività riguarda tutte le attività umane. Cfr. l’umbraticus doctor

 

L’ umbraticus doctor di Petronio e i dotti di Nietzsche.

Petronio contrappone l' umbraticus doctor  deleterio ai grandi tragici:" cum Sophocles aut Euripides invenerunt[1] verba quibus deberent loqui, nondum umbraticus doctor ingenia deleverat "[2] quando Sofocle e Euripide trovarono le parole con le quali dovevano parlare, non c'era ancora un erudito cresciuto nell'ombra a scempiare gli ingegni.

L’umbraticus doctor è  oltretutto un individuo tronfio che non ascolta.

Non dobbiamo dimenticare che l'insegnamento e l'apprendimento sono interdipendenti: "homines, dum docent discunt "[3] mentre si insegna si impara. Dagli studenti ho imparato e imparerò sempre molto: "Quaeris quid doceam? etiam seni esse discendum"[4], vuoi sapere che cosa insegno? che anche un vecchio deve imparare.

Dobbiamo dirlo ai nostri studenti: “Si ripaga male un maestro, se si rimane sempre scolari[5]. 

“Nietzsche non lo rimase con Wagner (né) con Scopenhauer), andò oltre, guardò contro e se ne allontanò, tuttavia proseguendo sulla stessa strada su cui il maestro l’aveva incamminato”[6].

Tutti gli insegnanti, tutte le persone per bene, non dovrebbero mai smettere di  imparare :"semper homo bonus tiro est ", l'uomo onesto fa  tirocinio per tutta la vita, ha scritto Marziale[7] (12, 51, 2).

Il maestro che ha canonizzato se stesso, ha firmato il proprio atto di morte.

Dai giovani noi possiamo imparare molto su noi stessi, e dobbiamo imparare su di loro, che  ci curano l’anima[8]

"Gli insegnanti della scuola secondaria hanno come compito di educarsi rispetto al mondo adolescenziale e alla sua cultura. C'è sempre stata, di fatto, al di sotto della 'collaborazione di classe', una lotta di quartiere tra insegnanti, che detengono il potere, e la maggior parte degli studenti , che si crea il proprio underground clandestino, che realizza le sue piccole trasgressioni (…) il corpo insegnante non dovrà chiudersi in se stesso come una cittadella assediata dall'irruzione della cultura mediatica esterna alla scuola, ignorata e disdegnata dal per il filologo medio- finisce col perdere completamente la capacità di pensare per conto mondo intellettuale."[9].

Il dotto, che in fondo non fa che “compulsare” libri-circa duecento al giorno per il filologo medio-finisce col perdere completamente la capacità di pensare per conto suo. Se non compulsa non pensa (…) Il dotto-un décadent-. L’ho visto con i miei occhi: nature dotate, ricche e libere, già a trent’anni tutti “morti dal leggere”, ridotti come fiammiferi, che si sfregano perché facciano delle scintille- dei “pensieri”…bene, per me questo è vizioso!”[10].

“Il filologo è colui che sa leggere e scrivere, il poeta colui che…doveva “dettare”, perché non sa né leggere né scrivere. Da questa opposizione tra dotto nella letteratura e nella scrittura e poeta si possono dedurre molte cose importanti”[11].

Nel capitolo Dei dotti Zarathustra  associa l’ombra alla “casa dei dotti” ai quali si contrappone: “Io sono troppo ardente e riarso dai miei stessi pensieri: spesso mi si mozza il fiato. E allora bisogna che fugga all’aperto, via dal chiuso delle stanze polverose. Loro invece siedono freddi nell’ombra fredda: in tutto non vogliono essere che spettatori e si guardano bene dal mettersi a sedere dove il sole arde i gradini. Simili a quelli che in mezzo alla strada guardano a bocca spalancata i passanti, essi pure aspettano e guardano a bocca spalancata i pensieri che altri hanno pensato[12].

Quindi : “Guardatevi anche dai dotti! Essi vi odiano: perché sono sterili! Essi hanno occhi freddi e asciutti, davanti a loro ogni uccello giace spennato[13].

“Di fronte al genio, cioè ad un essere che crea o che dà alla luce…il dotto, l’uomo medio della scienza, ha sempre qualcosa della vecchia zitella: in quanto, come quest’ultima, non ha la minima idea di queste due funzioni umane, che sono le più preziose…il suo occhio assomiglia allora ad un lago liscio e odioso, la cui onda non si increspa a nessun entusiasmo, a nessuna simpatia. Ma le cose peggiori di cui un dotto è capace, gli provengono dall’istinto della mediocrità, propria della sua razza; da quel gesuitismo della mediocrità che incosciamente lavora alla demolizione dell’uomo eccezionale e tende a spezzare ogni arco teso o, meglio ancora, ad allentarne la tensione.”[14].

Dotti sono i filologi: una razza disprezzata da Nietzsche: “L’antichità è stata scoperta in tutte le cose principali da artisti, uomini politici e filosofi, non da filologi, e ciò fino al giorno d’oggi”[15].

I filologi non sono se non liceali invecchiati[16]. A volte addirittura dei ginnasiali ammuffiti.

 

 

Dall'amore della bellezza – continua Agatone personaggio del Simposio-ha preso origine ogni cosa buona fra gli dèi e fra gli uomini. Egli ci vuota di ogni ostilità e ci riempie di ogni fratellanza e "prepara tali incontri tra noi per metterci insieme e diventa nostra guida nelle feste, nei cori, nei sacrifici" (197d), ispira mitezza, è timoniere, compagno e salvatore supremo nella fatica, nella paura, nel desiderio, nella parola (Platone, Simposio, 197e).

 E’ una riabilitazione rispetto alle tante calunnie dei detrattori di Eros.

 

Ma torniamo alla commedia di Aristofane.

Da qualche tempo Agatone mi ha abbandonato e se ne è andato,  sicché manca alle persone di buon gusto, chiarisce Dioniso- poqeino;" toi`" sofoi`" (Rane, 84).

Il tragediografo si era recato a Pella in Macedonia  dove morì verso il 401.

 

Bologna 13 novembre 2021 ore 18, 49

giovanni ghiselli

p. s.

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[1] Invenerunt e il successivo deberent significano da una parte inventiva e fantasia, dall'altra la non meno necessaria disciplina che più avanti infatti viene rimpianta.

 

[2]Satyricon, 2.

[3] Seneca, Epist., 7, 8.

[4] Seneca, Epist., 76, 3.

[5] F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra, Della virtù che dona, 3.

[6] S. Giametta, Introduzione a Nietzsche, p. 260.

[7] 40ca- 104 d. C.

[8] Dostoevkij, L’idiota, p. 84.

[9] E. Morin, La testa ben fatta., pp. 82- 83.

[10] Nietzsche, Ecce homo, perché sono così accorto, 8.

[11] Nietzshe, Frammenti postumi 1876 (23).

[12] Così parlò Zarathustra, Dei dotti.

[13] Così parlò Zarathustra, Dell’uomo superiore, 9

[14] Di là dal bene e dal male, Noi dotti, 206

[15] Frammenti postumi ottobre 1876 (4).

[16] Op. cit (6)

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