martedì 23 novembre 2021

Le rovine sono la cosa più viva della storia.

Le  rovine sono la cosa più viva della storia.

Il classico è la forma ritmica della storia culturale europea.

 

Alla fine di The Waste Land [1] Eliot afferma:"These fragments I have shored against my ruins" (v. 430), con questi frammenti ho puntellato le mie rovine.

 

Le quali non significano solo decadenza: "Le rovine sono la cosa più viva della storia, perché vive storicamente soltanto ciò che è sopravvissuto alla sua distruzione, ciò che è rimasto sotto forma di rovine"[2].

 

 Secondo Salvatore Settis nella nostra civiltà domina "il pathos delle rovine, di una frattura irreparabile che è necessario sanare: rinascere, insomma, come condizione indispensabile della tradizione e della memoria"[3].

“Non c’è che un modo di salvare il “classico”: usandolo per la nostra salvezza senza alcun riguardo, cioè prescindendo dal suo classicismo, avvicinandolo a noi, “contemporaneizzandolo”, facendolo nuovamente palpitare, iniettandogli il sangue delle nostre vene, i cui ingredienti sono le nostre passioni… e i nostri problemi. Invece di diventare centenari nel centenario, cerchiamo la resurrezione del “classico” ri-sommergendolo nell’esistenza”[4].

Non esiste solo il neoclassicismo dei primi anni dell’Ottocento: “Ernst Howald (Die Kultur der Antike, 1948) ha potuto indicare la rinascita del "classico" come "la forma ritmica" della storia culturale europea"[5].

 

Classico è pure il vecchio vissuto bene cioè educandosi mentalmente e fisicamente. Tali vecchi, donne e uomini incarnano la bellezza e il kovsmo" del classico.

Nella Parabasi delle Vespe di Aristofane I vecchi del coro rivendicano il valore delle loro chiome che fioriscono più  bianche del cigno  kuvknou te poliwvterai dh;- ai{d j ejpanqou`sin trivce" (1064-1065).

Ma anche da questi residui bisogna ricevere vigore giovanile- ajlla; kajk tw`n leiyavnwn dei`- tw`nde rJwvmhn neanikh;n scei`n (1066-1067)

Come noi antichisti ne ricaviamo da quanto resta delle letteratura e dell’arte classica.

Io credo continuano gli anziani che la mia vecchiaia valga più dei riccioli di molti giovani e del loro contegno e il loro essere di culo largo- ejgw; toumo;n nomivzw-gh`ra"-  ei\nai krei`tton h] pollw`n-kikivnnou" neaniw`n kai;- sch`ma kreujruprwktivan (1067-1070).

 

Bologna 23 novembre 2021 ore 9, 12

giovanni ghiselli

p. s

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[1] La terra desolata,  del 1922.

[2] M. Zambrano, L'uomo e il divino, p. 228.

[3] Salvatore Settis, Futuro del 'classico', p. 91.

[4] J. Ortega y Gasset, Meditazioni sulla felicità, p. 220.

[5] S. Settis, Futuro del 'classico', p. 84.

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