Nelle Rane di Aristofane il corifeo dirige l’agone che vuole sia civilmente regolato
Chiede
un eloquio urbano ma non banale, non parole che potrebbe dire un altro uomo
qualunque- oi| j a]n allo" ei[poi (906).
Quando
assistiamo ai dibattiti politici o culturali trasmessi dalla televisione
pensiamo che stiamo perdendo tempo se chi parla dice parole che si sentono anche
nei bar o al supermercato mentre facciamo la fila.
Allora
ci accorgiamo che non impariamo niente di più di quanto comunemente si sente
dire e cambiamo canale.
Vorremmo
che almeno la forma aggiungesse qualche cosa al poco che sappiamo se i
contenuti sono banali e scontati.
Si
ricorderà che Aristotele nella Poetica suggerisce
questa regola d’oro: "Levxew~ de; ajreth; safh' kai;
mh; tapeinh;n ei\nai” (1458a, 18 ). Pregio del linguaggio è essere chiaro e non pedestre.
Il poeta può e deve variare
rispetto all’usuale.
Il linguaggio si scosta
dall’ordinario quando usa espressioni peregrine:“xeniko;n de; levgw glw'ttan kai; metafora;n kai; ejpevktasin kai;
pa'n to; para; to; kuvrion” (1458a, 22 ),
con peregrino intendo la glossa, la
metafora, allungamento e ogni forma contraria all’usuale stabilito.
giovanni ghiselli
Nessun commento:
Posta un commento