domenica 14 novembre 2021

Per il mio settantasettesimo compleanno.


 

La vecchiaia bella o brutta secondo come è andata la vita precedente e come va la salute.

 

Nella Parodo delle Rane di Aristofane il prato sfavilla di fiamme e govnu pavlletai gerovntwn (Aristofane, Rane, 345), guizza il ginocchio del vecchi che si scrollano di dosso gli acciacchi.

 

 Cfr. le Baccanti di Euripide vv. 178-190

Cadmo  a Tiresia

O Carissimo, poiché ho inteso udendo la tua voce 178

saggia da un uomo saggio, stando nella reggia;

eccomi pronto con questo costume del dio;                                               

bisogna infatti che quello essendo figlio della figlia mia

(Dioniso che si rivelò dio agli uomini) 

per quanto ci è possibile venga esaltato come grande.

Dove bisogna danzare, dove posare il piede,

e scuotere la testa canuta? Spiegalo tu vecchio 185

a me vecchio, Tiresia: tu infatti sei pratico.

Poiché non potrei stancarmi né di notte né di giorno

di battere la terra con il tirso: ci siamo dimenticati volentieri

di essere vecchi (ejpilelhvsmeq  j hJdevwς-gevronteς o[nteς)

Tiresia. Tu dunque provi le stesse sensazioni mie;

anche io infatti mi sento giovane e metterò piede alle danze.

 

Viceversa: maledizioni della vecchiaia

Cfr. Acarnesi (vv.219- 220) dove il corifeo di vecchi maratonomachi avviliti dice che il suo stinco è rigido sterro;n ajntiknhvmion e al vecchio arconte Lacratide si è appesantita la gamba to; skevloς baruvnetai.

Nel secondo stasimo dell’Eracle di Euripide,  c’è un biasimo della vecchiaia  che grava sul capo dei vecchi  compagni d'armi di Anfitrione come un carico più pesante delle rupi dell'Etna ("to; de; gh'ra" a[cqo"-baruvteron Ai[tna" skopevlwn-ejpi; krati; kei'tai" ( Eracle, vv. 638-640).

La giovinezza invece è bellissima pure nella povertà (v. 648).

 

Se gli dèi avessero intelligenza e sapienza riguardo agli uomini donerebbero una doppia giovinezza-divdumon a]n h{ban e[feron- come segno evidente di virtù- fanero;n carakth'r j ajreta'"- a quanti la posseggono, e una volta morti, di nuovo nella luce del sole, percorrerebbero una seconda corsa, mentre la gente ignobile avrebbe una sola possibilità di vita ( Eracle, 661-669).

 

 Nel Miles gloriosus di Plauto si trova un locus similis : "itidem divos dispertisse vitam humanam aequom fuit: qui lepide ingeniatus esset, vitam ei longiquam darent, qui inprobi essent et scelesti, is adimerent animam cito" (vv. 730-732), parimenti (come le merci hanno un prezzo diverso secondo la loro qualità) sarebbe stato giusto che gli dèi distribuissero la vita umana: a colui che avesse un carattere amabile, dovrebbero dare una vita lunga, a quelli che fossero cattivi e scellerati, portargliela via presto.

Parla Palestrione, servo del miles. 

 

Il terzo stasimo dell’ Edipo a Colono di Sofocle annuncia la sapienza silenica e maledice la vecchiaia:"Non essere nati (mh; fu'nai) supera/ tutte le condizioni, poi, una volta apparsi,/ tornare al più presto là/ donde si venne,/  è certo il secondo bene./ Poiché quando uno ha oltrepassato la gioventù/ che porta follie leggere (kouvfa" ajfrosuvna" fevron), /quale travagliosa disfatta resta fuori?/ Quale degli affanni non c'è?/Invidia, discordie, contesa battaglie,/ e uccisioni; e sopraggiunge estrema/ l'esecrata vecchiaia impotente (ajkrate;") ,/ asociale (ajprosovmilon), priva di amici (a[filon) /dove convivono tutti i mali dei mali"(vv.1224-1238). 

 

  Di questa maledizione della vecchiaia, possiamo trovare  echi nella letteratura classica: un frammento[1] di Menandro  dice:" o{n oiJ qeoi; filou'sin ajpoqnhvskei nevo", colui che gli dei amano, muore giovane".

 

Virgilio la chiama "tristisque senectus  "(Eneide , VI, 275) mettendola in faucibus Orci (v.273), sulla bocca dell'Orco in compagnia di pianti, rimorsi vendicatori, pallidi morbi, e  diverse altre presenze inamene.

 

 Leopardi è un dichiarato nemico della vecchiaia: in Le Ricordanze  del 1829 scrive:"E qual mortale ignaro/di sventura esser può, se a lui già scorsa/quella vaga stagion, se il suo buon tempo,/se giovanezza, ahi giovanezza, è spenta?"(vv.132-135). Quindi  premette il verso di Menandro, come epigrafe, ad Amore e morte  del 1832.

In Il tramonto della luna , del 1836, il poeta di Recanati poco prima di morire compone l'anatema definitivo dell'"età provetta": "estremo/di tutti i mali, ritrovàr gli eterni/la vecchiezza, ove fosse/incolume il desio, la speme estinta,/secche le fonti del piacer[2], le pene/maggiori sempre, e non più dato il bene"(vv.45-50).

 

Personalmente mi allineo con Solone

Se non altro cerco di "imparare molte cose":  ghravskw d   jaijei; polla; didaskovmeno"” (fr. 28 Gentili-Prato). Quindi il legislatore ateniese consiglia a Mimnermo di cambiare quel verso dove si augura la morte a sessant’anni e di cantare così: “ojgdwkontaevth moi'ra kivcoi qanavtou” (fr. 26 Gentili-Prato), il destino di morte mi colga ottantenne. Io andrei più in là: mi sembra appena l’età per cominciare a pensare alla pensione. Da domani mattina cercherò di allungare la lista.

 

Bologna 14 novembre 2021 ore 10, 53

gianni, un vecchiaccio ben vissuto.

p.s

Ringrazio quanti mi hanno scritto su messenger che non so usare e mi è difficile rispondere personalmente. Ho gradito molto. Sono un vecchiaccio, è vero, ma ben vissuto perché ho fatto più bene che male.

 

 



[1] Fr. 111 Koerte. Dalla commedia Di;" ejxapatw'n di Menandro modello delle Bacchides di Plauto.

[2] Gli avevano ridotto la prostata?

2 commenti:

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