NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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martedì 5 aprile 2022

Sofocle, Edipo re IV parte

 

 Primo episodio (vv. 216-242). Edipo ingiunge ai Tebani di denunciare il colpevole e a questo, chiunque egli sia, di autodenunciarsi. In tale proclama risuona sinistramente l'ironia tragica: il nuovo re afferma che combatterà in difesa del suo predecessore assassinato, come per suo padre (vv.264-265). Si tratta di Laio: il pubblico sapeva che era il padre di Edipo.
E' questa una delle caratteristiche della affabulazione sofoclea: chi pronuncia le parole intende dare loro un significato che arriva capovolto alle orecchie dello spettatore, come attraverso un'eco rovesciata.
Quindi entra Tiresia, il vate cieco che denuncia la terribilità del pensare -fronei'n wJ" deinovn- quando non giova a chi pensa(v.316).
 
 Cfr. L’Eremita  dei Primi Poemetti di Giovanni Pascoli:
“ Pregava all’alba il pallido eremita:“Dio non negare il sale alla mia mensa,- non negare il dolore alla mia vita.
Ma del dolore che quaggiù dispensa –la tua celeste provvidenza buona- a me risparmia il tuo dolor che pensa” (vv. 1-6).
Il motivo antiintellettualistico, già presente e ricorrente nell'Edipo, avrà un'infinità di riprese: da Euripide, il "filosofo della scena", quando giunge alla stanchezza postfilosofica delle Baccanti (to; sofo;n d’ ouj sofiva”, v. 395). ,al movimento abbastanza recente dello Sturm und Drang ("il mio cuore-annota Werther  il 9 maggio 1772-è l'unica cosa della quale sono superbo...Quello che io so, lo può sapere chiunque, ma il mio cuore lo possiedo io solo". ), fino a Elias Canetti il quale in La provincia dell'uomo  afferma che "L'ignoranza non deve impoverirsi con il sapere (...) Per ogni risposta deve saltare fuori una domanda che prima dormiva appiattata...Le sole risposte inaridiscono il corpo e il respiro"(pp. 1600-1601).
 
E' il  profeta  a nutrire la forza della verità( tajlhqe;" ga;r ijscu'on trevfw-v.356) che non è potenza economica né militare, ma nemmeno cerebrale, anzi è consapevolezza dei limiti angusti che racchiudono le nostre facoltà intellettive.
 
Tiresia nelle Baccanti di Euripide dà a Penteo questo consiglio: “non presumere che il potere abbia potenza sugli uomini, ( mh; to; kravto" au[cei duvnamin ajnqrwvpoi" e[cein, v. 310). Il potere dunque non è potenza come il sapere non è sapienza
 
  Il vate tebano Tiresia, interrogato da Edipo, vorrebbe restare muto, ma il re prima lo costringe a parlare, quindi lo accusa di complottare contro il suo potere che viene deplorato con la ricchezza (vv.380 e sgg.) per l'invidia che suscitano anche nelle persone più vicine a chi li possiede.
 L'esecrazione dell'auri sacra fames  quale scaturigine di inquinamento morale,  non mancherà in nessun autore moralista, da Sallustio, a Virgilio, a Dante.
Il re di Tebe ha capito quanto male produca e spanda il" maladetto fiore", per cogliere il quale gli uomini mentono e uccidono, ma non ha compreso quale misera cosa sia la sua intelligenza cui rivendica in esclusiva la vittoria sulla Sfinge (vv.397-398). Pecca di uJvbri" come Aiace  che nella  sua tragedia (vv.768-769) aveva espresso l'arrogante certezza di conquistare la gloria senza l'aiuto degli dei.
 
Con tali affermazioni questi personaggi manifestano tutta la loro colpevolezza, e la critica che attribuisce a Sofocle il compianto per il dolore degli innocenti presi di mira da dèi crudeli, non comprende Sofocle e non se ne intende.
 
Tiresia non si lascia impressionare e ribadisce la sua profezia di orrori; Edipo del resto rivela un aspetto buono, quello che lo porterà al riscatto, quando sospende l'ira comincia a sobbarcarsi il dolore della polis con le parole:"Ma se ho salvato questa città, non importa".
Questo verso (ajll j eij povlin thvnd j ejxevsws j , ouj moi mevlei, 443) anticipa la trasfigurazione del dolore in bellezza e in vantaggio della comunità, compiuta attraverso l'accettazione del destino da parte del figlio di Laio cantato dalla poesia di Sofocle.
Bologna 4 aprile 2022 ore 18
giovanni ghiselli
 

 

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