Il vento scuoteva i rami dei
salici piegati in basso e tuffati nell’acqua fluttuante del lago ancora agitato
dal vento. Si muovevano in modo strano come i remi stregati di un vascello
fantasma.
Pensai che la vita, tolto il
dolore irragionevole della lettera che non arrivava, era varia, piena e ricca
di ogni bellezza. “Ma sì, mi dicevo - se ne ha trovato un altro, uno del suo
stampo, tanto meglio per lei e pure per me. Negli ultimi tempi aveva cercato di
ingelosirmi, per sottomettermi. Mezzucci da comarelle che non ottengono il risultato
sperato con un uomo della mia levatura. Io merito un amore senza sospetti,
pensieri maliziosi, ignobili partite a scacchi, menzogne triviali.
Di pulizia e chiarezza ho
bisogno”.
Il vento scuoteva le fogli
facendomi cadere le gocce di pioggia sulla
testa che ne veniva ribattezzata. Il cielo era terso come non lo vedevo da
tempo. In quell’atmosfera pulita Ifigenia non aveva più posto.
Alcuni ragazzini passavano
con le biciclette dentro grandi pozze di acqua sollevando alti spruzzi. A casa
avevo la mia Colnago che mi aspettava per altre scalate e per i giri autunnali
nella campagna autunnale quando il grano emerge rinato e rinnova la vita.
Un amore vecchio, cattivo e
malato per una donna che non mantiene le promesse è un cancro: antiquus amor cancer est[1]. Una
orribile relazione: operabile, da operare.
Mi mossi verso lo stadio per correre i 5000 metri dovuti alla
mia salute fisica e spirituale.
La pista di terra rossa era
bagnata e pesante: non pensavo di fare un buon tempo. Invece presi subito un
ritmo elevato. Al posto delle gambe snelle sentivo di avere delle ali. Schivavo
le pozze dove si abbeveravano i cani, saltavo quelle più piccole con vespe,
calabroni e farfalle. Talora dovevo allungare il percorso scostandomi dalla corsia
più interna, intima al prato di un verde lucente. Correvo bene: procedevo con
pathos e con logos, con tutta la potenza che avevo e sapevo di avere, con gioia.
Il terriccio bagnato che ogni tanto mi schizzava addosso, non mi rallentava. Un
quarto di giro oltretutto lo correvo lottando contro il vento, ma ero così
forte e fiducioso in me stesso che avrei assorbito un uragano, come gli uomini
dell’avvenire immaginati da József Attila: “essi saranno la mitezza e la forza”.
Impiegai 19 minuti e 27
secondi: il mio record fino a quel momento. Lo dedicai alle mie donne dell’avvenire.
giovanni ghiselli
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