7 fascicoli di storia (2019-2020)
di
Giuseppe Moscatt
Che si legge di storia oggi in
Germania? Una domanda non retorica, perché serve a capire come la storia
passata possa essere veramente maestra di vita di un popolo così lontano, così
vicino, come ci disse un suo famoso comunicatore, Wim Wenders. Fonte di senso della storia nell'attuale Germania
ci pare essere una linea di pubblicazione bimensile pubblicata dal settimanale
Der Spiegel, non sempre benevolo con l'Italia (ricordate nel 1997 la sua
copertina con gli spaghetti e la pistola fumante per simbolizzare il nostro bel
Paese?). Il primo bimestre del 2019 ha avuto per tema la storia
dell'alimentazione come specchio della storia nel mondo. In copertina, un
quadro di nature morte, cibi e bevande della terra e nell'epoca illuminista.
Rivoluzioni, guerre e crescita civile delle società accompagnate e rilette dai
cibi più diffusi nel popolo: birra e vino nel Medioevo; lo zucchero, fra le
scoperte geografiche fino a Federico di Prussia, la zuppa di verdura come
piatto tipico di Hitler. Dunque, la
Germania paese di birra e di pane di cacciatori e di feste, poi di buone
maniere, ma anche di rivoluzionarie innovazioni. Inoltre un singolare passaggio
alle verdure spesso in forma di minestra, soprattutto in epoca napoleonica.
Quindi il trionfo delle zuppe in età di guerre e di carni di maiale, in un
unico piatto. Il tutto con un'interessante intervista al cuoco di Helmut Kohl
sui suoi piatti preferiti. Ma è il secondo fascicolo a destare una certa
attenzione al lettore. Dopo decenni di silenzio, un numero speciale è stato
quello del secondo trimestre, la Resistenza contro il Nazismo. A 75 anni dal
famoso attentato al Führer dell'agosto 1944, i giovani storici tedeschi hanno
avuto il coraggio di riscoprirsi nella opposizione al Regime nazista. Una
notevole galleria di foto d'epoca, circostanza che di per sé giustifica
l'attenzione dei lettori italiani, specie se amanti della storia oltre alla
ricostruzione dell'attentato. Il fascicolo si dilunga su tre episodi: la figura
di Johann Georg Elser, un oppositore
che ideò e attuò un attentato a Hitler l'8-11-1939 nella famosa Birreria
Bürgerbräukeller di Monaco, dove per 13 minuti di anticipo la bomba non ebbe
esito. Il secondo che ha riguardato la resistenza degli ebrei nascosti a
Berlino, aspetto poco finora conosciuto. Infine, non è mancata la figura di
Sophie Scholl e del gruppo di giovani universitari di Monaco, che sotto le
spoglie della società segreta “La rosa bianca” contestarono il governo,
ispirati dalle lettere critiche dagli Stati Uniti di Thomas Mann. Spiccano nel fascicolo
le vite minute di tanti avversari. Singolare è poi il terzo fascicolo,
“L'Italia secondo noi tedeschi” dove tentano di storicizzare il controverso
rapporto con l'Italia. Non manca lo stereotipato riferimento alla Sicilia Sveva
di Federico secondo, né al brutale (!) rapporto far Mussolini e Hitler, né al
gelato, dolce che nacque a loro dire sulle Alpi. Se ancora una volta va lodata
la pregevole galleria fotografica, fatta da dipendenti, foto d'epoca e ritratti
di personaggi ripresi da una serie di fotografie di eccezione in momenti di
rilievo (per esempio, varie figure di Garibaldi rare volte comparse sui loro
libri di storia). Nondimeno, ci rallegra vedere figure di rivoluzionari
liberali di lingua tedesca che parteciparono al nostro Risorgimento, come
quella della nobildonna Malwida von Meysenbug, che assistette i democratici
italiani sulle barricate di Milano nel 1848. Interessante è il capitolo dei
soldati tedeschi che combatterono accanto agli astro-ungarici a Caporetto.
Inoltre, va notato il breve ricordo dello storico dell'arte Warburg che venne in Italia nel 1926 e le
belle immagini del confine sudtirolese, dove convivono da secoli in nostri
popoli. Stona ancora però l'indugiare sulla mafia italiana che ha notoriamente
esteso i suoi tentacoli a Dortmund, dove qualche anno fa una resa dei conti fra
bande rivali finì in strage, evento che ha riaperto una ferita oche lo
“Spiegel”non riesce ancora a chiudere, tanto più che nelle conclusioni del
fascicolo un'intervista a un giornalista che vive i Italia - Walter Mayer,
che lavora a Roma dal 2013 - tenta di uscire dal collaudato, quanto
ripetitivo e fuorviante modello di “paese senza regole, tutto casa, chiesa e
spaghetti” che continua ad etichettarci. Comunque, un passo avanti ci pare
essere stato raggiunto, nella bibliografia alla fine del numero, dove troviamo
il nostro conterraneo, Salvatore Lupo, il cui notissimo libro di storia della
mafia è citato come un libro di storia sociale, al di là del mero notiziario
giornalistico, perché arriva alle radici storiche fin dalla Grande Guerra e
soprattutto come è stata combattuta nel dopoguerra. Sul quarto opuscolo tanto
ci sarebbe da dire. Dedicato alla storia della presenza ebraica in Germania,
dalle origini romane ad oggi, ritroviamo un buon apparato di fonti
archeologiche: poi il ruolo degli Ebrei nel processo di unificazione del paese
e nella Prima Guerra Monidale; quindi lo sviluppo dell'antisemitismo da Lutero
a Hitler. Infine, i tempi del ricordo della Shoah a Berlino e
Monaco. Un fascicolo da
esaminare molto attentamente. Accattivante appare ancora la scelta editoriale
del quarto dossier, dedicato in modo significativo “ai servitori dei segreti di
Stato”, cioè allo spionaggio politico, sottotitolato in modo alquanto pungente
dal 1500 ad oggi, “L'ombra delle spie”. Gli storici della rivista - diretti dal
redattore capo per questo numero già noto nel ruolo per i fascicoli precedenti,
Uwer Klussmann, fanno decorrere il fenomeno della rivelazione degli affari
segreti di Stato fin dal XV° secolo, quando nascono in Europa gli Stati
Nazionali. Tuttavia, non mancano personaggi di tale fatta nella Bibbia e
nell'Iliade. Spiccano poi originali esempi di armi speciali e di strumenti
costruiti alla bisogna: microbalestre, penne da usare come pistole, rossetti
avvelenati, ecc. Ma anche le tecniche criptografiche vengono ben illustrate,
come quelle relative alla copertura e all'analisi sottostante dei Codici Vaticani, riprese per la ricerca di fatti
storici medievali, operazioni interpretative che hanno spesso sapore di
revisione storica, come nel caso dell'umanista Leon Battista Alberti, che è
considerato il padre della criptografia europea. Naturalmente il fenomeno
interessò la Massoneria, la Carboneria e tutte le società segrete fino alla
mafia. Eppoi i grandi Re e Governanti che si avvalsero di tanti infiltrati, da
Federico di Prussia a Napoleone, da Cavour - ricordate la contessa di
Castiglione, amante di Napoleone III? - a Bismarck, fino all'affare Dreyfuss, a
Mata Hari, a Günter Guillaume, segretario particolare del Cancelliere Willy
Brandt, ma anche agente segreto della DDR, cosa che costò a quest'ultimo la
fine un po' ingloriosa della carriera politica nel 1974. E non manca un
capitolo finale dedicato alla rivoluzione digitale, dove la penetrazione degli
hacker colpisce sempre di più. A fare però la piena fortuna della rivista per
il 2019 è stato lo splendido fascicolo di Dicembre, dedicato alla nobiltà alla
nobiltà tedesca, dalle origini cavalleresche, alla casata degli Hohenstaufen e
Hohenzollern, fino al coinvolgimento delle classi nobiliari nelle SS di Hitler. Circostanza che non solo ne
provocò la decadenza morale, ma che fino ad oggi provoca nei mass media una
certa ripulsa, benché ne rimanga un certo mito, come si rileva nella
straordinaria figura della Principessa Sissi di Monaco, che con la sua morte
violenta pagò quella progressiva separatezza e arroganza di potere, se non di
follia, dalla sua classe rispetto al popolo, peraltro trasferitosi
simbolicamente, e non solo, dietro la criminale politica nazista. Con il numero
1 del 2020 lo “Spiegel Geschichte” apre con una nuova veste tipografica,
acutamente recante la regola cui intende attenersi, “conoscenza del passato,
comprensione del presente”. Il nuovo gruppo di redazione parte alla ora de un
periodo molto simile al nostro, subito dopo la fine della Grande Guerra, con
una fortissima crisi economica e al termine della devastante crisi epidemica
della “Spagnola”, molti simile al periodo attuale, dove il Coronavirus fa da
tremendo distruttore di anime e corpi. Ebbene, mentre sulla copertina campeggia
la giovanissima Marlene Dietrich in frac e cilindro sulle “23”, pronta a
impersonare l'angelo azzurro di Heirnrich Mann. E' l'epoca ella drammatica
Repubblica di Weimar, dove Berlino è
la capitale del peccato, la provincia è il luogo dove si vive nel terrore e
nella fame, l'età del crimine e dei gangsters. Insomma, un epoca di eccessi e
di crisi, non solo economica, ieri come oggi. Sempre denso di fotografie e
manifesti d'epoca, il fascicolo in esame spazia dalle manifestazioni pubbliche
e private fra lusso e spettacoli, alterna però note di un duro lavoro, di
mattinate fredde dove uomini e donne aspettavano i mezzi all'alba per
raggiungere il posto di lavoro, oppure di operai che portavano sulle spalle
mattoni per ricostruire i nuovi palazzi del centro di Berlino. Non mancano
scene della Berlino di notte, dove ragazze seminude ballano sotto gli occhi dei
lavoratori e borghesi attaccati a enormi boccali di birra appena usciti dalle
fabbriche e dagli uffici. Cabaret, manifestazioni sportive, cinema popolari,
prostitute, “gigolò”, pittori nelle loro gallerie, caffè concerto magnificati
in film e sceneggiati che paragonano Berlino alla Babilionia biblica. Su tutte
le splendide immagini di Josephine Baker su un carrozzino guidato da uno
struzzo. E mentre Bertold Brecht scriveva “Tamburi
nella notte”, in ricordo delle rivolte operaie dal 1918 al 1919, ancora
nel 1920 sfilano cortei operai che hanno nostalgia di quelle rivolte fallite
per le paure del partito socialista e del centro cattolico, esponenti di una
borghesia spaventata dal pericolo rosso dell'Est. Sfogliando le pagine, sembra
di girare l'angolo di Potsdamer Platz e poco dopo si arriva ad Alexander Platz,
dove un gruppo non indifferente di camicie brune, composta da ex reduci di
guerra, manifesta dietro una strana bandiera con al centro una croce un po'
storta. Attorno una massa di operai
e borghesi un po' curiosi.
Qualcuno li saluta
e questi rispondono col braccio
rialzato. E' il 1923, il 7
novembre. Pochi sanno che fra 24 ore questo gruppo tenterà a Monaco un colpo di
Stato. Poi passerà un decennio di ulteriori sconvolgimenti, alla fine del quale
il principale animatore di quelle prime marce scompaginerà la Germania e il mondo.
E mentre andiamo in macchina, altri due numeri sono usciti: uno, dedicato agli
antichi Egizi, l'altro alle guerre nel Medioevo, ma queste sono altre storie...
Giuseppe Moscatt
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