mercoledì 2 settembre 2020

Massimo Cacciari X, "Il lavoro dello spirito"

dal film Medea di Pasolini

Leggiamo la conclusione del I capitolo di Il lavoro dello spirito (pp. 28 - 29)
Argomento: rapporto tra politica e religione.

“Se con la Riforma - conclude Kierkegaard - tutto appariva religioso e invece era politico, oggi al contrario tutto indossa la maschera del politico ed è destinato a mostrare natura religiosa. Solo in questa forma sarà possibile porre ancora la politica al ‘comando’”.

A me vengono in mente le tragedie di Sofocle, l’Antigone e l’Edipo re in particolare. Sofocle fu eletto stratego in seguito al successo dell’Antigone del 442. In questa tragedia il capo di Tebe, Creonte, oppone la sua volontà dispotica e i suoi decreti alle leggi degli dèi e ai segni del volere dei numi significati dagli uccelli interpretati dal vate Tiresia. Solo alla fine, troppo tardi, il successore di Edipo comprenderà i propri errori e cercherà invano di porvi rimedio.
Allora si troverà annichilito come re, come padre, come marito e come uomo: “Oh servi,/allontanatemi al più presto, portate via,/me che non sono più che nessuno - mhdevna " (vv. 1324 - 1325).
Il coro dà voce al poeta con gli anapesti finali che contengono il docet della fabula: "Il comprendere (to; fronei'n) è di gran lunga il primo requisito/della felicità; è necessario poi non essere empio/ in nessun modo negli atti che riguardano gli dèi: i grandi discorsi/dei superbi che pagano/grandi colpi/con la vecchiaia insegnano il comprendere". (vv. 1347 - 1353).
Nell’Edipo re, il figlio, assassino inconsapevole di suo padre Laio e successore di lui sul trono di Tebe, vanta la propria intelligenza laica che ha sconfitto la Sfinge, il flagello della polis, senza curarsi dei segni celesti: "oJ mhde;n eijdw;" Oijdivpou", e[pausa nin, - gnwv/mh/ kurhvsa" oujd j ajp joijwnw'n maqwvn"(vv.397 - 398), io, Edipo, che non sapevo nulla, lo feci cessare azzeccandoci con l'intelligenza, e senza avere imparato nulla dagli uccelli. Sono tra i versi chiave della tragedia.
Ebbene, il suo ruolo politico quello di re, verrà capovolto a quello di farmakov", medicina umana, capro espiatorio nell’epilogo del dramma.

Ora torniamo a Cacciari
“Se Weber avesse letto queste pagine dell’autore di Aut aut, ne avrebbe forse considerato la tendenza come propria delle ideologie anti - capitalistiche inevitabilmente prodotte dallo sviluppo stesso del sistema. Si sarebbe trattato, però, di una chiave di lettura estremamente riduttiva”.

Torno un momento su Sofocle per confutare ogni tentativo di lettura troppo attualizzante: il mio debutto nell’insegnamento liceale avvenne proprio con Sofocle che non avevo mai letto nella sua lingua poiché nel primo esame di greco avevo dovuto portare la lettura dell’Odissea intera, e nel secondo quella di sette tragedie di Euripide. L’Edipo re che gli studenti dovevano portare alla maturità l’aveva scelto un collega prete, don Montuschi, che mi aveva preceduto nella cattedra del Rambaldi di Imola. Ebbene Sofocle non era simpatico a me né agli studenti per la reputazione di “poeta religiosissimo” (Perrotta) e reazionario. Ma quell’antipatia era un pregiudizio emotivo. Infatti, dopo appena poche decine di versi, il poeta di Colono ci piacque molto e, ricordo, facevo a gara con gli allievi più bravi sulla memorizzazione dei trimetri giambici: avevamo superato i primi venti, in questo certame giovanile e tutt’altro che ignobile.

Torno a citare e commentare Cacciari: “Non solo l’organizzazione politica del Pöbel abbisogna di una fede di ordine religioso; è lo stesso Politico, senza di cui l’ordine capitalistico è affatto ‘insalvabile’, a essere chiamato a rappresentare finalità che non appartengono in alcun modo alle origini razionali - mondane della sua forma moderna. Il Politico deve farsene simia, non per persistere in quanto Politico, bensì perché duri il sistema nel suo complesso”.

Nel film Medea di Pasolini, il Centauro mitico e bimembre dice a Giasone tredicenne: “Tutto è santo, tutto è santo, tutto è santo. Non c’è niente di naturale nella natura, ragazzo mio, tientelo bene in mente (…) Eh sì, tutto è santo, ma la santità è insieme una maledizione. Gli dei che amano - nel tempo stesso - odiano”[1].
Mi permetto di aggiungere: tutto è anche politico.

Leggiamo ora le ultime parole del I capitolo di Il lavoro mitico di Massimo Cacciari: “Per Kierkegaard questo è il segno forse più cospicuo del carattere anti - cristico dell’epoca: uguaglianza e fratellanza, concepibili solo nell’ordine e alla luce del rapporto tra Singolo e Dio, si trasformano in ‘missione’ del Gestell economoco - politico, o, dovremmo forse oggi dire, Politico - economico, incarnato nella poliarchia degli Imperi. Se qui la storia non finisce, ciò non potrà dipendere, ancora, che dall’energia contenuta nella geistige Arbeit, nel suo conatus a resistere come potenza autonoma rispetto a ogni sua sussunzione economica, politica e religiosa” (p. 29).

giovanni ghiselli

Pesaro 2 settembre 2020 ore 11, 35.
giovanni ghiselli

p.s
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[1] P. P. Pasolini, Dialoghi definitivi di “Medea”, scena 7. In op. cit., p. 544 e p. 545.

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