dal film Medea di Pasolini |
Leggiamo la
conclusione del I capitolo di Il lavoro dello spirito (pp. 28
- 29)
Argomento:
rapporto tra politica e religione.
“Se con la
Riforma - conclude Kierkegaard - tutto appariva religioso e invece era politico,
oggi al contrario tutto indossa la maschera del politico ed è destinato a
mostrare natura religiosa. Solo in questa forma sarà possibile porre ancora la
politica al ‘comando’”.
A me vengono
in mente le tragedie di Sofocle, l’Antigone e l’Edipo re in
particolare. Sofocle fu eletto stratego in seguito al successo dell’Antigone del
442. In questa tragedia il capo di Tebe, Creonte, oppone la sua volontà
dispotica e i suoi decreti alle leggi degli dèi e ai segni del volere dei numi
significati dagli uccelli interpretati dal vate Tiresia. Solo alla fine, troppo
tardi, il successore di Edipo comprenderà i propri errori e cercherà invano di
porvi rimedio.
Allora si
troverà annichilito come re, come padre, come marito e come uomo: “Oh
servi,/allontanatemi al più presto, portate via,/me che non sono più che
nessuno - mhdevna " (vv. 1324 - 1325).
Il coro dà
voce al poeta con gli anapesti finali che contengono il docet della fabula: "Il
comprendere (to; fronei'n) è di gran lunga il primo
requisito/della felicità; è necessario poi non essere empio/ in nessun modo
negli atti che riguardano gli dèi: i grandi discorsi/dei superbi che
pagano/grandi colpi/con la vecchiaia insegnano il comprendere". (vv. 1347
- 1353).
Nell’Edipo
re, il figlio, assassino inconsapevole di suo padre Laio e successore
di lui sul trono di Tebe, vanta la propria intelligenza laica che ha sconfitto
la Sfinge, il flagello della polis, senza curarsi dei segni celesti: "oJ mhde;n eijdw;" Oijdivpou", e[pausa nin, -
gnwv/mh/ kurhvsa" oujd j ajp joijwnw'n maqwvn"(vv.397 - 398), io, Edipo, che non sapevo nulla, lo feci cessare
azzeccandoci con l'intelligenza, e senza avere imparato nulla dagli uccelli.
Sono tra i versi chiave della tragedia.
Ebbene, il suo ruolo politico quello di re, verrà capovolto a quello
di farmakov", medicina umana, capro espiatorio nell’epilogo
del dramma.
Ora torniamo
a Cacciari
“Se Weber
avesse letto queste pagine dell’autore di Aut aut, ne avrebbe forse
considerato la tendenza come propria delle ideologie anti - capitalistiche
inevitabilmente prodotte dallo sviluppo stesso del sistema. Si sarebbe
trattato, però, di una chiave di lettura estremamente riduttiva”.
Torno un
momento su Sofocle per confutare ogni tentativo di lettura troppo
attualizzante: il mio debutto nell’insegnamento liceale avvenne proprio con
Sofocle che non avevo mai letto nella sua lingua poiché nel primo esame di
greco avevo dovuto portare la lettura dell’Odissea intera, e nel
secondo quella di sette tragedie di Euripide. L’Edipo re che gli
studenti dovevano portare alla maturità l’aveva scelto un collega prete, don
Montuschi, che mi aveva preceduto nella cattedra del Rambaldi di Imola. Ebbene
Sofocle non era simpatico a me né agli studenti per la reputazione di “poeta
religiosissimo” (Perrotta) e reazionario. Ma quell’antipatia era un pregiudizio
emotivo. Infatti, dopo appena poche decine di versi, il poeta di Colono ci
piacque molto e, ricordo, facevo a gara con gli allievi più bravi sulla
memorizzazione dei trimetri giambici: avevamo superato i primi venti, in questo
certame giovanile e tutt’altro che ignobile.
Torno a
citare e commentare Cacciari: “Non solo l’organizzazione politica del Pöbel abbisogna
di una fede di ordine religioso; è lo stesso Politico, senza
di cui l’ordine capitalistico è affatto ‘insalvabile’, a essere chiamato a
rappresentare finalità che non appartengono in alcun modo alle
origini razionali - mondane della sua forma moderna. Il Politico deve
farsene simia, non per persistere in quanto Politico, bensì perché
duri il sistema nel suo complesso”.
Nel
film Medea di Pasolini, il Centauro mitico e bimembre dice a
Giasone tredicenne: “Tutto è santo, tutto è santo, tutto è santo. Non c’è
niente di naturale nella natura, ragazzo mio, tientelo bene in mente (…) Eh sì,
tutto è santo, ma la santità è insieme una maledizione. Gli dei che
amano - nel tempo stesso - odiano”[1].
Mi permetto
di aggiungere: tutto è anche politico.
Leggiamo ora
le ultime parole del I capitolo di Il lavoro mitico di Massimo
Cacciari: “Per Kierkegaard questo è il segno forse più cospicuo del carattere
anti - cristico dell’epoca: uguaglianza e fratellanza, concepibili solo
nell’ordine e alla luce del rapporto tra Singolo e Dio, si trasformano in
‘missione’ del Gestell economoco - politico, o, dovremmo forse
oggi dire, Politico - economico, incarnato nella poliarchia degli Imperi. Se
qui la storia non finisce, ciò non potrà dipendere, ancora, che dall’energia contenuta
nella geistige Arbeit, nel suo conatus a resistere
come potenza autonoma rispetto a ogni sua sussunzione economica, politica e
religiosa” (p. 29).
giovanni
ghiselli
Pesaro 2
settembre 2020 ore 11, 35.
giovanni
ghiselli
p.s
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