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Cleopatra lusinga Cesare. La notte “nefanda” trascorsa dai due amanti. Confronto
con la Cleopatra della commedia di Bernard Shaw. Il lusso smodato, ancora
sconosciuto ai Romani, di un banchetto pacchiano. Anche la bellezza nociva di
Cleopatra è truccata fuor di misura. Elogi del senso della misura ( Solone in
Plutarco) e della povertà (il console Fabrizio esemplare nel Purgatorio di
Dante)
Seneca citando Epicuro denuncia l’innaturalezza e la miseria del lusso.
Quindi
Cleopatra parla: “o maxime Caesar - gli fa, se vale qualche cosa la
nobiltà del mio sangue, io discendo da Lago (Tolomeo I Sotér uno dei compagni
poi diadochi di Alessandro Magno) e sono stata cacciata dal trono, ebbene: “si
tua restituit veteri me dextera fato - se la tua destra mi restituisce al
destino regale, complector regina pedes” (88 - 89) io pur da
regina abbraccio i tuoi piedi.
Tutt’altro
approccio di Cleopatra a Cesare leggiamo nella commedia di Bernard Shaw Cesare
e Cleopatra (del 1901) dove la principessa ancora adolescente in
questo testo emerge da una Sfinge: “Ehi, vecchio signore (…) vecchio signore!
Non scappare!”
Cesare: “Non
scappare? Vecchio signore? A Giulio Cesare questo?!”
La
giovinetta (insistendo) “vecchio signore!” (…)
Cesare: (stupefatto)
“Chi sei tu?”
La
giovinetta: “Cleopatra, regina d’Egitto!”
Cesare: “Ma
che regina d’Egitto!” (Atto primo. Quadro secondo)
La
Cleopatra di Lucano tende piuttosto a blandire Cesare.
Sei aequum
sidus una stella favorevole gentibus nostris.
Nullo
discrimine sexus, qui non
c’è distinzione di sesso e una donna può stare al vertice del potere: reginam
scit ferre Pharos, Faro sa portare avanti una regina.
Mio padre ha
lasciato eredi del regno e del talamo me e mio fratello. Ma Tolomeo “habet
sub iure Pothini - affectus enseseque suos” (95 - 96).
La ragazza
chiede quindi a Cesare di eliminare Potino. Per sé non vuole nulla: regem
iube regnare (99) comanda al re di regnare.
Lo schiavo
Potìno (famulus) si è montata la testa.
Ha
decapitato Magno e ora minaccia te - sed procul hoc avertant fata (101)
Le parole
non sarebbero bastate. “vultus adest precibus faciesque incesta perorat”
105 il volto sta accanto alle preghiere e tutto l’aspetto impuro tiene la
perorazione.
Quindi
Cleopatra exigit infandam noctem corrupto iudice - 106 - dopo avere
corrotto il giudice trascorre la notte nefanda.
Poi Cesare
comprò la pace con grandi doni (Cipro concessa ad Arsinoe sorella di Cleopatra)
e seguì un banchetto epulae nella grande confusione del quale
(magno tumultu) Cleopatra explicuit “nondum translatos Romana in
saecula luxus” 110, esibì i grandi lussi non ancora trasferiti ai Romani.
Un lusso smodato
e pacchiano c’era in quel palazzo, tempio della corruzione. Dappertutto
materiali costosissimi: laqueata tecta (112), soffitti a
cassettoni, l’oro nascondeva le travi, trabes absconderat aurum (113),
pareti di marmo, colonne di agata e di porpora. Si camminava sull’onice,
l’ebano rivestiva le porte ed era sostegno, non abbellimento del palazzo - auxilium,
non forma domus (119)
Poi ebur
atria vestit, l’avorio riveste gli atri, testudinis Indae terga,
dorsi di tartarughe dell’India, distinta crebro smaragdo screziati
di frequenti smeraldi e dipinti a mano sono inseriti nelle porte foribus
sedent.
Fulget gemma
toris sui
letti brillano gemme, strata micant, lampeggiano i tappeti
impregnati di porpora di Tiro, altri tappeti lanciano scintille di luce da
scaglie d’oro. Tum famulae numerus turbae populusque minister (127),
poi il numero della folla dei servi, un popolo intero asservito con pelli e
capelli di vario colore - nec non infelix ferro mollita iuventus - atque
execta virum 133 - 134 non manca l’infelice gioventù rammollita ed
evirata dal ferro.
I due re
e, maiorque potestas Caesar, si sono sdraiati discubuēre:
Cleopatra è immodice formam fucata nocentem (137) imbellettata
fuor di misura nella sua bellezza colpevole.
Non si
accontenta dello scettro, del fratello - marito.
E’
affaticata dagli ornamenti cultu laborat (140).
Candida
pectora perlucent Sidonio filo, mammelle candide si brillano attraverso il filo del
velo di Sidione. Hanno posto tavoli tondi tagliati nei boschi di Atlante su
zanne d’avorio.
Tutto per il
furore cieco e pazzo di voler apparire - Pro caecus et amens - ambitione
furor (146 - 147), civilia bella gerenti –divitias aperire
suas, mettere in mostra le proprie ricchezze a chi conduce una guerra
civile.
Cfr.
il Creso di Plutarco nella Vita di Solone
Il
legislatore ateniese disse al re di Lidia che gli aveva esibito le proprie
ricchezze credendo che lo avrebbe elogiato e si sarebbe congratulato per la sua
felivìcità"Ai Greci, o re dei Lidi, il dio ha dato di essere misurati (metrivw"
e[cein) in tutto,
e, per questa misuratezza (uJpov… metriovthto" ) ci tocca una saggezza non arrogante ma popolare, non regale né splendida
"( Vita , 27).
Lì per
lì Creso non comprese, ma poi, una volta sconfitto da Ciro e finito sul rogo,
gridò tre volte "O Solone", poiché aveva capito che la sua felicità
era stata solo parola e opinione, fama e parvenza.
Innaturalezza e miseria del lusso
Una sentenza
di Epicuro tradotta e citata da Seneca (Ep. 27, 8): “divitiae sunt ad
legem naturae composita paupertas”, la povertà conforme alla legge di
natura è una ricchezza.
Lucano
ricorda per contrasto Fabricios Curiosque graves e il sordidus
Etruscis abductus consul [1]aratris (153).
Fabrizio,
console nel 282 a. C., viene elogiato da Dante per la sua scelta della povertà:
“Seguentemente intesi: “o buon Fabrizio,/con povertà volesti anzi virtute/che
gran ricchezza posseder con vizio” Esempio di povertà per avari e prodighi
Canto XX del Purgatorio V cornice.
Bologna 29
settembre 2020 ore 18,50
giovanni
ghiselli
p. s.
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[1] Cincinnato che fu console nel 460 a.C. e due volte dittatore, nel 458 a.C. e nel 439 a.C.
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RispondiEliminablowgareni