NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

Ciclo di incontri alla biblioteca «Ginzburg». Protagonisti della storia antica

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venerdì 25 settembre 2020

Lucano LIII. Pharsalia IX (623-871)

Argomenti

Eziologia falsa e vera. La fabula ficta della Gorgone Medusa.  La realtà dei serpenti della Libia. Sofferenza e morte di molti soldati. 

Mi sono soffermato su questa descrizione di Lucano perché il virus dei serpenti prefigura l’attuale pestifero Covid e anche perché Dante ha sfidato Lucano nella descrizione dei ladri e dei serpenti della settima bolgia (VIII cerchio dell’inferno)

 

“Taccia Lucano omai là dove tocca

Del misero Sabello e di Nassidio

E attenda a udir quel ch’ora si scocca” (Inferno, XXV, 94 - 96).

 

Vulgata per orbem - fabula pro verā decepit saecula causā. 622 - 623, un racconto mitico diffuso per il mondo come causa vera ha ingannato le generazioni

 Al confine estremo della Libia secondo questo racconto c’erano i campi incolti della Forcide Medusa “squalebant late Phorcynidos arva Medusae (…) non mollia suco - sed dominae vultu conspectis aspera saxis - (626 - 628) non morbidi di succhi ma aspri per i sassi osservati dagli sguardi della signora.

 

 Primum natura nocens, la natura per la prima volta nociva in questo corpo, trasse fuori da quelle fauci flagelli crudeli: serpenti con lingue vibratili mandarono fuori striduli sibili - angues - stridula fuderunt vibratis sibila linguis (630 - 631) e questi more comae per terga soluti 632, sciolti sulle spalle come capelli, flagellavano proprio il collo di Medusa che ne gioiva - ipsa flagellabant gaudentis colla Medusae (633).

 

 Vipereumque fluit depexo crine venenum (635), il veleno cola dai capelli quando li pettina. Le fauci e il ghigno del mostro rictus oraque monstri non hanno lasciato a nessuno il tempo di avere paura: praevenit metus (640): pietrifica chi la vede.

Cerbero è stato domato da Orfeo, l’Idra vinta da Eracle, mentre questo mostro - hoc monstrum - ha spaventato il padre Forco, la madre Ceto, persino le Gorgoni sue sorelle (Steno, Euriale).

 Gli uccelli cadderono giù dal cielo oppressi da un peso improvviso - e caelo volucres subito cum pondere lapsae 649, in scopulis haesere ferae (650), le fiere rimasero attaccate agli scogli -

 Perfino i suoi serpenti evitavano la faccia della Gorgone che impietrava ogni creatura vivente. Perseo figlio di Giove e di Danae ebbe da Mercurio sandali alati e la spada falcata che già aveva amzzato Argo, il custode della giovenca amata da Giove “a Iove dilectae fuso custode iuvencae” (664). Minerva aiutò il fratello che le aveva promesso la testa di Medusa. Lo istruì: doveva volare con la testa volta all’indietro e guardare il volto del mostro solo riflesso in uno scudo di bronzo fulvo. Minerva guida la spada ma neppure lei poté guardare quegli occhi. Perseo poi vola sopra la Libia.

Premit orbita solis - exuritque solum 691 - 692, le sta addosso l’orbita del sole e ne brucia il suolo.

Quella terra sterilw, sterilis tellus fecundaque nulli arva, quei campi che non producono nulla assorbono però il veleno di Medusa che stilla putredine virus stillantis tabe Medusae concipiunt (697 - 698) e le tremende rugiade del suo sangue crudele - dirosque fero de sanguine rores, che il calore fece fermentare dentro la sabbia. Quella putredine fece drizzare l’aspide, un serpente caloris egens che si muove nel deserto solo fino al Nilo, eppure noi Romani ne importiamo il veleno et fecimus aspida mercem (707) e dell’aspide abbiamo fatto una merce. La ingens haemorrhois –un serpente il cui morso produce emorragie - dispiega le sue spire squamose: non tollererà che agli infelici resti il loro sangue –at non stare suum miseris passura cruorem - , poi chersydros , incerto tra terra e mare, un serpente anfibio, e i chelìdri chelydri 711 - tracti via fumante che si trascinano lasciando del fumo - un serpente acquatico, et semper recto lapsurus limite cenchris (712) il cencro che striscia sempre in linea retta e ha il ventre variegato con piccole macchie più numerose che quelle dell’ofite un marmo screziato di Tebe egizia.

Poi hammodytesconcolor exustis atque indiscretus harenis” 715 che ha lo stesso colore e non si distingue dalle sabbie bruciate, le ceraste che si muovono con la spina dorsale tortile, e lo scìtale l’unico che cambia pelle quando c’è ancora la brina et torrida dipsas, la dipsade ardente, et gravis amphisbena in geminum vergens caput che si volge nella duplice testa.

Et natrix violator aquae, la natrice avvelenatrice dell’acqua, iaculique volucres, gli iaculi serpenti volanti, et contentus iter cauda sulcare parias (721) il parias pago di solcare con la coda il percorso,

prester oraque distendens avidus fumantia, il prester che spalanca avido la bocca fumante, il seps tabificus che fa imputridire ossaque dissolvens cum corpore e con il corpo scioglie anche le ossa, poi il basiliscus - basivlisko", reuccio - sibila effundens cunctas terrentia pestes (724) che emette sibili che atterriscono tutti gli altri flagelli, ante venena nocens (725) che nuoce ancora prima del veleno, late sibi summovet omne - vulgus et in vacua regnat harena (727) allontana da sé per largo tratto ogni folla e regna sulla sabbia desolata.

L’Africa ardente poduce draghi latori di morte Ardens Africa facit letiferos dacones: con le spire e la coda usata come frusta rumpitis ingentes tauros, rompete grossi tori “nec tutus spatio est elephans: datis omnia leto” (732), nemmeno l’elefante è garantito dalla grandezza, consegnate tutto alla morte. Vi basta abbracciare con le spire.

Voi non avete bisogno di veleno per ammazzare: non vobis opus est ad noxia fata veneno (733).

 

Catone vede tante morti insolite insolitasque videns parvo cum vulnere mortes, provocate da una piccola ferita (736); “signiferum iuvenem tyrrheni sanguinis Aulum - torta caput retro dipsas calcata momordit” (737 - 738), il dipsade calpestato volse indietro la testa e morse il giovane Aulo portabandiera di sangue etrusco.

Catone vide l’uomo in preda a bruciori - ardentem virum - Il portabandiera lasciò cadere le insegne furens, impazzito, e si mise a correre cercando l’acqua ma non sarebbero bastati il Tanai il Rodano e il Po “arderet Nilumque bibens per rura vagantem 752, brucerebbe anche bevendo il Nilo che vaga per i campi. Prova a bere anche l’acqua del mare sed non et sufficit, non gli basta. Infine si tagliò le vene e riempì la bocca con il proprio sangue.

Ma una mors tristior erat ante oculos (762 - 763). Una piccola Sepse si attaccò a una gamba di Sabello. L’uomo la strappò via e la inchiodò sulla sabbia con un giavellotto, ma la ferita divenne una caverna: la pelle si ritirò, si scoprirono le ossa e rimase sine corpore vulnus ( 769) una ferita senza il corpo. Il veleno crudele fonde le membra: saevum sed membra venenum –decoquit (775 - 776) . Anche le ossa si sciolgono ossa quoque discedunt (785) Tibi palma nocendi est (787) –alla sepse spetta la palma del male: eripiunt omnes animas, tu sola cadaver (788), tutti portano via la vita, tu sola il cadavere (cfr. Creonte nell’Antigone di Sofocle e nella Tebaide di Stazio)

Nasidio, un Marsico, viene colpito dal serpente prester : illi rubor igneus ora - succendit (791 - 792) un colore rosso fuoco gli incendia la faccia, un tumor miscens cuncta tendit cutem pereunte figura un gonfiore che tutto confonde gli tende la pelle, mentre il suo aspetto scompare, e l’uomo sparisce nel profondo immerso nel corpo ammassato.

Cfr. un obeso che si abbuffa.

 

L’haemorrois impresse i denti in Tullo. Le sue membra mandarono fuori veleno rosso invece che sangue: “omnia membra - emisere simul rutilum pro sanguine virus” 810. Di sangue invece erano le lacrime, sudor rubet (813), rosso è il sudore. Totum est pro vulnere corpus 814 tutto il corpo è rappresentato da una ferita.

Il serpente del Nilo, l’aspide fa condensare il sangue e il fixus cruor il sangue condensatio praecordia pressit ha compresso il cuore e il soldato Levo che ha ricevuto il morso, ne muore avvolto subita caligine da improvvisa caligine e nel sonno scende alle ombre dei compagni - mortem accipis et socias somno descendis ad umbras (817 - 818).

Un altro saevus serpens un feroce serpente che l’Africa chiama giavellotto - iaculum vocat Africa - si scagliò dal legno sterile di un tronco e penetrò nella la testa di Paolo e guizzò via attraverso le tempie perforate - perque caput Pauli transactaque tempora fugit (824).

Nil ibi virus agit: rapuit cum vulnere fatum: il veleno qui non fa niente: il fato se lo portò via con la ferita (825)

Murro trafigge un basilisco con la lancia ma il veleno risale lungo l’arma invaditque manum 830. Il soldato la taglia poi la guarda morire staccata dal braccio. Oltre i serpenti c’erano scorpioni e la salpuga una formica velenosa. Non potevano mai riposarsi; “Sic nec clara dies nec nox dabat atra quietem - suspecta miseris in qua tellure iacebant” (839 - 840) ai disgraziati era sospetta anche la terra dove stavano sdraiati

I soldati non avevano giacigli nemmeno di foglie o di paglia sed corpora fatis - expositi volvuntur humo (842 - 843), i corpi esposti alla morte si rivoltano sulla terra, calidoque vapore - alliciunt gelidas nocturno frigore pestes (843 - 844) e con il tepore del fiato attirano i velenosi serpenti raggelati dal freddo.

 

I soldati rimpiangono Farsalo siccome peferirebbero morire in battaglia: reddite Thessaliam” 849 chiedono agli dèi restituiteci la Tessaglia.

“Noi, schiera che ha prestato giuramento sulle spade in gladios iurata manus, patimur cur segnia fata?, peché sopportiamo destini da ignavi? 849 - 850. Sono i serpenti a concludere la guerra civile. Tu Natura avevi relegato i serpenti in luoghi privi di vite umane: atque homines voluisti desse venenis hai voluto che ai veleni mancasse la presenza degli uomini.

Noi siamo venuti nella terra riservata ai serpenti: ora accipe poenas, - tu quisquis superum prenditi il fio che paghiamo chiunque tu sia tra gli dèi che avevi isolato i serpenti 859 - 860. Ora noi ci inoltriamo e ci attendono prodigi forse ancora più grandi: forsan maiora supersunt: coeunt ignes stridentibus undis (866), i fuochi del cielo si uniscono alle onde che ne stridono. Forse rimpiangeremo questa terra: vivit adhuc aliquid 871 dove c’è ancora qualcosa di vivo. Andiamo verso il rovescio del nostro mondo”.

 

giovanni ghiselli

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