lunedì 28 settembre 2020

Lucano LIX. Pharsalia X (vv. 54-84). Cleopatra. Lucano, Orazio, Engels e la Tolemaide stessa

Michelangelo, Cleopatra
Argomenti

Cleopatra malfamata da Lucano e Orazio che pure le riconosce coraggio e dignità nella morte. La fine della libertà sessuale delle donne viene fatta risalire da Engels all’istituzione della proprietà privata e al desiderio del maschio di avere figli di paternità indiscussa cui lasciare il patrimonio. Discutibile è l’interpretazione di Engels sulla posizione della donna nei poemi omerici. Cleopatra si acconcia per piacere a Cesare: simulatum compta dolorem - qua decuit (X, 83 - 84) adorna di un dolore simulato fin dove le dona

 

Lucano

 

Tolomeo rex puer (Pharsalia, X, 54), populi sedaverat iras dandosi come ostaggio a Cesare. Ma a questo punto Cleopatra parva biremi si portò nel palazzo corrupto custode (57) donna dedecus Aegypti, vergogna dell’Egitto, Latii feralis Erinys (59) Romano non casta malo, impudica per il male di Roma.

Quantum Spartana facie nocenti Elena con il suo aspetto dannoso sconvolse Argo e Troia, tantum Cleopatra auxit Hesperios furores (62) altrettanto Cleopatra accrebbe le follie dell’Italia.

Con il suo sistro atterrì il Campidoglio Terruit illa suo sistro Capitolia (63)

Cfr. fatale monstrum di Orazio

 

Ode I, 37

Ora bisogna bere, ora con piede libero

pestare la terra, era già tempo

di ornare il cuscino degli dèi

on vivande degne dei Salii, compagni;

 

prima di questo era un’empietà tirare fuori il Cècubo

dalle cantine degli avi, finché una regina preparava

folli rovine al Campidoglio e morte all’impero

col suo gregge appestato di uomini

ripugnanti e malati, sfrenata nello sperare

qualsiasi cosa e ubriacata dalla fortuna favorevole;

ma ridusse la follia

 

una sola nave a stento superstite dall’incendio

e la mente resa furente dal vino mareotico

fece tornare alla paura della realtà

Cesare, incalzandola a colpi di remo

 

mentre volava via dall’Italia,

come il falco le tenere colombe

oppure il cacciatore veloce la lepre

nei campi della nevosa Tessaglia,

per consegnare alle catene

 

il mostro fatale fatale monstrum; ella che

cercando di morire più nobilmente

non ebbe una paura da donna della spada

né con la veloce flotta riparò in spiagge nascoste,

 

anzi osò osservare con sguardo sereno

la reggia prostràta, e coraggiosa maneggiare gli scabrosi serpenti

 per assorbire con tutto il corpo il nero veleno

 

più indomita dopo avere deciso la morte:

naturalmente rifiutando alle crudeli navi liburniche

di essere trascinata, come una donna qualsiasi,

nel superbo trionfo, lei donna di rango non basso.

 

Cleopatra, seguita Lucano, sperò di sconfiggere Ottaviano. Ad Azio (Leucadio sub gurgite 66) fuit dubius casus - “an mundus ne nostra quidem matrona teneret” (67).

 Tanta forza le diede la notte che unì incestam Ptolemaida ducibus nostris (69), l’incestuosa Tolomeide ai nostri comandanti (Cesare e Antonio).

Perfino il durum pectus Caesaris venne cosumato da quel fuoco.

Il dux in mezzo alla rabbia in media rabie (72) nella reggia ancora abitata dall’ombra di Pompeo et Pompeianis habitata manibus aula (73) sanguine Thessalicae cladis perfusus adulter, l’adultero ancora intriso del sangue della strage di Tessaglia, admisit Venerem curis, accolse Venere tra le preoccupazioni et miscuit armis - illicitosque toros et non ex coniuge partos (75 - 76) talami illeciti e parti non della sposa. Pro pudor oblitus Magni, tibi Iulia, fratres –obscaena de matre dedit (77 - 78)Vergogna! dimentico di Magno, a te Gilia, diede fratelli nati da madre immonda e, turpe com’è, spende il tempo per un amore sul Nilo “tempora Niliaco turpis dependit amoriturpis” (80).

Secondo Friedrich Engels la famiglia monogamica “si fonda sul dominio dell’uomo, con lo scopo manifesto di generare figli di paternità indiscussa, paternità richiesta in quanto questi figli possano, in qualità di eredi naturali, entrare in possesso del patrimonio paterno (…) La nuova forma familiare ci si presenta in tutta la sua severità tra i Greci. Mentre, come osserva Marx, il posto delle dèe nella mitologia ci riporta a un periodo precedente, in cui le donne avevano ancora una posizione di maggiore libertà e rispetto, nell’epoca eroica vediamo la donna già avvilita dal predominio dell’uomo e dalla concorrenza delle schiave. Si legga nell’Odissea, in quale maniera Telemaco richiami la madre al silenzio. In Omero, le giovani donne fatte prigioniere sottostanno alle voglie sessuali dei vincitori; i comandanti si scelgono, secondo il rango e l’ordine gerarchico, le più belle; l’intera Iliade , come si sa, verte intorno alla lite tra Achille e Agamennone dovuta ad una tale schiava (…) Queste ragazze vengono anche portate con sé in patria e nella casa coniugale, come, in eschilo, Cassandra da Agamennone (…) Dalla moglie si pretende che sopporti tutto, ma che essa stessa osservi rigidamente la castità e fedeltà coniugale (…) Sono l’esistenza della monogamia, la presenza di giovani belle schiave, che sono proprietà dell’uomo con tutto quello che hanno, ad imprimere alla monogamia, fin dall’inizio, il suo carattere specifico, di essere cioè monogamia solo per la donna, ma non per l’uomo. E questo carattere lo conserva ancora oggi[1]

Queste osservazioni di Engels, che pure mi piace, sono confutabili almenno per quanto riguarda l’Odissea dove la moglie del re come Anticlea e Arete godono di rispetto e di una condozione di parità con il marito. Arete anzi, la regina dei Feaci è decisiva nelle scelte rispetto al marito Alcinoo come rivela Nausicaa a Odisseo suggerendogli di chiedere aiuto alla madre ignorando il padre (Odissea, VI, 310).

Chiarirò meglio la posizione della donna nei poemi omerici durante il corso che terrò alla Primo Levi dal prossimo 13 ottobre.

Engels poco più avanti scrive: “Per quanto riguarda i greci di un’epoca più tarda, si deve distinguere tra dori e ioni. I primi, il cui esempio classico è Sparta, hanno per diversi riguardi relazioni coniugali ancora più arcaiche di quelle mostrate dallo stesso Omero (…) Le donne spartane e la èlite delle etere ateniesi sono le uniche donne greche che gli antichi menzionano con rispetto, e le cui opinioni ritengano degne di venir tramandate” (p. 88)

Gorgò, la moglie del re spartano Leonida, a una straniera che le aveva detto: solo voi donne spartane comandate sugli uomini, Gorgò rispose: “movnai ga;r tivktomen a[ndraς (Plutarco, Vita di Licurgo, 14), infatti solo noi partoriamo degli uomini.

Gorgò da bambina diede ordini perfino al padre, al re Cleomene. Lo dissuase dall’ accettare il denaro (50 talenti) che Aristagora di Mileto gli offriva in cambio di un aiuto militare (Erodoto, V, 52, 2).

Per le etère che vivevano ad Atene si pensi ad Aspasia, l’amante di Pericle.

Secondo Platone sarebbe stata Aspasia a comporre il logos epitafios pronunciato da Pericle.

Sentiamo un paio di passaggi: “La nostra democrazia di fatto è un’aristocrazia con il consenso della massa. Noi abbiamo sempre avuto dei re. (Il secondo arconte che presiedeva al culto, aveva il titolo di re). Anche la costituzione ateniese è in qualce modo mikthv.

Il popolo assegna cariche e potere a chi gli sembra essere il migliore: nessuno è stato escluso (ajphlevlatai oujdeivς) per debolezza, povertà, oscurità dei padri, né per motivi opposti (oujde; toĩς ejnantivoiς) è stato onorato. C’è un solo limite (ei|ς o{roς): ha il potere e le cariche (krateĩ kai; a[rcei) chi ha la reputazione di uomo saggio o buono (oJ dovxaς sofo;ς h} ajgaqo;ς ei\nai (Menesseno , 238d).

 

La versione completa che abbiamo è quella redatta da Tucidide (La guerra del Peloponneso, II, 35 - 46),

 Ma torniamo Cleopatra nel poema di Lucano

La giovane principessa formae confisa suae confidando nella propria bellezza va da lui adit tristis sine ullis lacrimis, triste ma senza lacrime, acconciata di un finto dolore simulatum compta dolorem (83) quā decuit (84 )fin dove le stava bene veluti laceros dispersa capillos, sparsi i capelli, come strappati.

Continua

giovanni ghiselli



[1]” (Engels, L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato, IV edizione del 1891, trad italiana Newton compton, Roma, 1974, pp. 86 - 87)

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