Al tramonto
del sole andrò a correre sulla riva del mare quando la luna avrà allungato la
spiaggia verso gli scogli che frangono i flutti sollevati dal vento. A quell’ora
la gente è già sfollata in cerca di cibo.
Cerco
di evitare i contagi, ma so bene che il virus e la sua azione letale fa parte
della series implexa cusarum, la
serie concatenata delle cause che forma la trama, l’ordito di ferro del Fato.
La
coscienza del Destino immutabile del resto allevia ogni mio timore.
Quando
arrivo nella zona che noi pesaresi chiamiamo “sottomonte”, già rabbuiata dalla notte incipiente, non mi
spaurano nemmeno per poco i latrati furiosi dei cani, né gli ululati lontani e cupi dei lupi, né
il verso male ominoso del gufo, né il sibilare di serpi inquiete appostate nei
pressi della ferrovia, e non mi sbigottisce il lamento intermittente delle onde
frantumate dagli scogli sull’altro lato, né il lugubre verso dei tanti gabbiani affamati in cerca di un cibo
qualunque. So che non può accadermi nulla che non sia stato prefissato da
sempre e per sempre.
gianni
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