Charles Langlois, Napoleone alla battaglia di Smolensk |
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La guerra scitica, o partica, e quella dei Russi. Lentulo depreca i costumi degli Orientali e consiglia a Pompeo di volgersi verso l’Egitto. Un arcanum imperii
Il Parto non può essere vinto da nessun nemico per la sua libertà di fuga
- nulli superabilis hosti est - libertate
fugae (Lucano, Pharsalia, VIII, 370 - 1) sed non, ubi terra
tumebit, aspera conscendet montis iuuga, ma dove la terra si innalzerà, non
salirà sulle aspre giogaie dei monti dice Lentulo a Pompeo che dopo Farsalo
vorrebbe farsi aiutare dalle popolazioni orientali per una riscossa su Giulio
Cesare.
I Russi si comportarono con Napoleone 1812 - 1813 e Hitler 1941 -
1945 come gli Sciti con Dario I alla fine del VI secolo a. C.
“Da parte loro gli autori russi si compiacciono ancor più di parlare di
come dal principio della campagna esistesse il “piano di guerra scitica”
mirante ad attirare Napoleone nelle regioni interne della Russia
(Tolstoj, Guerra e pace, III, II, 1, p. 1031 Garzanti, 1974
“Questa gente deve capire che passando al’offensiva possiamo solo perdere.
Pazienza e tempo, ecco i miei paladini!” pensava Kutuzov.
Egli sapeva che non bisogna cogliere la mela finché è verde. Cadrà da sé,
quando sarà matura, ma se la cogli verde, rovinerai la mela e l’albero e ti si
allegheranno i denti” (IV, II, 17, p. 1541)
“Il randello della guerra popolare si sollevò con tutta la sua forza
terribile e maestosa, e senza curarsi di gusti o di regole, con ottusa
semplicità, ma con perfetta rispondenza allo scopo, senza distinguere
cicchessia, si alzò, si abbassò e martellò i francesi finché non fu annientata
tutta l’invasione.
Fortunato quel popolo che (…) con semplicità e immediatezza raccoglie il
primo randello a portata di mano e martella fino che in fondo all’anima, il
sentimento dell’offesa e della vendetta non cede il posto al disprezzo e alla
pietà” (Guerra e pace, IV, III, 2, p. 1553).
Lentulo continua: “Pugna levis bellumque fugax turmaeque vagantes” (380)
battaglia leggera, guerra basata sulla fuga, torme vaganti
Et melior cessisse loco quam pellere miles, il soldato è più bravo a
ritirarsi dal posto che a respingere il nemico
Illita tela dolis (382) le frecce sono spalmate di inganni (sono
tossiche - cfr. tovxon, arco e freccia)
Ensis habet vires, è la spada che ha forza et gens
quaecumque virorum est - bella gerit gladiis (385 - 386) e ogni popolo
composto da veri uomini combatte con le spade. Per i Medi fiducia tota
veneni est (388) contano del tutto sul veleno. Il loro sarebbe
un pudendum auxilium,391 un aiuto di cui doversi vegognare.
Non devi temere la morte mors ultima poena est - nec mteuenda
viris VIII, 395 - 396.
I barbari violentano le donne: “At non Cornelia letum - infando sub rege
timet (396 - 397), Cornelia non teme la morte una volta sottomessa a un re
nefando.
Num barbara nobis –est ignota Venus, quae ritu caeca ferarum -
polluit innumeres leges et foedera taedae - coniugibus thalamique patent
secreta nefandi - inter mille nurus? (397 - 401), non conosciamo una
Venere cieca che alla maniera delle bestie ha insozzato innumerevoli leggi e
patti della fiaccola nuziale e i segreti del talamo nefando sono scoperti tra
mille spose?
La loro reggia pazza di banchetti e di vino - Epulis vaesana meroque -
regia osa rapporti sessuali che non sono eccepiti da nessuna loro legge
- non ullis exceptos legibus audet - concubitus (401 - 403).
Cfr. Dante di Semiramide: “A vizio di lussuia fu sì rotta - che libito fe’
licito in sua legge - per tòrre il biasmo in che era condotta” (Inferno, V, 55
- 57).
Iacuere sorores - in regum thalamis sacrataque pignora
matres (404 - 405) incesti con le sorelle e pure con le madri pegni
consacrati.
C’è una infelix fabula una tragedia sciagurata che condanna la
Tebe di Edipo presso le genti per un delitto pur commesso
involontariamente sceleris non sponte sua peracti (406).
Aristotele chiarisce meglio di che si tratta quando spiega che il
protagonista non può essere un perfetto malvagio, se deve suscitare pietà,
invece di soddisfazione, né può essere una persona ottima quella che
finisce in rovina, poiché in questo caso provocherebbe ripugnanza.
Insomma il personaggio tragico deve soffrire per un errore (di
j aJmartivan tinav, 1453a, 10) un difetto intellettuale più che morale, piuttosto che un
crimine voluto, un misfatto compiuto senza saperlo, come quello di Edipo che ha
ucciso il padre suo e sposato la madre sua che non conosceva ; inoltre è
necessario che questo disgraziato, e delinquente per sbaglio, non sia troppo
lontano dalla medietà: poiché la pietà è per chi non si merita i tormenti, il
terrore per chi ci somiglia (e[leo~ me;n peri; to;n ajnavxion, fovbo~
de; peri; to;n o{moion, 1453a, 5).
“Nella Retorica Aristotele colloca l’aJmartiva a metà strada tra
sfortuna (ajtuvchma) e ingiustizia (ajdivkhma): l’aJmavrthma presuppone un atto
volontario ma senza malvagità (mh; ajpo; ponhriva~), Rhet. 1374b”[1].
Mentre un Parthorum dominus, Arsacides, quotiens sic sanguine mixto
nascitur! (408 - 409), un signore dei Parti, un Arsacide, quante volte nasce da
un sangue mescolato male? - Dinastia che regnò sui Parti dal 250 circa a. C. al
226 d. C.
“Cui fas implere parentem - quid rear esse nefas? (409 - 410)
per chi è lecito ingravidare la madre, cosa debbo pensare sia illecito? Il re
persiano insozzerà la prole illustre di Metello, Cornelia anche per offendere i
mariti precedenti, Crasso e Pompeo. Del resto tu non hai vendicato Crasso come
non lo ha fatto Cesare ma avete combattuto ta voi due. Bisognava sguarnire
il latus Arctōum il lato settentrionale dell’impero dum perfida
Susa - in tumulos prolapsa ducum Babylonque iaceret (425 - 426), finché la
perfida Sussa e Babilona giacesse crollata sulle tombe dei comandanti (i due
Crassi).
Crasso maledirà Pompeo che non lo ha vendicato. Ti si
presenteranno trunci cervice duces i comandanti romani decollati per
purificare le mura.
Lentulo dunque consiglia l’Egitto. Il Nilo rigetta il mare e lo farà con
Cesare.
Sceptra puer Ptolomaeus habet tibi debita, Magne - tutelae commissa tuae
–innocua est aetas (448 - 450), lo scettro è affidato alla tutela tua.
Invece chi è abituato allo scettro non si vergogna di niente - nil
pudet assuetos sceptris - 452.
Un altro arcanum imperii: mitissima sors est - regnoruum sub rege novo
- 452 - 453, del tutto gentile è la condizione di un regno sotto un
monarca nuovo
i fatti gli daranno torto, comefarà Machiavelli e ha già fatto
Eschilo e pure la Didone virgiliana.
Nel prologo del Prometeo incatenato, Efesto, pur riluttante
per compassione, deve incatenare il ribelle nella deserta solitudine della
Scizia: infatti è Zeus che lo vuole e la sua mente è inesorabile:"a{pa"
de; tracu;" o{sti" a}n nevon krath'/" (v. 35), chiunque comandi da
poco tempo è duro.
Di questo verso si ricorderà Virgilio quando la sua Didone si giustifica
con Enea:" res dura et regni novitas me talia cogunt /moliri et late
fines custode tueri " (Eneide, I, 563 - 564):", la dura
condizione e la novità del regno mi costringono a tali precauzioni e a fare
vigilare per lungo tratto i confini dalle guardie.
Didone e Zeus sono duri per difendere i loro regni nuovi dalle tante
insidie che li minacciano.
Machiavelli cita questi versi di Virgilio per avallare e autorizzare
questa sua affermazione:"Et infra tutti e' principi, al principe nuovo è
impossibile fuggire el nome di crudele, per essere li stati nuovi pieni di
pericoli"[2]. Insomma è un arcanum imperii che,
svelato, diventa lex.
Pesaro 16 settembre 2020, ore 11
giovanni ghiselli
p. s.
Sempre1032763
Oggi74
Ieri222
Questo mese7265
Il mese scorso13215
[1] Avezzù - Guidorizzi, Edipo a
Colono, p. 325.
[2] Il Principe, XVII
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