mercoledì 16 settembre 2020

Lucano XLIV. Pharsalia VIII (vv. 370-453)

Charles Langlois, Napoleone alla battaglia di Smolensk

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Argomenti

La guerra scitica, o partica, e quella dei Russi. Lentulo depreca i costumi degli Orientali e consiglia a Pompeo di volgersi verso l’Egitto. Un arcanum imperii

 

Il Parto non può essere vinto da nessun nemico per la sua libertà di fuga - nulli superabilis hosti est - libertate fugae (Lucano, Pharsalia, VIII, 370 - 1) sed non, ubi terra tumebit, aspera conscendet montis iuuga, ma dove la terra si innalzerà, non salirà sulle aspre giogaie dei monti dice Lentulo a Pompeo che dopo Farsalo vorrebbe farsi aiutare dalle popolazioni orientali per una riscossa su Giulio Cesare.

 

I Russi si comportarono con Napoleone 1812 - 1813 e Hitler 1941 - 1945 come gli Sciti con Dario I alla fine del VI secolo a. C.

“Da parte loro gli autori russi si compiacciono ancor più di parlare di come dal principio della campagna esistesse il “piano di guerra scitica” mirante ad attirare Napoleone nelle regioni interne della Russia (Tolstoj, Guerra e pace, III, II, 1, p. 1031 Garzanti, 1974

“Questa gente deve capire che passando al’offensiva possiamo solo perdere. Pazienza e tempo, ecco i miei paladini!” pensava Kutuzov.

Egli sapeva che non bisogna cogliere la mela finché è verde. Cadrà da sé, quando sarà matura, ma se la cogli verde, rovinerai la mela e l’albero e ti si allegheranno i denti” (IV, II, 17, p. 1541)

 

“Il randello della guerra popolare si sollevò con tutta la sua forza terribile e maestosa, e senza curarsi di gusti o di regole, con ottusa semplicità, ma con perfetta rispondenza allo scopo, senza distinguere cicchessia, si alzò, si abbassò e martellò i francesi finché non fu annientata tutta l’invasione.

Fortunato quel popolo che (…) con semplicità e immediatezza raccoglie il primo randello a portata di mano e martella fino che in fondo all’anima, il sentimento dell’offesa e della vendetta non cede il posto al disprezzo e alla pietà” (Guerra e pace, IV, III, 2, p. 1553).

Lentulo continua: “Pugna levis bellumque fugax turmaeque vagantes” (380) battaglia leggera, guerra basata sulla fuga, torme vaganti

Et melior cessisse loco quam pellere miles, il soldato è più bravo a ritirarsi dal posto che a respingere il nemico

Illita tela dolis (382) le frecce sono spalmate di inganni (sono tossiche - cfr. tovxon, arco e freccia)

 Ensis habet vires, è la spada che ha forza et gens quaecumque virorum est - bella gerit gladiis (385 - 386) e ogni popolo composto da veri uomini combatte con le spade. Per i Medi fiducia tota veneni est (388) contano del tutto sul veleno. Il loro sarebbe un pudendum auxilium,391 un aiuto di cui doversi vegognare.

Non devi temere la morte mors ultima poena est - nec mteuenda viris VIII, 395 - 396.

I barbari violentano le donne: “At non Cornelia letum - infando sub rege timet (396 - 397), Cornelia non teme la morte una volta sottomessa a un re nefando.

 Num barbara nobis –est ignota Venus, quae ritu caeca ferarum - polluit innumeres leges et foedera taedae - coniugibus thalamique patent secreta nefandi - inter mille nurus? (397 - 401), non conosciamo una Venere cieca che alla maniera delle bestie ha insozzato innumerevoli leggi e patti della fiaccola nuziale e i segreti del talamo nefando sono scoperti tra mille spose?

La loro reggia pazza di banchetti e di vino - Epulis vaesana meroque - regia osa rapporti sessuali che non sono eccepiti da nessuna loro legge - non ullis exceptos legibus audet - concubitus (401 - 403).

Cfr. Dante di Semiramide: “A vizio di lussuia fu sì rotta - che libito fe’ licito in sua legge - per tòrre il biasmo in che era condotta” (Inferno, V, 55 - 57).

 

 Iacuere sorores - in regum thalamis sacrataque pignora matres (404 - 405) incesti con le sorelle e pure con le madri pegni consacrati.

C’è una infelix fabula una tragedia sciagurata che condanna la Tebe di Edipo presso le genti per un delitto pur commesso involontariamente sceleris non sponte sua peracti (406).

 

Aristotele chiarisce meglio di che si tratta quando spiega che il protagonista non può essere un perfetto malvagio, se deve suscitare pietà, invece di soddisfazione, né può essere una persona ottima quella che finisce in rovina, poiché in questo caso provocherebbe ripugnanza. Insomma il personaggio tragico deve soffrire per un errore (di j aJmartivan tinav, 1453a, 10) un difetto intellettuale più che morale, piuttosto che un crimine voluto, un misfatto compiuto senza saperlo, come quello di Edipo che ha ucciso il padre suo e sposato la madre sua che non conosceva ; inoltre è necessario che questo disgraziato, e delinquente per sbaglio, non sia troppo lontano dalla medietà: poiché la pietà è per chi non si merita i tormenti, il terrore per chi ci somiglia (e[leo~ me;n peri; to;n ajnavxion, fovbo~ de; peri; to;n o{moion, 1453a, 5).

“Nella Retorica Aristotele colloca l’aJmartiva a metà strada tra sfortuna (ajtuvchma) e ingiustizia (ajdivkhma): l’aJmavrthma presuppone un atto volontario ma senza malvagità (mh; ajpo; ponhriva~), Rhet. 1374b”[1].

 

Mentre un Parthorum dominus, Arsacides, quotiens sic sanguine mixto nascitur! (408 - 409), un signore dei Parti, un Arsacide, quante volte nasce da un sangue mescolato male? - Dinastia che regnò sui Parti dal 250 circa a. C. al 226 d. C.

 

 “Cui fas implere parentem - quid rear esse nefas? (409 - 410) per chi è lecito ingravidare la madre, cosa debbo pensare sia illecito? Il re persiano insozzerà la prole illustre di Metello, Cornelia anche per offendere i mariti precedenti, Crasso e Pompeo. Del resto tu non hai vendicato Crasso come non lo ha fatto Cesare ma avete combattuto ta voi due. Bisognava sguarnire il latus Arctōum il lato settentrionale dell’impero dum perfida Susa - in tumulos prolapsa ducum Babylonque iaceret (425 - 426), finché la perfida Sussa e Babilona giacesse crollata sulle tombe dei comandanti (i due Crassi).

Crasso maledirà Pompeo che non lo ha vendicato. Ti si presenteranno trunci cervice duces i comandanti romani decollati per purificare le mura.

Lentulo dunque consiglia l’Egitto. Il Nilo rigetta il mare e lo farà con Cesare.

Sceptra puer Ptolomaeus habet tibi debita, Magne - tutelae commissa tuae –innocua est aetas (448 - 450), lo scettro è affidato alla tutela tua.

Invece chi è abituato allo scettro non si vergogna di niente - nil pudet assuetos sceptris - 452.

Un altro arcanum imperii: mitissima sors est - regnoruum sub rege novo - 452 - 453, del tutto gentile è la condizione di un regno sotto un monarca nuovo

 i fatti gli daranno torto, comefarà Machiavelli e ha già fatto Eschilo e pure la Didone virgiliana.

 Nel prologo del Prometeo incatenato, Efesto, pur riluttante per compassione, deve incatenare il ribelle nella deserta solitudine della Scizia: infatti è Zeus che lo vuole e la sua mente è inesorabile:"a{pa" de; tracu;" o{sti" a}n nevon krath'/" (v. 35), chiunque comandi da poco tempo è duro.

Di questo verso si ricorderà Virgilio quando la sua Didone si giustifica con Enea:" res dura et regni novitas me talia cogunt /moliri et late fines custode tueri " (Eneide, I, 563 - 564):", la dura condizione e la novità del regno mi costringono a tali precauzioni e a fare vigilare per lungo tratto i confini dalle guardie.

Didone e Zeus sono duri per difendere i loro regni nuovi dalle tante insidie che li minacciano.

Machiavelli cita questi versi di Virgilio per avallare e autorizzare questa sua affermazione:"Et infra tutti e' principi, al principe nuovo è impossibile fuggire el nome di crudele, per essere li stati nuovi pieni di pericoli"[2]. Insomma è un arcanum imperii che, svelato, diventa lex.

 

Pesaro 16 settembre 2020, ore 11

giovanni ghiselli

 

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[1] Avezzù - Guidorizzi, Edipo a Colono, p. 325.

[2] Il Principe, XVII

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