domenica 6 settembre 2020

Lucano XXXV. Pharsalia VI (vv. 612-711)

J.H. Füssli, Le tre streghe (Macbeth, I, 3)

Argomento
La preghiera nera di Erichto confrontabile con quella della nipote di Circe nel primo atto della Medea di Seneca e con quella delle streghe del Macbeth

Erichto risponde che fata minora si possono smuovere ma da quando c’è la causarum series (612) la serie concatenata delle cause omnia fata laborant si quidquam mutare velis (612 - 613) e tutti i destini soffrono se vuoi cambiare qualcosa, plus Fortuna potest (615), la Fortuna si è fatta più potente della magia tessala.
Seneca: “dicimus seriem esse causarum ex quibus nectitur fatum (Ep.19, 6), diciamo che c’è la serie delle cause che forma la trama del destino. Una trama, un ordito di ferro 
 Il futuro comunque è dato conoscerlo. Si può anche fare parlare uno morto da poco ut ora plena voce sonent nec membris sole perustis - auribus incertum strideat feralis umbra (622 - 623)
Dopo avere detto questo, la strega raddoppia con la magia le tenebre della notte e con la testa lugubre coperta da una nuvola sudicia va errando in mezzo ai cadaveri degli insepolti. Fuggono i lupi e gli uccelli da preda mentre la donna cerca il morto che farà da profeta. Finalmente sceglie un cadavere, gli annoda un laccio intorno alla gola, vi inserisce un uncino e lo trascina sotto la roccia di una caverna. Dentro la grotta marciscono tenebre torpide marcentes intus tenebrae (646). E’ l’anticamera del mondo dei morti. La coma horrida di Eritto è stretta sul collo da una ghirlanda di vipere. Sesto Pompeo e i compagni hanno paura e la strega li rimprovera: “quis timor ignavi, metuentis cernere mames?” 666. Sono, loro, i morti che hanno paura di me. Eritto apre nuove ferite nel cadavere, lava le viscere togliendo la putredine e versa umore di luna - abluit et virus large lunare ministrat (669) mescola tutto quanto la natura ha generato con un parto sinistro: bava di cani idrofobi, spuma canum, viscere di linci, vertebra di iena spietata, midolla di cervo nutrite da un serpente, il pesce remora che trattiene la nave anche se spinta dal vento, occhi di drago, sassi che crepitano intiepiditi da uccello che cova, il serpente alato degli Arabi, la vipera marina che nasce nel mar Rosso, custode della preziosa conchiglia, la pelle di una cerasta - vipera cornuta cfr. kevra", corno - di Libia.
In Dante le “feroci Erine - “serpentelli e ceraste avean per crine” - Inferno 9, 41.
Quindi la cenere di una Fenice posatasi su un altare d’ Oriente
A questi flagelli aggiunge fronde impregnate di formule nefande et quibis os dirum nascentibus inspuit herbas - addidit (683 - 684) e aggiunse erbe su cui la sua bocca tremenda aveva sputato quando nascevano.
Poi la sua voce esprime borbottii dissonanti
Latratus habet illa canum gemitusque luporum” (688) quella contiene latrati cani e ululati di lupi, il verso del gufo inquieto e di strige notturna, lo stridere e l’ululare delle fiere, il sibilare dei serpenti. Esprime pure i lamenti dell’onda frantumata dagli scogli - exprimit et planctus illisae cautibus undae - (691), e i tuoni della nuvola che si spacca fractaeque tonitrua nubis (692). La sua lingua penetra nel Tartaro con parole rivolte alle Eumenidi, all’empietà dello Stige, alla Pena dei colpevoli, “et Chaos innumeros avidum confundere mundos - 696 e a Plutone rector terrae (697) tormentato dal fatto che la morte degli altri dèi è differita in un tempo lontano, poi ai campi Elisi quos nulla meretur - Thessalis Elysios (698 - 699), che nessuna donna tessala si merita, e a Persefone caelum matremque perosa - Persephone (699 - 700), che ha odiato il cielo e la madre. A Ecate è il tratto d’unione tra Eritto e i morti, poi a Eaco che getta al cane Cerbero le viscere offerte “tuque o flagrantis portitor undae”, a Caronte (704) traghettatore dell’onda infuocata, vecchio affaticato dalle ombre che tornano indietro da me iam lassate senex ad me redeuntibus umbrae (705)
Dunque exaudite preces (706). Io infatti vos satis ore nefando - pollutoque voco (706 - 707) vi invoco con bocca abbastanza nefanda e lorda, e canto formule magiche numquam fibris humanis ieiuna (708), se piena del dio nel petto ho lavato interiora tagliate quando il cervello era ancora caldo, se ogni bambino quisquis infans che ho messo sulle vostre scodelle - vestris lancibus[1] - con testa e viscere sarebbe sopravvissuto se non fosse stato per me
Dunque: parete precanti 711, obbedite a me che vi prego.

giovanni ghiselli

p. s
a chi le vuole manderò le preghiere nere di Medea e delle streghe del Macbeth



[1] lanx femminile cfr. satura lanx

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