La sete nella
tempesta di sabbia. Il re Numa e la sua pietas contaminata con
la religio.
Catone di
Lucano, come Alessandro Magno di Curzio Rufo e Plutarco, rifiuta l’acqua se
deve bere lui solo.
Il vento dunque attacca la schiera romana
in marcia. Imaque tellus - stat, quia summa fugit (470 - 471).
Il vento torce e porta via galeas et scuta virorm - pilaque (471
- 472) elmi, scudi e giavellotti - tulit magni per inania caeli.
Le armi che cadono dal cielo spesso sono
state strappate a braccia umane.
Cos’ caddero ai piedi del re Numa che
sacrificava gli scudi che i Salii portano sulle spalle patrizie. Il vento
Austro o Borea li aveva tolti a qualche popolo che portava ancilia
nostra, i nostri scudi tondi. Erano undici esemplati sull’ancile caduto
dal cielo al tempo del secondo re.
Numa
Fu il re Numa che decise di infondere il timore degli
dèi (“deorum metum iniciendum ratus est ” (Livio, I, 19, 4), cosa
efficacissima per la massa ignorante e rozza di quei tempi[1].
Un argomento che in epoca moderna viene ripreso
da Machiavelli. L'XI
capitolo del I libro dei Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio
(1517) verte sulla religione dei
Romani: tra questi il re Numa "trovando un popolo ferocissimo, e
volendolo ridurre nelle obedienze civili con le arti della pace, si volse alla
religione come cosa del tutto necessaria a volere mantenere una civiltà e la constituì
in modo che per più secoli non fu mai tanto timore di Dio quanto in quella
republica il che facilitò qualunque impresa che il Senato o quelli grandi
uomini romani disegnassero fare... E vedesi, chi considera bene le istorie
romane, quanto serviva la religione a comandare gli eserciti, ad animire la
Plebe, a mantenere gli uomini buoni a fare vergognare i rei. Talché se si
avesse a disputare a quale principe Roma fusse più obligata o a Romolo o a Numa credo più tosto Numa
otterrebbe il primo grado: perché dove è religione facilmente si possono
introdurre l'armi e dove sono l'armi e non religione con difficultà
si può introdurre quella...E veramente mai fu alcuno ordinatore di leggi
straordinarie in uno popolo che non ricorresse a Dio, perché altrimenti non
sarebbero accettate". Quindi Machiavelli
tra i legislatori che "ricorrono a Dio" nomina Licurgo e Solone. Infine
tira le somme: "Considerato adunque tutto, conchiudo che la religione
introdotta da Numa fu intra le prime cagioni della felicità di quella città,
perché quella causò buoni ordini, i buoni ordini fanno buona fortuna, e dalla
buona fortuna nacquero i felici successi delle imprese. E come la osservanza
del culto divino è cagione della grandezza delle repubbliche, così il dispregio
di quello è cagione della rovina di esse. Perché dove manca il timore di Dio, conviene o che quel regno rovini o
che sia sostenuto dal timore d'uno principe che sopperisca a'
defetti della religione".
Intanto in Libia il vento Austro soffiava
con tale violenza che gli uomini dovevano ficcare le mani nella terra per non
essere trascinati via. Mucchi di sabbia però li seppelliscono. Austro
sconquassava anche muri e mura facendone volare i pezzi.
Iamque iter omne latet, non appare più nessuna strada. Solo dalle stelle si
poteva ricavare orientamento. Di giorno l’aria si fece bruciante: manant
sudoribus artus, arent ora siti (499 - 500) le bocche aride per la
sete. Un soldato riuscì a cogliere un poco d’acqua con l’elmo e la offrì a
Catone.
Squalebant pulvere fauces cunctorum (503 - 504), erano secche e sporche di sabbia le
gole di tutti, e il dux tenens minimum liquoris con quella
pochissima acqua invidiosus erat destava invidia. Allora domandò
al miles chiamandolo degĕner (505) . “mene
unum - in hac turba vacuum virtute putasti?” 505 - 506, hai ritenuto me
solo privo di virtù in questa masnada?
Poi gli domanda se gli fosse
sembrato mollis primisque caloribus impar (507) rammollito e
non all’altezza dei primi caldi.
Così mosso dall’ira Sic concĭtus
ira (concieo - ēre) mosso dall’ira , “excussit galeam,
suffecitque omnibus unda” 510 e l’acqua bastò per tutti.
Cfr. Curzio Rufo Alessandro passa nella Sogdiana
(Uzbekistan). Erano tormentati dalla sete. Al. dà prova di magnitudo
animi rifiutando di bere acqua che gli venne offerta quando non ce
n’era per tutti: “nec solus - inquit - bibere sustineo nec tam exiguum
dividere omnibus possum” (Curzio Rufo, 7, 5, 12), e restituì il boccale che
gli avevano offerto due padri che stavano portando l’acqua ai figli. Al. è
esemplare ed emblematico come deve essere un capo.
Plutarco racconta che Al. non bevve dicendo: se bevo io
solo, questi si scoraggeranno: “a}n ga;r aujto;~ e[fh
pivnw movno~, ajqumhvsousin ou|toi” (Vita,
42, 9). Con un tal re i suoi soldati non sentivano nemmeno la stanchezza e si
consideravano immortali (Vita, 42, 10).
giovanni ghiselli
p. s. Il tema della religio come superstizione potrà
essere ampliato e approfondito se ci sarà richiesta.
[1] Nella Tebaide di Stazio (45 ca - 96 d. C.)
Anfiarao annuncia cattivi presagi e Capaneo replica:"quid inertia
pectora terres?/primus in orbe deos fecit timor " (III, 660 - 661),
perché terrorizzi i petti senza energia? per prima la paura impose gli dèi al
mondo.
Nessun commento:
Posta un commento