giovedì 24 settembre 2020

Lucano LI. Pharsalia IX (470-510)

Numa Pompilio
Argomento

La sete nella tempesta di sabbia. Il re Numa e la sua pietas contaminata con la religio.

Catone di Lucano, come Alessandro Magno di Curzio Rufo e Plutarco, rifiuta l’acqua se deve bere lui solo.

 

Il vento dunque attacca la schiera romana in marcia. Imaque tellus - stat, quia summa fugit (470 - 471). Il vento torce e porta via galeas et scuta virorm - pilaque (471 - 472) elmi, scudi e giavellotti - tulit magni per inania caeli.

Le armi che cadono dal cielo spesso sono state strappate a braccia umane.

Cos’ caddero ai piedi del re Numa che sacrificava gli scudi che i Salii portano sulle spalle patrizie. Il vento Austro o Borea li aveva tolti a qualche popolo che portava ancilia nostra, i nostri scudi tondi. Erano undici esemplati sull’ancile caduto dal cielo al tempo del secondo re.

 

Numa

Fu il re Numa che decise di infondere il timore degli dèi (“deorum metum iniciendum ratus est ” (Livio, I, 19, 4), cosa efficacissima per la massa ignorante e rozza di quei tempi[1].

Un argomento che in epoca moderna viene ripreso da Machiavelli. L'XI capitolo del I libro dei Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio (1517) verte sulla religione dei Romani: tra questi il re Numa "trovando un popolo ferocissimo, e volendolo ridurre nelle obedienze civili con le arti della pace, si volse alla religione come cosa del tutto necessaria a volere mantenere una civiltà e la constituì in modo che per più secoli non fu mai tanto timore di Dio quanto in quella republica il che facilitò qualunque impresa che il Senato o quelli grandi uomini romani disegnassero fare... E vedesi, chi considera bene le istorie romane, quanto serviva la religione a comandare gli eserciti, ad animire la Plebe, a mantenere gli uomini buoni a fare vergognare i rei. Talché se si avesse a disputare a quale principe Roma fusse più obligata o a Romolo o a Numa credo più tosto Numa otterrebbe il primo grado: perché dove è religione facilmente si possono introdurre l'armi e dove sono l'armi e non religione con difficultà si può introdurre quella...E veramente mai fu alcuno ordinatore di leggi straordinarie in uno popolo che non ricorresse a Dio, perché altrimenti non sarebbero accettate". Quindi Machiavelli tra i legislatori che "ricorrono a Dio" nomina Licurgo e Solone. Infine tira le somme: "Considerato adunque tutto, conchiudo che la religione introdotta da Numa fu intra le prime cagioni della felicità di quella città, perché quella causò buoni ordini, i buoni ordini fanno buona fortuna, e dalla buona fortuna nacquero i felici successi delle imprese. E come la osservanza del culto divino è cagione della grandezza delle repubbliche, così il dispregio di quello è cagione della rovina di esse. Perché dove manca il timore di Dio, conviene o che quel regno rovini o che sia sostenuto dal timore d'uno principe che sopperisca a' defetti della religione".

 

Intanto in Libia il vento Austro soffiava con tale violenza che gli uomini dovevano ficcare le mani nella terra per non essere trascinati via. Mucchi di sabbia però li seppelliscono. Austro sconquassava anche muri e mura facendone volare i pezzi.

Iamque iter omne latet, non appare più nessuna strada. Solo dalle stelle si poteva ricavare orientamento. Di giorno l’aria si fece bruciante: manant sudoribus artus, arent ora siti (499 - 500) le bocche aride per la sete. Un soldato riuscì a cogliere un poco d’acqua con l’elmo e la offrì a Catone.

Squalebant pulvere fauces cunctorum (503 - 504), erano secche e sporche di sabbia le gole di tutti, e il dux tenens minimum liquoris con quella pochissima acqua invidiosus erat destava invidia. Allora domandò al miles chiamandolo degĕner (505) . “mene unum - in hac turba vacuum virtute putasti?” 505 - 506, hai ritenuto me solo privo di virtù in questa masnada?

 Poi gli domanda se gli fosse sembrato mollis primisque caloribus impar (507) rammollito e non all’altezza dei primi caldi.

Così mosso dall’ira Sic concĭtus ira (concieo - ēre) mosso dall’ira , “excussit galeam, suffecitque omnibus unda” 510 e l’acqua bastò per tutti.

Cfr. Curzio Rufo Alessandro passa nella Sogdiana (Uzbekistan). Erano tormentati dalla sete. Al. dà prova di magnitudo animi rifiutando di bere acqua che gli venne offerta quando non ce n’era per tutti: “nec solus - inquit - bibere sustineo nec tam exiguum dividere omnibus possum” (Curzio Rufo, 7, 5, 12), e restituì il boccale che gli avevano offerto due padri che stavano portando l’acqua ai figli. Al. è esemplare ed emblematico come deve essere un capo.

 

Plutarco racconta che Al. non bevve dicendo: se bevo io solo, questi si scoraggeranno: “a}n ga;r aujto;~ e[fh pivnw movno~, ajqumhvsousin ou|toi” (Vita, 42, 9). Con un tal re i suoi soldati non sentivano nemmeno la stanchezza e si consideravano immortali (Vita, 42, 10).

 

giovanni ghiselli

 

 

p. s. Il tema della religio come superstizione potrà essere ampliato e approfondito se ci sarà richiesta.



[1] Nella Tebaide di Stazio (45 ca - 96 d. C.) Anfiarao annuncia cattivi presagi e Capaneo replica:"quid inertia pectora terres?/primus in orbe deos fecit timor " (III, 660 - 661), perché terrorizzi i petti senza energia? per prima la paura impose gli dèi al mondo.

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