Libro VIII
Sommario
Pompeo va a Lesbo a riprendere la
moglie Cornelia.
Pensa di utilizzare i Parti contro
Cesare, ma Lentulo e il consiglio dei capi bocciano il progetto
Excursus geoetnografico sui Parti
(vv. 334 - 438)
Navigazione verso l’Egitto. Una
volta sbarcato, Pompeo viene ucciso e decapitato. La sua testa imbalsamata verrà
offerta a Cesare,
Elogio funebre di Pompeo
Analisi del libro VIII
Prima parte (vv. 1 - 105)
Argomenti
La fuga di Pompeo fino a Lesbo dove
lo aspetta la moglie Cornelia.
Il mio commento paragona
contrastivamente questa ottima consorte con la cattiva Elena delle Troiane di
Euripide, e confronta la buona coppia Cornelia - Pompeo con le unioni
matrimoniali dissolute denunciate da Seneca.
Giovenale accrescerà la dose del
biasimo nel secolo seguente.
Questa parte si presta a essere
impiegata e ampliata durante il corso che terrò nella Primo Levi dal 13 ottobre
Pompeo fugge verso nord, attraverso
la valle di Tempe nemorosa (1), boscosa, sotto l’Ossa e
l’Olimpo. Il cavallo è stanco, Pompeo è in affanno. E’ memor fati (10)
memore del suo grande destino e sa che il prezzo del suo sangue non è ancora
basso - nondum vile sui pretium scit sanguinis esse - 9 - . Crede che la
sua gola abbia ancora tanto di paga - tantae mercedis habere - credit adhuc
iugulum - (10 - 11) quanta ne offrirebbe lui per la testa mozzata di Cesare
-
Gravis est Magno quicumque malorum -
testis adest (18,
19), a Pompeo pesa chiunque sia testimone della sua disgrazia.
Avrebbe preferito cunctis
ignotus gentibus esse - mallet et obscuro tutus transire per urbes - nomine (19
- 21).
Ma la Fortuna che lo aveva favorito
a lungo exigit a misero poenas longi favoris (21 - 22) e lo
schiaccia sotto il grave pesso della fama. La sua vita superstes
imperio (28 - 29) sopravvissuta al potere gli fa capire gli errori
commessi all’inizio sotto Silla nunc festinatos nimium sibi sentit
honores (24). Se la morte non previene la disgrazia, dedecori
est fortuna prior (31)
la fortuna precedente è motivo di
ignominia.
Pompeo arriva sulla foce del
Peneo iam clade rubens (34) rosseggiante per la strage. Una
piccola barca - ratis ventis ac fluctibus impar - lo raccolse trepidum verso
l’alto mare in altum. Aveva ancora molte navi nell’Adriatico
orientale (Corfù, Leucade) ma si trovava pavidus in alno,
spaventato in un piccolo scafo. Ordina di dirigere la barca secretae in
litora Lesbi (40) alle coste dell’appartata Lesbo, coste conscia
curarum, consapevoli delle sue angosce. Lì Cornelia ti nascondevi, mestior
quam si campis Emathiae stares (42 - 43).
Dei presagi - presagia
- exagitant tristes curas mettono in moto le tue angosce amare
Cornelia ogni notte ha in mente la
Tessaglia: Thessaliam omnis nox habet (45) e tenebris
remotis, passate le tenebre, curris in scopulos rupis abruptae (46)
corri agli scogli della rupe scoscesa e scruti il mare e prospiciens
fluctus, semper prima vides nutantia vela venientis carinae 46 - 47,
osservando i flutti vedi sei la prima a vesere le ondeggianti vele di una nave
in arrivo, ma non osi chiedere nulla sul destino del marito.
Ecco però che è giunto il
marito sconfitto victus adest coniunx (53).
Vede “deformem pallore ducem
vultusque prementem - canitiem atque atro squalentis pulvere vestem” (56 - 57)
il comandante deformato dal pallore, la canizie che preme sul volto, e gli
abiti sporchi di polvere nera.
Di solito le donne non perdonano
l’insuccesso dell’uomo (cfr. Il gabbiano di Cechov) ma
Cornelia è speciale.
Le si fece incontro la notte obvia
nox che con le tenebre tenebris, abstulit caelum
lucemque (58 - 69) e animam clausit dolor, il dolore le
tolse il respiro, riguerunt corda, si irrigidirono i movimenti
del cuore.
Pompeo sbarca e lustrat
vacuas harenas (62) percorre la spiaggia desolata.
Cornelia cade a terra come lo vide,
e le ancelle non si permisero di inveire contro il Destino oltre il gemere
silenzioso - “non ultra gemitus tacitos incessĕre fatum - permisēre sibi
- (64 - 65).
Pompeo accarezza la moglie
cui prohibet succumbere fatis (70). Le domanda perché rompa la
nobile forza nobile cur robur frangis ? (74) che ha ereditato
dagli antenati
Cornelia sta manifestando nobiltà
con la fedeltà al coniunx miser (76).
La tua pietas dia
battaglia al destino: “et tua cum fatis pietas decertet - , et ipsum quod
sum victus ama (78), ama proprio la mia condizione di vinto.
Cfr. viceversa Elena accusata da
Ecuba nelle Troiane di Euripide.
“Afrodite in realtà era la tua
follia erotica ajfrosuvnh” (Troiane, v. 990) le dice la vecchia
regina.
“Non per niente le due parole
cominciano con le medesime lettere:
infatti tutte le stoltezze sono Afrodite per gli uomini; e il nome della
dea comincia giustamente come quello di follia (ta; mw'ra ga;r
pavnt' ejsti;n
jAfrodivth brotoi'" - kai; tou[nom' ojrqw'" ajfrosuvnh" a[rcei
brotoi'").
Inoltre ti attirò la sua ricchezza e
quella di Troia. Eri consenziente e sei fuggita con lui, di nascosto.
Una volta cominciata la guerra,
parteggiavi sempre per il vincitore, guardando al successo badavi a seguirlo e
non volevi andare con il valore” (1008 - 1009).
Sentiamo Euripide tradotto
“Quando poi giungesti a Troia e gli
Argivi sulle tue
orme, e c’era la lotta di lance ferali,
se ti si annunziavano i successi di
questo,
esaltavi Menelao, perché mio figlio
si affliggesse 1005
di avere un antagonista grande in
amore;
se invece avevano successo i
Troiani, costui era una nullità. (indica Menelao)
Guardando alla fortuna questo
perseguivi,
di andare dietro a lei. Con la virtù
invece non volevi” Troiane, 1001 - 1008).
Pompeo continua a parlare alla
moglie : “ora che i fasci, il Senato - pia turba - schiere numerose di
re, mi abbandonano, nunc sum tibi gloria maior.
Incipe Magnum - sola sequi (80 - 81). Io non sono morto: solo
la mia Fortuna: “vivit post proelia Magnus, - sed fortuna perit” (84 - 85)
“Quod defles, illud amasti”
(85) ciò che piangi è quello che hai amato.
Cornelia dice di essere una donna
che ha portato disgrazie ai mariti: Crasso morto con il figlio Crasso iunior
sconfitti e uccisi dai Parti, e ora a Pompeo: infelix coniunx et nulli
laeta marito (89) sposa dai cattivi frutti e a nessun marito di buon
augurio. L’Erinni è la pronuba che mi conduce alle nozze . Ho portato la
catastrofe di Carre nelle guerre civili cunctosque fugavi - a causa
meliore deos (93 - 94).
Chiama Pompeo O maxime
coniunx (invece che Magne) e si domanda perché, empia
com’è, si sia sposata - cur impia nupsi - 96 - se doveva rendere
infelice il marito. Si miserum factura fui? 97 - Si offre come
vittima: sparge mari comitem (100) spargi nel mare le membra della
compagna, perché migliori la tua situazione. Si offre quale vittima in una specie
di devotio. Chiede al marito di purificare con la vita di lei la
catastrofe sua - nunc clades denique lustra - Magne, tuas (101 - 102)
Quindi si rivolge a Giulia, la
figlia di Cesare e precedente moglie di Pompeo: prega la morta. “ubicumque
iaces civilibus armis –nostros ulta toros, ades huc atque exige poenas, - Iulia
crudelis, placătaque paelice caesa - Magno parce tuo” (102 - 105), dovunque
tu giaci, ora che con le guerre civili ti sei vendicata dei nostri letti
matrimoniali, sii qui presente ed esigi il castigo, Giulia crudele, e placata
una volta ammazzata la concubina, risparmia Magno che è tuo.
Con questa abnegazione Cornelia
rappresenta la buona moglie, l’opposto della pessima consorte tipica della
“buona” società romana denunciata da diversi scrittori dell’età imperiale.
Seneca nel De Beneficiis afferma
che la frequenza e la diffusione dei peccatori leva l'infamia a ogni peccato,
dall'ingratitudine all'adulterio: "Numquid iam ulla repudio erubescit,
postquam inlustres quaedam ac nobiles feminae non consulum numero sed maritorum
annos suos computant et exeunt matrimonii causa, nubunt repudii? "
(III, 16, 2), oramai forse qualcuna arrossisce per un ripudio, dopo che alcune
donne famose e nobili contano i loro anni non con il numero dei consoli ma con
quello dei mariti ed escono di casa per sposarsi, si maritano per divorziare?
Subito dopo il filosofo
aggiunge:"Numquid iam ullus adulterii pudor est, postquam eo
ventum est, ut nulla virum habeat, nisi ut adulterum inrītet? Argumentum est
deformitatis pudicitia [1]. Quam
invenies tam miseram, tam sordidam, ut illi satis sit unum adulterorum par,
nisi singulis divisit horas? et non sufficit dies omnibus, nisi aput alium
gestata est, aput alium mansit. Infrunita et antiqua est, quae nesciat matrimonium
vocari unum adulterium " (III, 16, 3), c'è forse più un poco di vergogna
dell'adulterio, dopo che si è arrivati al punto che nessuna donna ha il marito,
se non per stimolare l'amante? La pudicizia è indizio di bruttezza. Quale
troverai tanto meschina, tanto spregevole che si accontenti solo di un paio di
amanti, se non ha diviso le ore per ciascuno di loro? e non basta la giornata
per tutti se non è stata trasportata da uno, non si è fermata da un altro. E'
insulsa e arretrata quella che non sa che un unico adulterio si chiama matrimonio.
giovanni ghiselli
[1] Si ricordi l'irrisorio "casta est quam nemo rogavit di Ovidio (Amores, I, 8, 44), è casta quella cui nessuno ha fatto proposte.
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