Beato Angelico, La Tebaide |
Argomenti
Figure femminili: le Furie Tisifone
e Megera da un lato, Pietas dall’altro.
Giocasta e le due figlie Antigone e
Ismene.
Figure maschili: Prometeo menzionato
da Pietas quale inventore delle dirae artes,
le tevcnai promotrici della guerra.
Eteocle e Polinice si ammazzano a
vicenda. Dignità di Edipo sorretto dall’amore di Antigone e maledetto da
Creonte.
Le furie Tisifone e Megera
La furia Tisifone stanca del
massacro pensa a un duello tra i fratelli e chiama come alleata Megera (la
terza furia è Aletto).
Megera era presso Plutone dove
Capaneo veniva festeggiato da tutti e si purificava nell’acqua dello Stige.
Megera arriva portando le tenebre sulla terra dove l’accoglie l’atra soror,
la cupa sorella Tisifone che si vanta dell’orrore che ha provocato spingendo
Tideo a insozzarsi di sangue l’insatiabilis rictus (86) il grugno
ingordo.
Ora però è stanca e chiede aiuto
alla sorella fresca di inferno. Bisogna spingere i fratelli ad ammazzarsi.
Licet alma Fides Pietasque repugnent, vincentur (100) lascia che fides e
la pietas si oppongano: saranno vinte
Giove vide dall’alto le Furie incestare
diem (120) contaminare la luce del giorno e il sole impaurito coprirsi
di macchie. Allora ordinò a nuvole cattive di fare buio coprendo lo spettacolo
orrendo
Polinice è turbato perché ha visto
l’immagine di Argia con una fiaccola funebre in mano e capisce che è un fati
monitus di vicina funera (149)
E’ incerto sul da farsi, e allora
Megera gli ispira furia contro il fratello
Polinice va da Adrasto e gli dice
del suo proposito: fratrem suprema in bella voco (169).
Si sente colpevole per le morti precedenti e ora, dice, fratri concurro (185).
Chiede al suocero sis lenis cineri (190) abbi riguardo per le
mie ceneri. Megera lo incalza ancora, mentre Tisifone spinge Eteocle. Polinice
va davanti alle porte a sfidare il fratello e Creonte spinge Eteocle ad
accettare la sfida. Lo accusa di avere rovinato Tebe.
Gli brucia la fine di Meneceo
morto ceu mutus et e grege sanguis (284) come un figlio della
plebe che non può protestare.
Eteocle accusa Creonte di una spes
atque occulta cupido (300), quella di prendere il potere. Poi il
giovane chiede le armi.
Giocasta smania graffiandosi il
volto e il petto nudo non sexus decorisque memor (318).
Viene paragonata ad Agave. Giocasta cerca di fermare Eteocle: haec tibi
canities, haec sunt calcanda, nefande-ubera (341) .poi dovrai passare
con il cavallo sul ventre di tua madre.
Intanto Antigone sale
sulle mura nec casta retardat virginitas (355).
Di lassù prega
Polinice di evitare il duello rogat illa suorum Antigone devota malis consacrata
ai mali della famiglia suspectăque regi (371) e oramai tantum tua,
dire, soror, sorella soltanto tua, sciagurato
La colpa di questo è tutta di
Eteocle, dice. Stazio come Euripide attribuisce a Eteocle le colpe più gravi
Polinice sta per convincersi,
ma esce Eteocle spinto dalla Furia. E’ vicino a compiersi per compiersi ingens
bellum unius uteri (408): sotto l’elmo tra due volti che si
somigliano. Le madri con il petto denudato impediscono ai bambini di assistere
allo spettacolo, mentre i morti tebani si accampano sui monti per vedere e
oscurano il giorno con la loro tetraggine
Adrasto cerca di fermare i due
fratelli in procinto di uccidersi a vicenda, ma poi fugge
Parla la Pietas e
si lamenta nil iam ego per populos , numquam reverentia nostri (467),
non conto più nulla tra le genti.
Maledice le dirae
Promethĕos artes (468) le spaventose tevcnai di Prometeo.
Cfr. Prometeo incatenato,
507 pa'sai tevcnai brotoi'sin ejk Promhqevwς.
Vuole tentare
e, travestita da soldato, cerca di suscitare pietà.
Ma interviene Tisifone e fa
scappare Pietas.
Cfr. la spitetatezza di Enea con
Didone.
Lo scontro fratricida. Polinice
colpisce il cavallo di Eteocle, poi tutti e due cadono a terra e si azzuffano.
Il sangue comincia a scorrere facinusque peractum est (536),
il crimine è compiuto. Polinice colpisce Eteocle all’inguine ed esulta. Poi si
avvicina al fratello per spogliarlo ma il moribondo lo colpisce con la forza
dell’odio e affonda il ferro nel cuore. Allora Polinice fa huc mecum ad
manes! Illic quoque pacta reposcam (570) chiederò il
rispetto dei patti anche là.
Un’infamia contro natura che solo i
re devono ricordare: “mostrumque infame futuris-excidat, et soli memorent
haec proelia reges” (579-580).
Allora Edipo esce dal suo
nascondiglio oscuro-profundis-erupit tenebris- (580-581
Sulla soglia della crudele dimora il
cieco espone una morte ancora incompiuta: capelli bianchi e induriti dal sangue
rappreso, occhiaie vuote sopra guance scavate. Appoggia il braccio sinistro su
Antigone e la destra su un bastone. Chiede alla figlia di condurlo
dai figli fratricidi per i quali prova tardiva pietà. Vuole
abbattersi sui loro cadaveri.
Dopo essersi gettato su quei corpi rimprovera
la propria pietas arrivata tardi: tarda, meam, Pietas,
longo post tempore, mentem –percutis? (605-606) En habeo
gemitus lacrimaeque per arida serpunt- vulnera (608-609),
Ecco, i miei gemiti e si spargono lacrime attraverso le ferite disseccate.
Le ferite dunque non solo parlano ma
pure piangono
Le ferite spesso parlano: non sempre
sono " poor, poor, dumb mouths "[1] , bocche mute, come quelle di Cesare
assassinato. "Una ferita è anche una bocca. Una qualche parte di noi sta
cercando di dire qualcosa. Se potessimo ascoltarla! Supponiamo che queste
"intensità sconvolgenti siano una sorta di messaggio: sono
"cicatrici", ferite, che segnano la nostra vita"[2].
Antigone impedisce al padre di
uccidersi e nello stesso tempo prova soddisfazione per le sue lacrime che gli
ha visto versare: “saevum gaudens planxisse parentem” 632
. Giocasta si trafigge il petto con la spada et
infelix lustratur sanguine lectus (641) e lo sciagurato letto viene
purificato con il sangue. Ismene piange sul cadavere della
madre. Creonte diventato re, proibisce la sepoltura degli Argivi e
caccia Edipo come cattivo presagio
Stazio commenta esecrando il
potere sceptri malesuādus amor (656) l’amore dello scettro
cattivo consigliere.
Edipo risponde con grande dignità:
mi ordini di lasciare le case? Caelum terramque reliqui
sponte e ho rivolto la mano vendicatrice contro il mio viso nullo
cogente (694).
Anche nell’Edipo re di
Sofocle il figlio e assassino di Laio, l’ncestuoso marito della propria madre
rivendica l’incoscienza e l’involontarietà degli errori commessi e il fatto
comunque di essersi inflitto una punizione invece volontaria: Apollo, era Apollo o amici/colui che
portò a compimento queste cattive cattive mie queste mie sofferenze./ Però di
sua mano nessuno li colpì/tranne me infelice" (vv. 1329-1333). Dicendo
l’utimo verso si tocca le ferite nel posto degli occhi
Edipo dichiara di avere anticipato i
colpi degli dèi.
Nell'Eracle di
Euripide Teseo dice che chiunque sia nobile tra gli uomini sopporta i colpi
degli dèi e non li evita:"o{sti"
eujgenh;" brotw'n-fevrei ta: g j ejk qew,n ptwvmat j oujd j ajnaivnetai" (vv. 1227-1228).
Quindi maledice il cognato-zio.
Antigone prega Creonte di laciar morire Edipo a Tebe. Ma il padre la trascina
via rinnovando feroci minacce, E’ come un vecchio leone che pur indebolito
suscita rispetto. Creonte risponde habeant te lustra tuusque Cithaeron (752)
ti tengano i luoghi dirupati e il tuo Cicerone. Poi si muove pomposamente verso
la reggia.
giovanni ghiselli
[1] Shakespeare Giulio
Cesare , III, 2, 246
[2] J.
Hillman, Il piacere di pensare , p. 66
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