sabato 19 settembre 2020

Stazio, "Tebaide" XI: Conclusione

Beato Angelico, La Tebaide

Argomenti

Figure femminili: le Furie Tisifone e Megera da un lato, Pietas dall’altro.

Giocasta e le due figlie Antigone e Ismene.

Figure maschili: Prometeo menzionato da Pietas quale inventore delle dirae artes, le tevcnai promotrici della guerra.

Eteocle e Polinice si ammazzano a vicenda. Dignità di Edipo sorretto dall’amore di Antigone e maledetto da Creonte.

 

Le furie Tisifone e Megera

 La furia Tisifone stanca del massacro pensa a un duello tra i fratelli e chiama come alleata Megera (la terza furia è Aletto).

Megera era presso Plutone dove Capaneo veniva festeggiato da tutti e si purificava nell’acqua dello Stige. Megera arriva portando le tenebre sulla terra dove l’accoglie l’atra soror, la cupa sorella Tisifone che si vanta dell’orrore che ha provocato spingendo Tideo a insozzarsi di sangue l’insatiabilis rictus (86) il grugno ingordo.

Ora però è stanca e chiede aiuto alla sorella fresca di inferno. Bisogna spingere i fratelli ad ammazzarsi. Licet alma Fides Pietasque repugnent, vincentur (100) lascia che fides e la pietas si oppongano: saranno vinte

Giove vide dall’alto le Furie incestare diem (120) contaminare la luce del giorno e il sole impaurito coprirsi di macchie. Allora ordinò a nuvole cattive di fare buio coprendo lo spettacolo orrendo

Polinice è turbato perché ha visto l’immagine di Argia con una fiaccola funebre in mano e capisce che è un fati monitus di vicina funera (149)

E’ incerto sul da farsi, e allora Megera gli ispira furia contro il fratello

Polinice va da Adrasto e gli dice del suo proposito: fratrem suprema in bella voco (169). Si sente colpevole per le morti precedenti e ora, dice, fratri concurro (185). Chiede al suocero sis lenis cineri (190) abbi riguardo per le mie ceneri. Megera lo incalza ancora, mentre Tisifone spinge Eteocle. Polinice va davanti alle porte a sfidare il fratello e Creonte spinge Eteocle ad accettare la sfida. Lo accusa di avere rovinato Tebe.

Gli brucia la fine di Meneceo morto ceu mutus et e grege sanguis (284) come un figlio della plebe che non può protestare.

Eteocle accusa Creonte di una spes atque occulta cupido (300), quella di prendere il potere. Poi il giovane chiede le armi.

 

Giocasta smania graffiandosi il volto e il petto nudo non sexus decorisque memor (318). Viene paragonata ad Agave. Giocasta cerca di fermare Eteocle: haec tibi canities, haec sunt calcanda, nefande-ubera (341) .poi dovrai passare con il cavallo sul ventre di tua madre.

Intanto Antigone sale sulle mura nec casta retardat virginitas (355).

 Di lassù  prega Polinice di evitare il duello rogat illa suorum Antigone devota malis consacrata ai mali della famiglia suspectăque regi (371) e oramai tantum tua, dire, soror, sorella soltanto tua, sciagurato

 La colpa di questo è tutta di Eteocle, dice. Stazio come Euripide attribuisce a Eteocle le colpe più gravi

 Polinice sta per convincersi, ma esce Eteocle spinto dalla Furia. E’ vicino a compiersi per compiersi ingens bellum unius uteri (408): sotto l’elmo tra due volti che si somigliano. Le madri con il petto denudato impediscono ai bambini di assistere allo spettacolo, mentre i morti tebani si accampano sui monti per vedere e oscurano il giorno con la loro tetraggine

Adrasto cerca di fermare i due fratelli in procinto di uccidersi a vicenda, ma  poi fugge

Parla la Pietas e si lamenta nil iam ego per populos , numquam reverentia nostri (467), non conto più nulla tra le genti.

Maledice le dirae Promethĕos artes (468) le spaventose tevcnai di Prometeo.  

Cfr. Prometeo incatenato, 507 pa'sai tevcnai brotoi'sin ejk Promhqevwς.

 

Vuole tentare e,  travestita da soldato, cerca di suscitare pietà.

Ma interviene Tisifone e fa scappare  Pietas.

Cfr. la spitetatezza di Enea con Didone.

 

Lo scontro fratricida. Polinice colpisce il cavallo di Eteocle, poi tutti e due cadono a terra e si azzuffano. Il sangue comincia a scorrere facinusque peractum est (536), il crimine è compiuto. Polinice colpisce Eteocle all’inguine ed esulta. Poi si avvicina al fratello per spogliarlo ma il moribondo lo colpisce con la forza dell’odio e affonda il ferro nel cuore. Allora Polinice fa huc mecum ad manes! Illic quoque pacta reposcam (570) chiederò il rispetto dei patti anche là.

Un’infamia contro natura che solo i re devono ricordare: “mostrumque infame futuris-excidat, et soli memorent haec proelia reges” (579-580).

Allora Edipo esce dal suo nascondiglio oscuro-profundis-erupit tenebris- (580-581

Sulla soglia della crudele dimora il cieco espone una morte ancora incompiuta: capelli bianchi e induriti dal sangue rappreso, occhiaie vuote sopra guance scavate. Appoggia il braccio sinistro su Antigone e la destra su un bastone. Chiede alla figlia  di condurlo dai figli fratricidi per i quali prova tardiva pietà.  Vuole abbattersi sui loro cadaveri.

Dopo essersi gettato su quei corpi rimprovera la propria pietas arrivata tardi: tarda, meam, Pietas, longo post tempore, mentem –percutis? (605-606) En habeo gemitus lacrimaeque per arida serpuntvulnera (608-609), Ecco, i miei gemiti e si spargono lacrime attraverso le ferite disseccate.

Le ferite dunque non solo parlano ma pure piangono

 

Le ferite spesso parlano: non sempre sono " poor, poordumb mouths "[1] , bocche mute, come quelle di Cesare assassinato. "Una ferita è anche una bocca. Una qualche parte di noi sta cercando di dire qualcosa. Se potessimo ascoltarla! Supponiamo che queste "intensità sconvolgenti siano una sorta di messaggio: sono "cicatrici", ferite, che segnano la nostra vita"[2].

 

Antigone impedisce al padre di uccidersi e nello stesso tempo prova soddisfazione per le sue lacrime che gli ha visto versare: “saevum gaudens planxisse parentem” 632 . Giocasta si trafigge il petto con la  spada et infelix lustratur sanguine lectus (641) e lo sciagurato letto viene purificato con il sangue. Ismene piange sul cadavere della madre. Creonte diventato re, proibisce la sepoltura degli Argivi e caccia Edipo come cattivo presagio

Stazio commenta esecrando il potere sceptri malesuādus amor (656) l’amore dello scettro cattivo consigliere.

Edipo risponde con grande dignità: mi ordini di lasciare  le case? Caelum terramque reliqui sponte e ho rivolto la mano vendicatrice contro il mio viso nullo cogente (694).

 

Anche nell’Edipo re di Sofocle il figlio e assassino di Laio, l’ncestuoso marito della propria madre rivendica l’incoscienza e l’involontarietà degli errori commessi e il fatto comunque di essersi inflitto una punizione invece volontaria: Apollo, era Apollo o amici/colui che portò a compimento queste cattive cattive mie queste mie sofferenze./ Però di sua mano nessuno li colpì/tranne me infelice" (vv. 1329-1333). Dicendo l’utimo verso si tocca le ferite nel posto degli occhi

Edipo dichiara di avere anticipato i colpi degli dèi.

 Nell'Eracle di Euripide Teseo dice che chiunque sia nobile tra gli uomini sopporta i colpi degli dèi e non li evita:"o{sti" eujgenh;" brotw'n-fevrei ta: g j ejk qew,n ptwvmat j oujd j ajnaivnetai" (vv. 1227-1228).

 

Quindi maledice il cognato-zio. Antigone prega Creonte di laciar morire Edipo a Tebe. Ma il padre la trascina via rinnovando feroci minacce, E’ come un vecchio leone che pur indebolito suscita rispetto. Creonte risponde habeant te lustra tuusque Cithaeron (752) ti tengano i luoghi dirupati e il tuo Cicerone. Poi si muove pomposamente verso la reggia.

giovanni ghiselli



[1] Shakespeare Giulio Cesare , III, 2, 246

[2] J. Hillman, Il piacere di pensare , p. 66

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