domenica 6 settembre 2020

Leopardi e i classici 6. Conferenza di Cento (12 settembre ore 17)


Ultimo canto di Saffo
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Argomenti
Il potere della bellezza. L'aspetto
L’amore.
Un autore non nasce classico né educatore, ma lo diventa
La letteratura deve educare le emozioni
Leopardi approva il patetico dei classici in quanto ricco di naturalezza e sensibilità

L’aspetto
A proposito del rapporto tra bellezza e genio, virili imprese, virtù, Leopardi afferma la supremazia della prima nell'Ultimo canto di Saffo[1] dove la poetessa, alter ego di Leopardi, constata che il potere è dei belli: "Alle sembianze il Padre,/alle amene sembianze eterno regno/diè nelle genti; e per virili imprese,/per dotta lira o canto,/virtù non luce in disadorno ammanto," (vv. 50 - 54).
In definitiva, come scrive Simonide citato da Adimanto, fratello di Platone nella Repubblica l'apparire violenta anche la verità: "to; dokei'n... kai; ta;n ajlavqeian bia'tai" (365c).

Isocrate (436 - 338 a. C.) prende spunto dal magnifico aspetto di Elena per elogiare la bellezza come "semnovtaton kai; timiwvtaton kai; qeiovtaton tw'n o[ntwn" (Elena, 54), la più veneranda, la più preziosa e la più divina tra le cose esistenti. Essa si incarna nelle persone belle verso le quali, appena le vediamo, siamo benevoli, e non ci stanchiamo di venerarle, come se fossero dèi, anzi preferiamo asservirci a loro che comandare gli altri (Elena , 56 - 57). Zeus stesso, signore del tutto, non sdegna di farsi umile pur di accostarsi alla bellezza ("pro;" to; kavllo" tapeino;" genovmeno"", 59).
Infatti prese diversi aspetti, anche di bestie e di cose, per unirsi a donne mortali.

Il terzo canto dell'Iliade propone il contrasto tra apparenza e sostanza.
In testa all'esercito troiano si fa vedere Paride con l'aspetto di un dio (qeoeidhv" , v. 16), con pelle di pantera sopra le spalle, arco ricurvo e spada, e, per giunta, squassando due lance a punta di bronzo il bellimbusto sfidava tutti i campioni degli Achei. Ma quando Menelao, contento della preda, saltò a terra dal carro per affrontarlo, il bellone sbigottì in cuore e si ritirò presso i compagni. Allora Ettore lo assalì con parole infamanti: lo chiama Duvspari e gli dà del donnaiolo (gunaimanev") e seduttore (hjperopeutav v. 39), uomo di aspetto splendiodo (ei\do" a[riste), smentito però da un cuore senza forza né valore (45), in quanto era uomo capace di portare via le donne agli uomini bellicosi ma non di affrontarli.
Allora Paride gli risponde di non biasimarlo e non rinfacciargli i doni amabili dell'aurea Afrodite (mhv moi dw'r j ejrata; provfere crusevh" jAfrodivth"", 64): nemmeno per te sono spregevoli i magnifici doni degli dèi (qew'n ejrikudeva dw'ra, v. 65) che del resto nessuno può scegliersi.
Quindi si presta ad affrontare in duello il rivale Menelao.

Archiloco , nel cantare la guerra con spirito nuovo, usa il dialetto ionico di Omero e si avvale della sua lezione formale, ma presenta una visione diversa dell'onore e della gloria militare.
Per quanto riguarda l’aspetto del soldato, vediamo il frammento 60D.:
"non amo lo stratego grande né dall'incedere tronfio
né compiaciuto dei riccioli, né ben rasato;
ma per me sia pur piccolo, e storto di gambe
a vedersi, però che proceda con sicurezza sui piedi, e sia pieno di cuore/ (kardivh" plevw")"[2].

L’amore

Leopardi nella Storia del genere umano valuta l’amore come un grande beneficio concesso da Amore, figliuolo di Venere Celeste. E spiega:" Quando viene in sulla terra sceglie i cuori più teneri e più gentili delle persone più generose e magnanime; e quivi siede per breve spazio; diffondendovi sì pellegrina e mirabile soavità, ed empiendoli di affetti nobili e di tanta virtù e fortezza, che eglino allora provano, cosa del tutto nuova nel genere umano, piuttosto verità che rassomiglianza di beatitudine. Rarissimamente congiunge due cuori insieme, abbracciando l'uno e l'altro a un medesimo tempo e inducendo scambievole ardore e desiderio in ambedue; benché pregatone con grandissima istanza da tutti coloro che egli occupa: ma Giove[3] non gli consente di compiacergli, trattone alcuni pochi; perché la felicità che nasce da tale beneficio è di troppo breve intervallo superata dalla divina. A ogni modo, l'essere pieni del suo nume vince per sé qualunque più fortunata condizione fosse in alcuno uomo ai migliori tempi".

Per quanto riguarda Venere celeste, cfr. il Simposio di Platone. All’apertura di Fedro che è il path;r tou' lovgou (177 d 5), il padre del dibattito, segue il discorso di Pausania (180 c 4 - 185 c 3) che fu un discepolo del sofista Prodico e giustifica l'Eros pederastico.
 Amore non è unico ma duplice come Afrodite: c'è un Eros Uranio o Celeste, compagno di Afrodite Urania, figlia del Cielo, quindi generata solo dal maschio; e c'è un Eros Pandemio, Volgare, complice (sunergov", 180 e) di Afrodite Pandemia figlia di Zeus e Dione.
Soltanto l'amore celeste deve essere elogiato. Quello volgare infatti ama i corpi più delle anime e si volge tanto ai fanciulli quanto alle donne; inoltre agisce a casaccio senza tendere al bene. Chi segue Eros Celeste invece ama i maschi nei quali ammira la natura più forte e l'intelligenza più viva, l'anima più che il corpo, e tende al perfezionamento dell'amato. E' dunque buona cosa che l'amato conceda i propri favori all'amante in vista della sapienza e della virtù.

Un autore non nasce classico né educatore, ma lo diventa.
Che i classici rappresentino qualcosa periculosum maxime è stato splendidamente ricordato da Leopardi: "E' un curioso andamento degli studi umani, che i geni più sublimi e irregolari, quando hanno acquistato fama stabile e universale, diventino classici, cioè i loro scritti entrino nel numero dei libri elementari, e si mettano in mano de' fanciulli, come i trattati più secchi e regolari delle cognizioni esatte"[4]. Si può pensare allo stesso Leopardi oppure a Euripide.

La letteratura deve educare le emozioni rappresentandole. Leopardi approva il patetico dei classici in quanto ricco di naturalezza e sensibilità, al contrario “nei poeti romantici abbonda un patetico che è spoglio in tutto di intima spontanea ritrosa dolcissima sensibilità”
Telemaco, sentendo parlare affettuosamente del padre, non poté resistere al desiderio di piangere e, per non farlo vedere, si alzava il mantello di porpora davanti agli occhi (Odissea, IV, v. 115).

Un gesto simile farà Odisseo alla corte di Alcinoo sentendo Demodoco cantare la lite che egli stesso fece con Achille Pelide (Odissea , VIII, vv. 75 e sgg.)

 Leopardi nota la poeticità di questa situazione e di altre simili " chi non sente come sia poetico quello scendere di Penelope dalle sue stanze[5] solamente perch'ha udito il canto di Femio, a pregarlo acciocché lasci quella canzone che racconta il ritorno de' Greci da Troia, dicendo com'ella incessantemente l'affanna per la rimembranza e il desiderio del marito, famoso in Grecia ed in Argo; e le lagrime di Ulisse udendo a cantare i suoi casi, che volendole occultare, si cuopre la faccia, e così va piangendo sotto il lembo della veste finattanto ch'il cantore non fa pausa, e allora asciugandosi gli occhi, sempre che il canto ricomincia, si ricuopre e ripiange; e cento altre cose di questa fatta?"[6].

U. Galimberti ha scritto[7]: "perché leggere Petrarca e Leopardi, Pirandello o Primo Levi? A quell'età la letteratura o è educazione delle emozioni, o altrimenti val la pena di gettarla, e piazzare tutti gli studenti davanti a un computer e renderli efficienti in questa pratica visivo - manuale".
Senza l’educazione delle letture infatti, invece delle emozioni e dei sentimenti, i giovani provano impulsi che possono anche spingerli a fare, o a farsi, del male. Gli impulsi vanno educati, non repressi: “Ogni impulso che tentiamo di soffocare, germoglia nella mente, ci intossica”[8].

Il discorso sulla problematicità dell'essere umano può essere annunciato dallo squillo iniziale del primo Stasimo dell'Antigone: "polla; ta; deina; koujde;n ajn - qrwvpou deinovteron pevlei" (vv. 332 - 333), molte sono le cose inquietanti e nessuna è più inquietante dell'uomo.

I giovani spesso devono soffocare i sentimenti per essere accettati.
Dobbiamo invece educarli, incoraggiarli e istruirli a esprimere i loro affetti.
Ricorriamo al campo che è nostro, e vediamo il caso della povera Ottavia, la giovinetta figlia di Claudio e Messalina, moglie e vittima di Nerone, ragazzo manovrato dalla madre e dai pedagoghi[9] in un ambiente dove c'erano pugnali perfino nei sorrisi[10]: "Octavia quoque, quamvis rudibus annis, dolorem caritatem omnes adfectus abscondere didicerat" ( Annales, XIII, 16), anche Ottavia, sebbene non scaltrita dall'età[11], aveva imparato a nascondere la pena, l'amore e tutti i sentimenti.

Pesaro 6 settembre 2020 ore 10, 55 giovanni ghiselli

p. s.
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[1] Del 1822.
[2]Questa alta valutazione del cuore e del sentimento si ritroverà, com'è noto, negli autori dello Sturm und drang e del romanticismo: Goethe ne I dolori del giovane Werther scrive(9 maggio 1772): "egli apprezza la mia intelligenza ed i miei talenti più del mio cuore, che è pure l'unica cosa della quale sono superbo, che è pure la fonte di tutto, di ogni forza, di ogni beatitudine e di ogni miseria. Ah, quello che io so, lo può sapere chiunque - ma il mio cuore lo possiedo io solo".
[3] Cfr. nel Simposio di Platone il discorso di Aristofane
[4] M. Cacciari, in Di fronte ai classici , p. 23; Leopardi, Zibaldone , 307.
[5] Odissea, I, 330 sgg.
[6]G. Leopardi, Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica , p. 71. Del 1818.
[7] Nel quotidiano "la Repubblica" del 13 febbraio 2001.
[8] Il ritratto di Dorian Gray, p. 26, in Oscar Wilde, Opere.
[9] Soprattutto da Seneca di cui del resto mi sono servito in questo lavoro in quanto me ne sono avvalso personalmente quale educatore, mio e dei miei studenti.
[10] Cfr. Shakespeare, Macbeth: "There' s daggers in men's smile" II, 4. Alla SSIS di Bologna ho fatto una lezione comparativa partendo da questa tragedia.
[11] Tacito ha appena raccontato l’avvelenamento di Britannico da parte di Nerone. Siamo nel 55 d. C. e Ottavia ha solo quindici anni. 

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