Vermeer, Donna che legge una lettera davanti alla finestra |
Martedì 7 agosto andai a lezione,
poi a correre, quindi in piscina a leggere, nuotare, abbronzarmi, e mi recai
anche a comprare un dentifricio.
Ma l’attività più importante e
impegnativa della giornata iniziò verso le 22 quando mi diedi a scrivere una
lettera all’amante lontana.
Le dicevo che avevo superato la meta
dei venti minuti durante i miei girotondi allo stadio, faticosi eppure pieni di
gioia, e che l’accrescimento del benessere fisico e mentale lo dovevo in buona
parte a lei, la mia compagna meravigliosa, che però era tenuta a mantenere la
promessa di scrivere e spedirmi l’espresso se non voleva che i miei sentimenti
si pervertissero nell’ attesa già da tempo troppo allungata.
Io non avrei potuto tradirla. Il
timore dell’ infedeltà mia era stato un falso problema: passare il tempo con
lei scrivendole, o pensandola, mi faceva sentire più vivo di qualsiasi
altro modus vivendi.
“Tu mi hai fatto
progredire - spiegavo - e ora non posso né voglio tornare alle esperienze degli
anni passati: la felicità di stare con te, di studiare, fare sport, fare
l’amore con te è stata più impegnativa e pure più accrescitiva delle emozioni
mensili, evanescenti che negli anni passati mi avevano dato delle donne di
qualche valore senz’altro ma remote nello spazio e nel tempo più di quell’era
lontana: irreparabile tempus. Il praeteritum non
può più tornare, mentre il futuro è nostro. Con te, soltanto con te, ho una
voglia mai sazia di fare l’amore, di commentare i libri letti, di andare al
cinema e a teatro poi parlarne, di ascoltare musica, correre, andare in
bicicletta, nuotare, sciare”.
Propositi belli, però ora trovo che
difettavano dello scopo più alto: impiegare la nostra felicità in favore del
prossimo.
Concludevo questa missiva con una
richiesta chiara, da supplice tuttavia perentorio: “Ifigenia cara, se
contraccambi i miei sentimenti, mandami la lettera che hai preannunciato,
poiché la mia gioia rischia la vita ogni mattina verso le undici quando arriva
il postino con una borsa piena, la apre, distribuisce negli scomparti della
posta tutte buste, quindi tante persone in attesa le ritirano, felicemente, ma
da parte tua non c’è mai nulla per me. Allora il mio umore si approssima al
caos della pazzia, all’abisso dell’annientamento, poi dura fatica a ritrovare
la via, a ristabilirsi, a raddrizzarsi”.
Più esplicito e supplichevole di
così non potevo essere, né più ultimativo. E lei non rispose.
Pesaro 7 settembre 2020 ore 21, 9.
giovanni ghiselli
p.s
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