mercoledì 9 settembre 2020

Lucano XXXVIII. Pharsalia VII (vv. 144-386)

Argomenti
I soldati si schierano per la battaglia di Farsalo
I discorsi esortativi dei due duci

Lucano paragona la battaglia di Farsalo a quella tra gli Dei e i rabbiosi giganti nei campi di Flegra (Pallene la penisola più occidentale della calcidica) Si liceat superis hominum conferre labores (144) confontare le fatiche degli uomini con quelle dei Superi.
La Fortuna per varias notas con segni diversi non si astenne dallo svelare le vicende future. Tutto il cielo si oppose ai soldati di Pompeo che marciavano verso la Tessaglia totus venientibus obstitit aether (153). Fulmini, tifoni, folgori che liquefacevano le armi, sciami di api che coprivano le insegne. Un toro da sacrificare agli dei fuggì dall’ara fracassata discussa fugit ab ara - taurus 165 - 166. Lucano si chiede quali divinità infernali Eumenidi o dello Stige o altre nefandezze infernali abbia invocato Cesare impia bella gesturus 171
Molti soldati di Cesare videro mostruosità multis concurre visus Olympo - Pindus (173 - 174) a molti sembrò che il Pindo si scontrasse con l’Olimpo, e tali visioni potevano venire dagli dèi ma anche dalla loro paura. Alcuni però pensavano che quelle mostruosità costituissero un omen scelerum un presagio dei loro delitti.
All’uomo è stata data una mente presaga dei mali - praesaga malorum - data mens homini est (186 - 187). I romani che vivevano anche lontano, a Cadice o in Armenia, piangevano senza sapere perché. Stanno perdendo la libertà.
Euganeo augur –colle sedens un augure seduto su un colle euganeo dove si sparge l’acqua del Timàvo[1] di Antenore capisce che lo scontro di armi empie è vicino: vide la battaglia nell’oscuro pallore del sole, mesto segno del cielo (199 - 200)
Chi leggerà questo poema e altri racconti della battaglia, starà sempre dalla parte di Pompeo. L’infelix acies di Magno stetit ordine certo (216 - 217) assunse uno schieramento preciso. Cornus sinistri cura fu di Lentulo, a Domizio pugnax anche numine adverso 220 viene affidata la fronte del fianco destro, il centro è comandato da Scipione che dopo Farsalo combatterà in Libia
C’era la coorte montana dei Cappadoci, i cavalieri del Ponto mandati da Farnace, poi i tetrarchi che comandano un quarto del territorio, i Numidi mandati da Giuba, i Cidòni di Creta, gli arcieri Iturei della Palestina, i Galli Allobrogi truces Galli che combattono il solito nemico, ossia Cesare, poi gli Iberici con piccoli scudi. Quelli che moriranno verranno strappati al comando di Cesare il quale capisce che il momento decisivo è vicino. Ne è contento poiché cominciava a condannare civilia bella ut lentum nefas (241 - 242)
Cesare poi ebbe un momento di esitazione: sentì che la rovina prossima ad accadere tentennava, oscillava da una parte all’altra ma infine, formidine mersa (248), coperta la paura, parlò ai soldati
Lusinga il suo esercito invocandolo quale “O domitor mundi, rerum Fortuna mearum” (230)
Nil opus est votis, iam fatum arcessite ferro (252) non c’è bisogno di voti augurali oramai fate venire il destino con le armi. Questo è il giorno della verifica: questo scontro dichiarerà colpevole il vinto. Promette libertà e potere ai soldati –invidia regnate mea - 260 siate re e l’odiosità del titolo ricada su di me. L’esercito di Pompeo, dice, è pieno di stranieri c’è una barbaries dissŏna mixtae turbae (272 - 273) la barbarie dai suoni diversi di quella folla confusa.
Gran parte della battaglia alleggerirà il mondo da questi popoli e schiaccerà I nemici di Roma. Cfr. l’Elena e l’Oreste di Euripide.
Alla fine dell’Oreste arriva Apollo con Elena accanto, portati in alto sopra tutti da una mhcanhv. Gli dèi dunque hanno salvato Elena che si trova ejn aijqevro~ ptucai`~ (v. 1631), nelle pieghe dell’etere. Ella è figlia di Zeus (Zhnov~) e quindi deve vivere (zh`n) immortale (a[fqiton, v. 1635). Starà vicina ai fratelli Castore e Polluce per proteggere i marinai.
 Di fatto Elena non è stata uccisa ma assunta in cielo come annuncia il dio che apparso ex machina svela gli arcana del governo divino:"Io la salvai e la strappai dalla tua[2] spada, dopo averne ricevuto l'ordine dal padre Zeus. Infatti, come figlia di Zeus bisogna che viva eternamente; in compagnia di Castore e Polluce starà nelle volute dell’etere, salvezza per i marinai. Tu[3] prenditi un'altra sposa e tienila in casa poiché gli dèi con la bellezza di costei indussero a scontrarsi Elleni e Frigi e causarono molte morti, per togliere alla terra l'oltraggio (u{brisma) della ridondante massa dei mortali"(Oreste , vv. 1633 - 1642).
Così conosciamo la causa della guerra[4], e vediamo che gli uomini muoiono per i piani degli dèi.

A quei barbari non importa nulla di Pompeo, continua Cesare, loro odiano tutti i romani a cominciare da quelli che hanno più vicini. Io invece ho soldati miei che ho formato in Gallia. Vedo già la vittoria sed mea fata moror (295) ma pongo indugi al mio destino. Cesare finge di avere degli scrupoli e dei riguardi: chiede ai soldati di non ammazzare chi fugge: “civis qui fugerit esto” 319, chi sarà fuggito sia cittadino. Questo però a battaglia già vinta. Dum tela micant, finché le lance scintillano, non vi commuovano immagini di pietà”.

Cesare con questo discorso attira a sè ciascuno. Vanno all’attacco ordinati - permittuntque omnia fatis; 333, lasciano fare tutto al destino. Pompeo vede avanzare la massa, capisce che gli dèi hanno scelto il giorno e ha paura “tantoque duci sic arma timere - omen erat” 340 - 341 la paura di un comandante tanto grande era già un presagio.
Ma reagisce: sale su un vavallo maestoso e parla all’esercito: “totas effundite vires (unaque gentis - hora trahit - tirate fuori tutte le forze, un’ora sola trascina le genti.
Medio posuit deus omia campo (348) un dio ha posto tutto in mezzo al campo (per il vincitore). Se il destino facesse tornare a combattere i Curi i Camilli e i Deci, starebbero dalla nostra parte hinc starent (360). Caesar nostris non sufficit armis (368), Cesare non basta per la nostra armata.
Immaginate le vostre madri (370) “credite pendentes e summis moenibus urbis - crinibus effusis hortari in proelia matres”.

In genere invero le madri non amano la guerra
Nella prima Ode del primo libro[5] Orazio menziona le guerre maledette dalle madri:" bellaque matribus/ detestata" (vv. 24 - 25).

I senatori anziani che per l’età non possono essere qui con noi prosternano ai vostri piedi i capelli bianchi dovete credere che la stessa Roma vi si fa incontro timorosa di un padrone (metuentem domini sic!).
Credite qui nunc est populus populumque futurum - permixtas afferre preceshaec libera nasci, - haec vult turba mori (374 - 375).
Dovete credere che il popolo di oggi e quello del futuro vi pregano insieme: uno vuole morire libero, l’altro nascere libero.
 Dobbiamo vincere - ne discam servire senex (382), io non voglio imparare da vecchio a essere schiavo”
Pompeo ha parlato maesta voce, ma flagrant animi. I due eserciti vanno a combattere: metus hos regni, spes excitat illos (386) questi sono eccitati dalla paura di subire un re, quelli dalla speranza.

giovanni ghiselli



[1] Il Timavo scorre e sfocia molto più a nord est rispetto ai colli Euganei.
[2] Si rivolge a Oreste.
[3] A Menelao.
[4] Analoga eziologia della guerra di Troia si trova nell’Elena (vv. 36 - 41)
[5] I primi tre libri delle Odi uscirono nel 23 a. C.

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