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I soldati si schierano per
la battaglia di Farsalo
I discorsi esortativi dei
due duci
Lucano paragona la battaglia di Farsalo a quella tra
gli Dei e i rabbiosi giganti nei campi di Flegra (Pallene la penisola più
occidentale della calcidica) Si liceat superis hominum conferre labores (144)
confontare le fatiche degli uomini con quelle dei Superi.
La Fortuna per varias notas con segni
diversi non si astenne dallo svelare le vicende future. Tutto il cielo si
oppose ai soldati di Pompeo che marciavano verso la Tessaglia totus
venientibus obstitit aether (153). Fulmini, tifoni,
folgori che liquefacevano le armi, sciami di api che coprivano le insegne. Un
toro da sacrificare agli dei fuggì dall’ara fracassata discussa fugit
ab ara - taurus 165 - 166. Lucano si chiede quali divinità infernali
Eumenidi o dello Stige o altre nefandezze infernali abbia invocato Cesare impia
bella gesturus 171
Molti soldati di Cesare videro mostruosità multis
concurre visus Olympo - Pindus (173 - 174) a molti sembrò che il Pindo
si scontrasse con l’Olimpo, e tali visioni potevano venire dagli dèi ma anche
dalla loro paura. Alcuni però pensavano che quelle mostruosità costituissero
un omen scelerum un presagio dei loro delitti.
All’uomo è stata data una mente presaga dei mali - praesaga
malorum - data mens homini est (186 - 187). I romani che vivevano
anche lontano, a Cadice o in Armenia, piangevano senza sapere perché. Stanno
perdendo la libertà.
Euganeo augur –colle sedens un augure seduto su un colle euganeo dove si sparge l’acqua del
Timàvo[1] di Antenore capisce che lo
scontro di armi empie è vicino: vide la battaglia nell’oscuro pallore del sole,
mesto segno del cielo (199 - 200)
Chi leggerà questo poema e altri racconti della
battaglia, starà sempre dalla parte di Pompeo. L’infelix acies di
Magno stetit ordine certo (216 - 217) assunse uno schieramento
preciso. Cornus sinistri cura fu di Lentulo, a Domizio pugnax anche numine
adverso 220 viene affidata la fronte del fianco destro, il centro è
comandato da Scipione che dopo Farsalo combatterà in Libia
C’era la coorte montana dei Cappadoci, i cavalieri del
Ponto mandati da Farnace, poi i tetrarchi che comandano un quarto del
territorio, i Numidi mandati da Giuba, i Cidòni di Creta, gli arcieri Iturei
della Palestina, i Galli Allobrogi truces Galli che combattono
il solito nemico, ossia Cesare, poi gli Iberici con piccoli scudi. Quelli che
moriranno verranno strappati al comando di Cesare il quale capisce che il
momento decisivo è vicino. Ne è contento poiché cominciava a condannare civilia
bella ut lentum nefas (241 - 242)
Cesare poi ebbe un momento di esitazione: sentì che la
rovina prossima ad accadere tentennava, oscillava da una parte all’altra ma
infine, formidine mersa (248), coperta la paura, parlò ai
soldati
Lusinga il suo esercito invocandolo quale “O
domitor mundi, rerum Fortuna mearum” (230)
Nil opus est votis, iam fatum arcessite ferro (252) non c’è bisogno di voti augurali oramai fate venire il destino
con le armi. Questo è il giorno della verifica: questo scontro dichiarerà
colpevole il vinto. Promette libertà e potere ai soldati –invidia regnate
mea - 260 siate re e l’odiosità del titolo ricada su di me. L’esercito di
Pompeo, dice, è pieno di stranieri c’è una barbaries dissŏna mixtae turbae (272 - 273) la barbarie dai suoni diversi di
quella folla confusa.
Gran parte della battaglia alleggerirà il mondo da
questi popoli e schiaccerà I nemici di Roma. Cfr. l’Elena e l’Oreste di
Euripide.
Alla fine
dell’Oreste arriva Apollo con Elena accanto, portati in alto sopra
tutti da una mhcanhv. Gli dèi dunque hanno salvato Elena che si
trova ejn aijqevro~ ptucai`~ (v. 1631), nelle pieghe
dell’etere. Ella è figlia di Zeus (Zhnov~) e quindi deve vivere (zh`n) immortale
(a[fqiton, v. 1635). Starà vicina ai fratelli Castore e Polluce
per proteggere i marinai.
Di fatto Elena
non è stata uccisa ma assunta in cielo come annuncia il dio che apparso ex
machina svela gli arcana del governo divino:"Io la salvai
e la strappai dalla tua[2] spada,
dopo averne ricevuto l'ordine dal padre Zeus. Infatti, come figlia di Zeus
bisogna che viva eternamente; in compagnia di Castore e Polluce starà nelle
volute dell’etere, salvezza per i marinai. Tu[3] prenditi
un'altra sposa e tienila in casa poiché gli dèi con la bellezza di costei indussero a scontrarsi Elleni e Frigi e
causarono molte morti, per togliere alla terra l'oltraggio (u{brisma) della ridondante massa dei
mortali"(Oreste , vv. 1633 - 1642).
Così conosciamo la causa della guerra[4],
e vediamo che gli uomini muoiono per i piani degli dèi.
A quei barbari non importa nulla di Pompeo, continua
Cesare, loro odiano tutti i romani a cominciare da quelli che hanno più vicini.
Io invece ho soldati miei che ho formato in Gallia. Vedo già la vittoria sed
mea fata moror (295) ma pongo indugi al mio destino. Cesare finge di
avere degli scrupoli e dei riguardi: chiede ai soldati di non ammazzare chi
fugge: “civis qui fugerit esto” 319, chi sarà fuggito sia cittadino.
Questo però a battaglia già vinta. Dum tela micant, finché le lance
scintillano, non vi commuovano immagini di pietà”.
Cesare con questo discorso attira a sè ciascuno. Vanno
all’attacco ordinati - permittuntque omnia fatis; 333, lasciano fare
tutto al destino. Pompeo vede avanzare la massa, capisce che gli dèi hanno
scelto il giorno e ha paura “tantoque duci sic arma timere - omen erat” 340
- 341 la paura di un comandante tanto grande era già un presagio.
Ma reagisce: sale su un vavallo maestoso e parla
all’esercito: “totas effundite vires (…) unaque
gentis - hora trahit - tirate fuori tutte le forze, un’ora sola trascina le
genti.
Medio posuit deus omia campo (348) un dio ha posto tutto in mezzo al campo (per il vincitore). Se
il destino facesse tornare a combattere i Curi i Camilli e i Deci, starebbero
dalla nostra parte hinc starent (360). Caesar nostris
non sufficit armis (368), Cesare non basta per la nostra armata.
Immaginate le vostre madri (370) “credite pendentes
e summis moenibus urbis - crinibus effusis hortari in proelia matres”.
In genere invero le madri non amano la guerra
Nella
prima Ode del primo libro[5] Orazio menziona le guerre
maledette dalle madri:" bellaque matribus/ detestata" (vv. 24 - 25).
I senatori anziani che per l’età non possono essere
qui con noi prosternano ai vostri piedi i capelli bianchi dovete credere che la
stessa Roma vi si fa incontro timorosa di un padrone (metuentem domini sic!).
Credite qui nunc est populus populumque futurum - permixtas
afferre preces: haec libera nasci, - haec vult turba mori (374
- 375).
Dovete credere che il popolo di oggi e quello del
futuro vi pregano insieme: uno vuole morire libero, l’altro nascere libero.
Dobbiamo vincere - ne discam servire senex (382),
io non voglio imparare da vecchio a essere schiavo”
Pompeo ha parlato maesta voce, ma flagrant
animi. I due eserciti vanno a combattere: metus hos regni,
spes excitat illos (386) questi sono eccitati dalla paura di subire un
re, quelli dalla speranza.
giovanni ghiselli
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