giovedì 10 settembre 2020

Lucano XXXIX. Pharsalia VII (vv. 398-727)

Veio
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Commento dell’autore: la guerra civile svuota le città di abitanti e le campagne di agricoltori. Si preparano mostruosità. La battaglia di Farsalo

Pompeo viene sconfitto ma vincere peius erat (706), vincere sarebbe stato peggio. Si rifugia a Larissa dove viene accolto con affetto autentico pur da sconfitto: felix se nescit amari (727), l’uomo di successo non sa se sia amato davvero.
In Italia diverse città rimangono svuotate da questa guerra civile: Gabi, Veio, Cora, Alba, Laurento.
Non sarà stata la aetas edax a mangiarsele; crimen civile videmus - tot vacuas urbes (398 - 399) vediamo un delitto civile nelle città svuotate. Il genere umano sta sparendo. Vincto fossore coluntur –Hesperiae segetes le messi d’Italia sono coltivate da zappatori incatenati (402 - 403) e abbiamo consegnato Roma non più affollata dai suoi cittadini sed mundi faece repletam (405) riempita dalla feccia del mondo (405) e l’abbiamo messa in tale condizione di catastrofe che non è più possibile condurre una guerra civile.

Davanti a Farsalo cedant feralia nomina Cannae et Allia damnata diu Romanis fastis (408 - 409). Presso il fiume Allia i Romani vennero sconfitti dai Galli che poi arrivarono a Roma (390). Farsalo non è ricordato tra i giorni più neri, eppure è stato il disastro maggiore della storia romana: Pro tristia fata! 411 oh amaro destino! Prima il destino aveva donato a Roma tanti grandi successi ma Emathiae funesta dies - par omnibus annis - retro tua fata tulit (426 - 427)
Le genti non obbediscono più a Roma e “Libertas ultra Tigrim Rhenumque recessit” (432). Vagatur, se ne va vagabonda la libertà–Germanum Scytiumque bonum, nec respicit ultra - Ausoniam (435 - 436).
Roma venne fondata da Romolo vulturis ut primum laevo fundata volatu (438), fondata con l’augurio sinistro dell’avvoltoio, quindi riempì le mura con gente di malaffare. L’epoca dei Bruti ci ha insegnato a vergognarci della schiavitù.

Sunt nobis nulla profecto - numina (…) mentimur regnare Iovem 445 - 4479. Dal momento che le generazioni vengono afferrate dal cieco caso –cum caeco rapiantur saecula casu. -
Mortalia nulli - sunt curata deo (454 - 455) nessun dio si prende cura delle cose mortali.. Ma gli dei subiranno una vendetta poiché Roma divinizzerà certi suoi morti.
Tempus quo noscere possent - facturi quae monstra forent 464, era il tempo in cui potevano quali mostruosità ci sarebbero state.
 
Inizia la battaglia
Il centurione cesariano Cràstino scagliò la prima lancia con rabbia precipitosa - O praeceps rabies! 474
Allora suonarono le trombe ricurve litui, i corni, allora il fragore mette in tensione il cielo - tunc aethera tendit fragor (478). I monti l’Olimpo, l’Emo, il Pindo, l’Eta ne risuonavano. I cesariani sono assetati di sangue, mentre i pompeiani vorrebbero evitare di spargerlo ma “rapit omnia casus - atque incerta facit quos vult Fortuna nocentes (487 - 488), la fortuna volubile rende colpevoli quelli che vuole.
L’amata di Pompeo stipata in masse compatte tende più alla difesa: Pompei densis acies stipata catervis - iunxerat in seriem nexis umbonibus arma (493). Cfr umbilicusojmfalov" - quello dello scudo
Quindi sono molto statici. Invece vaesanum Caesaris agmen, la schiera folle di Cesare praecipiti cursu con una corsa precipitosa in densos agitur cuneos (496 - 497) si muove contro le fitte formazioni a cuneo, perque arma, per hostem, - querit iter (497 - 498) cerca la strada in mezzo alle armi nemiche.
 Dalla parte di Cesare è caldo ogni ferro omicida - calet omne nocens a Caesare ferrum (503).
“Abstulit ingentis fato torrente ruinas” (505) il destino torrenziale trascinò enormi rovine. Romanus cunctis petitur cruor, tutti cercano sangue romano (510) I barbari scappano senza vergognarsi “praecipites fecere palam civilia bella - non bene barbaricis umquam commissa catervis” 8526 - 527) i babari in fuga mostrarono in modo chiaro che mai le guerre civili vengono affidate con successo a truppe barbariche.
Cfr. Le armi mercenarie hanno reso l’Italia stiava e vituperata (Machiavelli: soldati di professione della milizia mercenaria «non hanno altro amore né altra cagione che le tenga in campo che un po’ di stipendio» (Il principe XII, 6).)
 
Un enorme massacro viene perpetrato dalle truppe di Cesare: perdidit inde modum caedes - la strage perse la misura da questo momento.
Il corso dato ai fati è in favore di Cesare.
Gabi


Tuttavia, la massa posta al centro dei pompeiani, il nucleo più forte dell’esercito, impone una fermata alla battaglia e la fortuna di Cesare ebbe un arresto: ventum erat ad robur Magni mediasque catervas/…/ constitit hic bellum, fortunaque Caesaris haesit (545 e 547).
Si è giunti allo scontro tra fratelli e Lucano non vorrebbe esserne il cantore. “nullaque tantorum discat me vate malorum/quam multum bellis liceat civilibus aetas” 553 - 554. Roma, tacebo.
Cesare si aggira fomentando il massacro quasi fosse la dea Bellona quatiens flagellum che agita la frusta (568) o il dio Marte il quale verbere saevo (569) a frustate selvagge flagella i cavalli. Cesare dunque spinge i suoi soldati ad ammazzare i senatori perché cada a terra il cruor imperii (579) e viscera rerum le viscere del potere, la libertas ultima mundi. La nobilitas permixta secundo ordine, congiunta al secondo ordine, quello dei cavalieri, tutti corpi venerandi, vengono colpiti con il ferro. I cesariani massacrano i Lepidi, i Torquati, i Corvini.
Bruto decus imperii, spes suprema senatus, non deve esporsi troppo siccome il destino ha fissato per lui altri appuntamenti più avanti. E pure Cesare non deve ancora morire: “vivat et, ut Bruti procumbat victima regnet! 596
Morì tutto il decoro della patria. Muore tra gli altri l’aristocratico pompeiano Domizio. Vinto tante volte da Cesare, muore libero. Cesare lo schernisce dicendo: “iam Magni deseris arma, - sine te iam bella geruntur” (606 - 607)
Domizio gli risponde che lui se na va tra le ombre dello Stige libero e senza inquietudine - Stygias ad umbras liber et securus eo (613), mentre vedo non te funesta scelerum mercede potitum - sed dubium fati generoque minorem, 610 - 611, sei incerto sul destino e inferiore a tuo genero. Augurò a Cesare la sconfitta, quindi le dense tenebre della notte gli torsero le pupille
A Farsalo ci fu un genocidio - mors hic gentis erat (635) Morirono anche Achei, Pontici Assiri, ma il sangue romano è tanto che con la sua corrente travolge gli altri. Quelli che non morirono persero la libertà con le generazioni future: “vincitur his gladiis omnis quae serviet aetas” (641).
Pompeo si accorse che gli dei e il destino di Roma erano passati oltre, ma solo tota vix clade coactus –fortunam damnare suam (648 - 649) fu costretto a stento dalla disfatta completa a maledire la propria fortuna.
Non vuole comunque trascinare tutti nella catastrofe. Va in giro tra i suoi dicendo che non devono più morire per lui seque negat tanti (669) dice che non vale tanto. Pompeo scappa a cavallo per salvare i soldati e per rivedere la sposa. Rimane comunque superiore alla fortuna, come quando la dominava con i suoi trionfi che non lo videro superbo, così ora la sconfitta non lo vede abbattuto. Ora puoi sapere che cosa tu sia stato - quid fueris nunc scire licet - 689
Pompeo non partecipa all’esito della battaglia, come succederà a Tapso, a Munda, a Faro
Rimane il lotta par quod semper habemus - libertas et Caesar.695 - 696 - la coppia di gladiatori di sempre: la Libertà e Cesare. Volgiti a guardare il massacro, i fiumi sconvolti dal sangue nel corso e prova pietà per il tuo suoceo aspice et soceri miserere tui (700 - 701)
E’ stato reso più fortunato da un campo di battaglia pieno di morti e di orrori.
Tu Pompeo che hai perso “crede deis, longo fatorum crede favori,/vincere peius erat, vincere sarebbe stato peggio. Ora aspice securus vultu non supplice reges … et terras elige morti (709 e 711) scegliti una terra per morire.
Larissa va incontro a Pompeo come se avesse vinto lui: “Scilicet immenso superest ex nomine multum” (717). Non sei inferiore a Cesare ma solo a te stesso. Teque minor solo (718). Rursus in arma potes rursusque in fata redire (718). Intanto Cesare patriae per viscera vadit, passeggia in mezzo alle viscere della patria. Ora l’amore che Pompeo riceve è autentico: felix se nescit amari (VII, 727), l’uomo di successo non sa se sia amato davvero.

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