Michela Marzano
Per limitare la violenza dei gruppi imbestiati a parer mio non basta
denunciare la prepotenza dei maschi come fa Michela Marzano nel quotidiano “la
Repubblica” di oggi 13 settembre 2020 (p. 16)
Un articolo intitolato “Il branco degli uomini vili” nota che gli
“Eventi diversi rispondono però alla stessa logica assurda e assassina che si
scatena quando un gruppo di individui spesso giovani, quasi sempre maschi, si
ritrovano insieme e, dopo aver designato una vittima - spesso femmina o
disabile o straniera - si accaniscono brutalmente contro di lei”. La fonte
della violenza non è il genere quasi tutto maschile degli stupratori che non
sono “uomini vili” siccome non appartengono alla specie umana, casomai a una
sottospecie.
Tanti giovani, femmine come la due ragazzine stuprate a Pisticci (Matera) e
maschi come Willy ammazzato a Colleferro, hanno subito questa violenza
disumana.
La bestialità degli uomini retrocessi alla furia belluina del branco di
animali predatori si è ripetuta in pochi giorni.
Continuo a credere che la sottospecie umana dei violenti sia figlia
dell’ignoranza e se è vero che la maggioranza degli stupratori è costituita da
maschi, non è vero che la maggior parte dei maschi, o addirittura la quasi
totalità è violenta. E’ una violenza affermarlo, gentile Michela che come
l’arcangelo tuo omonimo fai “la vendetta del superbo strupo”.
Tutte le malvagità e le brutture manifestate da non pochi uomini e alcune
donne sono parti mostruosi dell’ignoranza fecondata da amanti a lei congeniali.
La difesa dunque è la scuola, l’educazione, la cultura.
Con questa non intendo l’erudizione di chi ha imparato a memoria molte
nozioni e le sa tutte male siccome non le ha capite, non le ha trasformate in
pensieri intelligenti e in atti buoni .
Cultura è quella formazione che educa al rispetto, alla carità, alla
compassione. L’uomo è una creatura inquietante, un deinovn, come canta il
celeberrimo primo stasimo dell’Antigone di Sofocle: può volgersi al
bene oppure al male. L’uomo come problema dalla soluzione non facile. L’esito
risente certo non poco della predisposizione, ma ancora più dall’educazione.
Sentite le parole che Platone attribuisce a Protagora: “Ingiustizia, empietà e assenza di virtù politica
vengono punite “o[ti ge oi{ ge a[nqrwpoi hjgou'ntai
paraskeuasto;n ei\nai ajrethvn” (Protagora,
324), poiché gli uomini pensano che la virtù sia acquisibile. Si punisce per
correggere e distogliere dal commettere ingiustizia: “kai;
toiauvthn diavnoian e[cwn dianoei'tai paideuth;n ei\nai ajrethvn” (324b), e chi la pensa in questo modo crede che la
virtù sia insegnabile. Se gli Ateniesi, come gli altri, puniscono i colpevoli
di ingiustizia, ciò significa che anche loro sono tra quelli i quali
considerano la virtù acquisibile e insegnabile.
Credo che il criterio della scelta delle nostre azioni dipenda dall’idea
che abbiamo della felicità. Allora vanno cambiati i modelli che vengono
proposti ai giovani e messi continuamente davanti ai loro occhi quali emblemi e
viatici della gioia di vivere: automobili lussuose, abiti firmati, cene
fastose, insomma la ricchezza e un’indifferenza afasica che prelude alla
prepotenza. Queste sono le immagini false e tossiche spacciate da tanta
pubblicità. Viceversa il lavoro serio e faticoso che magari ottiene risultati
buoni ma non è lautamente pagato significa, nella volgarità attuale, meschinità
del lavoratore, debolezza, incapacità di farsi valere.
Questa mala educazione deve essere smontata da una buona paideia.
Sicché auspico un risorgimento della scuola attraverso una rinascita della
lettura, dell’apprendimento e della comprensione dei classici: da Omero agli
ottimi autori del Novecento che ci hanno insegnato a diventare uomini umani
salvandoci da quante sirene maligne ci invitavano a degradarci in bestie
feroci.
Bologna 13 settembre 2020, giovanni ghiselli
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