Argia nel De mulieribus claris di Boccaccio |
L'eroismo delle donne di Tebe e di Argo. Antigone e Argia affrontano la morte per dare sepoltura a Polinice nonostante il divieto di Creonte
Intanto Giunone va ad Atene per
convincere Pallade e indurre la città supplicibus piis faciles (294)
ben disposta ad aiutare le supplici.
Cfr. Euripide le Supplici dove
Teseo aiuta le supplici argive contro Creonte e gli Eraclidi dove
Demofonte, figlio di Teseo e Fedra, sostiene i figli di Eracle contro Euristeo.
A Tebe, la luna, spinta da Giunone,
accresce il suo splendore per aiutare Argia che infatti individua il
cadavere di Polinice
Ne piange la morte ma è contenta di
avere trovato il corpo amato. Anche Antigone cerca il corpo del
fratello.
Nell’Antigone di Alfieri
la ragazza dice: me del mio sesso io sento - fatta maggiore: ad onta oggi del
crudo - Creonte; avrai da me il vietato rogo - l’esequie estreme o la mia vita,
avrai (I, 2).
Cfr. sexuque relicto, Tebaide,
178 e unsex me di lady Macbeth già citati.
Argia e Antigone prima diffidano
l’una dell’altra poi si riconoscono quali sociae malorum (382)
associate nei mali quindi si abbracciano sopra il cadavere di Polinice fratello
dell’una e marito dell’altra.
Argia giura che Polinice amava più
la sorella della moglie.
Manete le spinge a sbrigarsi perché
si fa giorno: iam sidera pallent - vicino turbata die, perferte
laborem, - tempus erit lacrimis, accenso flebitis igne (406 - 408).
Bisogna portare a termine il lavoro: ci sarà tempo per le lacrime, piangerete
dopo avere acceso il fuoco.
Pima c’è il tempus
accendendi, poi verrà il tempus flendi.
Nell’Antigone di Alfieri
c’è un agonismo erotico tra le due. Argia dice. “Pari in amarlo - noi fummo;
pari o maggior io; Di moglie - altro è l’amor che di sorella” (I, 3)
Le due donne aiutate da Manete
portano il cadavere smembrato sull’Ismeno. Lo lavano poi lo mettono sul rogo di
Eteocle e danno fuoco ma la fiamma erompe divisa in due: exundant,
diviso vertice, flammae (431).
Cfr. Dante, InfernoXXVI
52 - 54 Ulisse e Diomede.
Dante domanda a Virgilio: “chi è in
quel foco che vien sì diviso/di sopra, che par surger dalla pira/dov’Eteòcle
col fratel fu miso?”
Antigone atterrita urla vivunt
odia improba, vivunt (441). Gli odi continuano a vivere. La guerra non
è servita a niente nil actum bello, Creonte ha vinto
Si svegliano le sentinelle, le
catturano e loro litigano: ciascuna vuole prendersi la colpa maggiore da
Creonte.
Intanto le donne di Argo giungono
all’ara della clemenza di Atene. Intorno c’era un bosco formato da allori, con
i rami cinti di bende, e da ulivi supplicis arbor olivae (492).
Un luogo fondato dagli Eraclidi o dagli stessi dèi ospitati dagli Ateniesi, dove
anche Edipo e Oreste avrebbero trovato rifugio. Arriva Teseo che ha sconfitto
le Amazzoni e ha sposato Ippolita che è civilizzata e aspetta un figlio.
Parla Evadne e rivendica l’umanità
dei morti: hominum, inclute Theseu, sanguis, erant homines eademque in
siderea creati, erano sangue di upmini. Teseo creati per le stesse stelle e
gli stessi alimenti vostri (556).
“Quos vetat igne Creon, ora
Creonte nega loro il rogo e li respinge dalla porta Stigia, come se fosse il
padre delle Eumenidi o il nocchiero del fiume. Ubi numina, ubi illest - fulminis
iniusti iaculator? Ubi estis Athenae?
Evadne dubita della presenza degli
dèi e dell’aiuto di Atene.
Chiedendo un aiuto la vedova di
Capaneo ricorda a Teseo le sue imprese come captatio benevolentiae.
Le altre donne tendono le mani
supplici e Teseo si accende d’ira contro Creonte scagliano minacce. Quindi
manda il suo scudiero Fegeo a Tebe perché ordini al re di Tebe di allestire i
roghi o di prepararsi alla guerra (598)
Tutta l’Attica accorre sotto le
insegne di Teseo. Sarebbe andata anche Ippolita retinet iam certa
tumentis spes uteri, ma la trattiene la speranza certa del ventre gonfio
(636)
Teseo parla all’esercito e dice che
dalla loro parte sta la Natura dux, dall’altra Pene, Furie,
Erinni. Lo scudo di Teseo dove sono raffigurate le sue imprese (Minotauro etc.)
incute terrore
giovanni ghiselli
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