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La complicità
di chi obbedisce all’imposizione del male
Scene giambiche
387 - 466
Entra un provboulo", un consigliere, un
commissario politico delegato perché deliberi prima.
Prov,
boulhv, si pensi al collegio dei dieci Probuli che dopo la catastrofe
della spedizione in Sicilia “pre - meditarono” e prepararono il governo
oligarchico dei Quattrocento del maggio - giugno 411.
Vennero eletti
quali Commissari con pieni poteri. Tra questi c’era il vecchio Sofocle.
Nella Retorica
di Aristotele leggiamo che quando Pisandro domandò ql tragediografo se era del
parere, come gli altri probuli di istituire i Quattrocento, rispose di sì: “ouj ga;r h\n a[lla beltivw” (1419a),
poiché non c’erano altre soluzioni migliori.
Comunque in
seguito Sofocle prese le distanze dall'operato del regime oligarchico, se è
vero, come afferma Canfora che, agli
Ateniesi, il giovane e leale Neottolemo
del Filottete doveva ricordare lo stratego Trasillo il quale era
stato "il promotore del giuramento
di fedeltà alla democrazia dei marinai di Samo, il restauratore della
democrazia in Atene dopo i mesi dell'egemonia terameniana, il vincitore, con
Alcibiade, ad Abido ( i due leoni che debbono marciare fianco a fianco secondo
la profezia di Eracle )".
Nella stessa
tragedia, del 409, Sofocle allude con la figura del protagonista Filottete ad
Alcibiade , e con il personaggio di Odisseo, uomo maturo e senza scrupoli a Teramene, detto, per la sua ambiguità politica, il coturno, in
quanto si adattava a situazioni diverse come la calzatura da teatro a entrambi
i piedi.
"Gli
spettatori potevano riconoscere in Odisseo il troppo abile e spregiudicato
Teramene, prima (in quanto leader dei Quattrocento) avversario di Alcibiade,
quindi promotore del suo rientro: ma promotore 'deluso', dal momento che al suo
decreto Alcibiade non ha prestato ascolto per quasi due anni ".
Queste
identificazioni mi sembrano un tantino fantasiose.
La nostra
commedia venne rappresentata qualche mese prima che iniziasse la dittatura dei
Quattrocento.
Il Probulo
dunque lamenta l’imperversare della dissolutezza delle donne - gunaikw'n hj trufhv (Lisistrata, 387), i
loro tiasi seguaci di riti orientali, con il tumpanismov"
il tambureggiare e i ripetuti evviva a Sabazio (una divinità frigia simile a
Dioniso) e pure il lutto per Adone sui tetti.
Una volta,
quando Demostrato, partigiano di Alcibiade, perorava la partenza per la
Sicilia, che vada in malora, la moglie danzando gridava “ahi Adone!” E quando
il marito proponeva di arruolare gli opliti di Zacinto , lei sbronza sul tetto
diceva: “ battetevi il petto per Adone!” (396) E intanto lui infuriava.
Nella Vita di
Alcibiade (18), Plutarco racconta che l’oratore Demostrato propose una legge
per la quale gli strateghi - Alcibiade - Nicia e Lamaco - dovevano avere i
pieni poteri - tou;" strathgou;"
aujtokravtora" ei\nai - durante il corso e la preparazione della
guerra. I presagi però non furono favorevoli - ouj
crhstav - . Cadevano proprio in quei giorni le feste di Adone e le donne
portavano in giro immagini di morti, e, battendosi il petto, simulavano sepolture
e cantavano inni funebri - tafa;"
ejmimou'nto koptovmenai kai; qrhvnou" h\/don - . Una notte poi ci
fu tw'n jErmw'n perikophv, la
mutilazione di gran parte delle Erme cui vennero tagliate le teste - mia'/ nukti; tw'n pleivstwn ajkrwthriasqentwn ta;
provswpa.
Dei riti per la
morte di Adone parla anche Ammiano Marcellino
Giuliano
Augusto giunse a Tarso, poi si affrettava verso Antiochia orientis apicem
pulchrum, culmine bello dell’oriente.
Molte persone
lo acclamavano quale salutare sidus, una stella di salvezza.
Evenerat autem
isdem rebus, annuo cursu completo, accadeva che quei giorni del 361 Adonēa ritu
veteri celebrari, secondo l’antico rito si celebrassero le feste in onore di
questo giovane amato Veneris, apri dente ferali deleto, quod in adulto flore sectarum
est indicium frugum (22, 9). Visum
est triste quod introeunte imperatore nunc primum ululabiles undique planctus
et lugubres sonus audiebantur.
Il Probulo
conclude questo discorso notando di quali eccessi ajkolasthvmata - sono
capaci quelle impunite delle donne (398).
Il corifeo
biasima anche l’ insolenza - u{brin - femminile, ricordando che loro, i vecchi
maschi, hanno subìto una doccia.
Il Consigliere
aggiunge che tutti i maschi ne hanno colpa siccome hanno concesso troppo alle
mogli dando loro occasione di farsi degli amanti. Per esempio: noi andiamo
dall’orefice a dire che dalla collana della moglie che ballava è uscita una
ghianda (bavlano" 410, ghianda
e glande). Quindi aggiungiamo che dobbiamo
andare a Salamina e diamo all’orefice l’incarico di passare da lei per
ficcare al suo posto la “ghianda”.
Un altro marito
- il vero eterno msarito in senso
dostoeskiano - - va dal
calzolaio - pro;" skutotovmon - un giovanotto che ha un bischero che non
scherza - neanivan
kai; pevo" e[cont j ouj paidikovn - (415) - mica da ridere dicono a Parma - e gli chiede di andare sul mezzogiorno ad
allargare una fibbia che stringe il mignolo del piede tanto delicato della
moglie - to; daktulivdion pievzei aJpalovn
(419).
Lisia racconta
un adulterio subito da un campagnolo che si lasciava abbindolare dalla moglie
la quale venne adocchiata dall’amante, un seduttore di professione, durante i
funerali della suocera della sposa. La serva faceva da messaggera tra i due. Il
marito, l’eterno marito, quando scoprì la tresca, in casa sua, uccise il ganzo
disteso nel letto della moglie. Lisa lo difese scrivendogli In difesa di
Eufileto (Per l’uccisione di Eratostene).
Pavel Pavlovič
è l’eterno marito di Dostoevskij: "Un
individuo simile nasce e si sviluppa unicamente per ammogliarsi e, una volta
ammogliato, per trasformarsi unicamente in un'appendice della moglie, anche
quando egli abbia una personalità sua, ben determinata. La proprietà essenziale
di un simile marito è quel certo ornamento. Egli non può non essere cornuto,
così come il sole non può non risplendere, però non soltanto non ne sa mai
nulla, ma non potrà mai saperlo per le leggi medesime della natura…E a un
tratto, in modo del tutto inatteso, Pavel Pavlovic si fece con due dita le
corna sulla fronte calva, e ghignò piano, a lungo. Rimase così, con le corna e
ghignando, per mezzo minuto almeno, guardando Vel'caninov negli occhi in una specie di ebbrezza della
più perfida insolenza" .
Questa
debolezza dei mariti che rasentano la parte dei lenoni, non va bene: dunque
bisogna reagire. Il Probulo in qualità di Commissario ordina di portare dei
pali per forzare le porte chiuse.
Ma Lisistrata
apre e dice: non c’è bisogno di forzare ejxevrcomai
ga;r aujtomavth (431), vengo fuori da sola. Non servono pali ma senno e
giudizio.
Il Probulo
ordina l’arresto di Lisistrata, ma intervengono Cleonice e Mirrina per
impedirlo. L’arciere poliziotto viene fermato dalle tre donne. Volano minacce
reciproche. Lisistrata convoca schiere di donne venditrici di grani, legumi,
ortaggi, agli, pane, e pure delle ostesse 460. Le donne incalzano gli arcieri
sciti che fuggono.
Lisistrata
trionfa sul commissario che deplora la sconfitta degli arcieri. La donna gli
fa: pensavi forse di trovare delle serve? 463
Agone 467 - 613
Il corifeo
maschio sconsiglia il Probulo di venire a contesa con tali fiere che li hanno
annaffiati
La corifea dice
che non cerca brighe: vuole restare in pace, ma guai se vanno a provocarla:
diventa come una vespa quando vanno a stuzzicarla o affumicarla.
Il Coro dei
vecchi lamenta ancora la prepotenza delle donne, knwvdala
476 che hanno occupato l’Acropoli - ijero;n tevmeno" - sacro recinto 483. L’occupazione dell’acropoli
con degli armati costituiva la presa del potere da parte del tiranno.
Il corifeo chiede al Probulo di interrogare le donne
sulle loro intenzioni.
Il Probulo
allora domanda perché abbiano occupato l’Acropoli.
Lisistrata
risponde “per mettere al sicuro il denaro, perché non facciate la guerra con
esso” 488.
Lisistrata
ricorda le ruberie di Pisandro ( uno dei cospiratori che preparavano la reazione oligarchica). E aggiunge: “hjmei'" tamieuvsomen aujtov (494), il
denaro lo amministreremo noi.
Il tesoro della
Lega Delio - Attica costituito dai tributi degli alleati venne trasferito da
Delo ad Atene nel 454.
Già
amministriamo quello di casa.
La polis dunque dovrebbe funzionare come la
casa.
Ma il Probulo
ribatte che con il denaro di Stato polemhtevon
e[st j ajpo; touvtou - 496, bisogna fare la guerra.
Si pensi al
denaro pubblico speso malissimo per fare le ultime guerre in Iraq e in
Afghanistan.
Lisistrata
replica ajll j oujde;n dei' prw'ton
polemei'n (497), ma prima di tutto non c’è alcun bisogno di fare la
guerra. Saremo noi a salvarvi. hjmei'"
uJma'" swvsomen 498. Poi : sarai salvato, anche se non vuoi 499. E’
diventata una missionaria.
Il commissario
rilutta alla salvezza proposta da Lisistrata, tuttavia la lascia parlare.
Lisistrata
deplora il fatto che le donne abbiano
sopportato troppo a lungo qualunque cosa gli uomini facessero, anche
quanto a loro dispiaceva. Se una provava a domandare che cosa si fosse deciso
in assemblea, si sentiva rispondere : ouj sighvsei; (514) non vuoi stare zitta?
- kajgw; jsivgwn e io tacevo.
Lei taceva e
abbozzava dentro.
Se loro, le mogli, provavano anche solo a
domandare la ragione di scelte sbagliate, si sentivano rispondere povlemo" d’ a[ndressi melhvsei (520),
la guerra sarà affare degli uomini.
Il commissario
approva i mariti che facevano stare zitte le donne.
Lisistrata obietta che questa maritocrazia è
durata troppo a lunga e ha portato grande rovina alla città. Ora le donne si
sono messe d’accordo per salvare l’Ellade. Adesso sono gli uomini che devono
tacere e ascoltare le mogli: se tacete come facevamo noi ejpanorqwvsaimen a]n ujma`" - 528, potremmo raddrizzarvi, rimettervi su.
Lisistrata
cerca le cause dei disastri che hanno colpito Atene, e la causa prima è
l’esclusione delle donne dalla vita politica, dal dialogo con gli uomini.
Questa protofemminista ateniese capisce che c’è stata una complicità delle
donne nel provocare la loro esclusione: hanno tollerato e subito troppo a lungo
la prepotenza maschile.
Le femministe
di oggi non cercano mai le cause dei femminicidi e ne indicano soltanto una: la
ferinità dei maschi. Le donne non dovrebbero subirla nemmeno se si manifesta
soltanto con una risposta sgarbata, sul tipo di ouj
sighvsei; non vuoi stare zitta? del v. 514. Se una persona, uomo o
donna, non rifiuta uno sgarbo del genere, ne seguiranno di più gravi, sempre
più gravi
Pesaro 4
ottobre 2021v ore 18, 03
giovanni
ghiselli
p. s.
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